Tsipras, Varoufakis e il gioco dei due poliziotti
Situazioni spinose, come quella greca, lanciano segnali evidenti sulla necessità di una revisione delle linee politiche dell’Unione Europea: da tempo, si staglia all’orizzonte un energico contraddittorio tra il principio del categorico rigore, imposto dai membri nordeuropei di maggior peso, e l’aspra critica alla fisionomia che Bruxelles si è data, mossa dai cosiddetti euro scettici, particolarmente radicati nel meridione di un’Europa che arranca dietro allo spedito e intransigente passo teutonico.
A fare da spartiacque, il dramma della nazione ellenica, costantemente sull’orlo del default e costretta – senza tregua – a negoziare con i vertici europei su aiuti finanziari e deroghe a scadenze di pagamenti, nella speranza di concessione del più ampio arco temporale possibile per attuare le riforme strutturali attese dall’Unione e per raddrizzare il timone dei conti pubblici. Dalla vittoria elettorale di Syriza ad oggi, abbiamo assistito ad un continuo tira e molla tra il premier Alexis Tsipras e Bruxelles, un dibattito che segue vie assai accidentate, costellate di proclami anti-europeisti, temporanee riconciliazioni, minacce d’uscita dalla moneta europea foriere di grandi preoccupazioni per l’intero progetto comunitario, di caustiche risposte da Berlino e conseguenti segni di resa, poi immancabilmente smentiti da nuove alzate di testa. Non è affatto facile sacrificare porzioni di sovranità nazionale in nome di un’istituzione superiore, soprattutto quando tra i paesi membri si corre a velocità diverse e se il collante scelto per tenere assieme tutti i pezzi è solamente l’euro.
Tuttavia, l’idea di Europa unita, come camera di compensazione per evitare i sanguinosi eventi bellici che ne hanno caratterizzato la storia nel secolo scorso e come strumento di coesione politica, non è in discussione. Le fratture, piuttosto, insorgono dalle differenti capacità e risorse economiche di ogni singolo Paese membro: si cerca di far sedere tutti al ristorante della prosperità, senza considerare che, forse, qualcuno non ce la farà a pagare il conto. Di qui ai risentimenti sul piano dell’orgoglio e della dignità nazionale, il percorso è breve. Troppe volte, abbiamo letto piccati commenti da parte di cariche pubbliche nostrane circa l’inaccettabilità e irricevibilità di lezioni dall’esterno su cosa fare in casa propria. Bisogna, inoltre, fare i conti con la natura dicotomica dell’operato del politico europeo, chiamato a rispondere su due fronti non sempre in sintonia fra loro, quello delle esigenze comunitarie e quello dell’elettorato del suo paese, scontento, nel migliore dei casi, perché oppresso da una crisi economica feroce, imputata soprattutto alle rigide politiche di austerity imposte dall’Unione.
Da mesi, Atene è sempre lì che si dimena con i suoi due attori di punta, Tsipras, capo dell’esecutivo, e Varoufakis, ministro delle finanze, in un balletto d’incontri internazionali, dove il secondo tiene alta la tensione con affermazioni allarmanti, per preparare il terreno alla successiva mediazione del primo. Chiamasi gioco del poliziotto buono e di quello cattivo. Ricordiamo i momenti d’attrito più acuti, in cui la Grecia ha provocatoriamente chiesto alla Germania un risarcimento dei danni sofferti durante la seconda guerra mondiale, o in cui, a causa d’insolvenza acclarata, ha più volte inviato segnali di uscita dall’area euro, tanto da sollecitare la stampa al conio dell’insulso neologismo “Grexit”. Anche i recenti rapporti instaurati con la Russia di Putin, mostratosi disponibile a favorire una ripresa economica greca, hanno contribuito a mantenere elevata la preoccupazione nei palazzi di Bruxelles. Nei giorni scorsi, Atene si è detta impossibilitata a provvedere ai rimborsi dovuti al FMI nel prossimo mese di giugno. Effetto immediato: deciso calo degli indici in tutte le Borse europee. Tuttavia, mentre il governo ellenico forza la mano, in cerca d’alleanze con altri Paesi membri insofferenti alla visione di un’Europa guidata dalla Troika “Commissione Europea – Banca Centrale Europea – Fondo Monetario Internazionale”, ecco che arriva puntuale la rassicurazione di Tsipras sull’intenzione di onorare i debiti contratti con l’Unione.
La Grecia, ancora lontana da una soluzione definitiva in grado di restituirle serenità, rappresenta una sorta di detonatore: riflettano a fondo i vertici europei, anche alla luce dei risultati alle amministrative spagnole, che sanciscono una significativa crescita di Podemos, formazione antiausterità nata dal movimento degli Indignados, e delle elezioni presidenziali polacche, vinte dal nazionalista euro scettico Duda.