Obesità, fa male anche al PIL

Sovrappeso e obesità, secondo un recente rapporto della società internazionale di consulenza McKinsey, sono una vera e propria piaga sociale nei Paesi economicamente avanzati. Secondo le sue stime, il 30% della popolazione mondiale, pari a 2,1 miliardi di individui, ha problemi di sovrappeso e nei soli Stati Uniti ci sono 87 milioni di persone obese. Se la tendenza all’obesità continua nella sua attuale traiettoria statistica, quasi la metà della popolazione adulta del mondo sarà in sovrappeso o obesa entro il 2030.

E’ errato credere che l’Italia, nonostante la dieta mediterranea, sia al riparo da questo problema. Ciò era forse vero in passato, le nuove generazioni manifestano invece problemi analoghi a quelle dei Paesi anglosassoni, in cui si prediligono cibi più grassi di quelli tradizionalmente inseriti nella nostra dieta. Secondo l’analisi della società di consulenza, l’emergenza grasso costa al nostro Paese quasi 50 miliardi di euro, ovvero il 2,9 per cento del PIL, seconda solo agli effetti del tabacco, che ammontano ogni anno a 48 miliardi di euro. Nel 2013 l’emergenza grasso riguardava il 42 per cento della popolazione adulta italiana, per i tre quarti colpita da sovrappeso e per il resto da obesità.

Già oggi il costo dell’obesità sulle casse dei sistemi sanitari oscilla tra il 2% ed il 7% della spesa pubblica totale e ciò senza includere l’importante costo riguardante le varie complicanze e malattie associate allo stato di sovrappeso ed obesità (diabete, cardiovascolari ecc.), che porterebbe la spesa totale sino al 20% del budget sanitario.

Sottolineando la necessità di politiche ambiziose e di una risposta sistematica e non frammentata all’emergenza, McKinsey ha studiato 74 interventi possibili per invertire questa tendenza, trovando dati sufficienti per 44 interventi in 14 aree. Fra le iniziative prese in considerazione, vi è il controllo delle porzioni per alcuni cibi confezionati e la riformulazione dei cibi processati a livello industriale e dei ‘fast food’, misure valutate come più efficaci in termini di anni di vita in salute e produttività. Queste misure sono ritenute più efficaci rispetto alle tasse sui prodotti ad alto contenuto di grassi e zuccheri, o alle campagne di salute pubblica. Nella lista degli interventi analizzati c’erano anche i programmi di controllo del peso e di fitness sul posto di lavoro.

Quanto all’Italia, viene il sospetto che, più che di una riduzione delle razioni – comunque sostanzialmente inferiori rispetto ai consumi sovrabbondanti del boom economico – la popolazione imbolsita beneficerebbe della ristrutturazione degli ambienti urbani e scolastici, per favorire l’attività fisica. Piste ciclabili in città, spazi attrezzati nei parchi e buone palestre nelle scuole potrebbero, insomma, fare la differenza.

©Futuro Europa®

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