Sistemi elettorali
Per molto tempo, il sistema uninominale secco, praticato in America e in Inghilterra, secondo cui vince, collegio per collegio, il candidato che ha più voti degli altri (anche se non ha la maggioranza assoluta) è stato considerato da molti un modello, anzi “il” modello adatto a far funzionare una democrazia (influiva naturalmente il fatto che a praticarlo sono la più antica e la più grande delle democrazie occidentali). Si ometteva di dire però che il sistema funziona, rispettando grosso modo la democrazia, che è intrinsecamente governo della maggioranza, solo se a concorrere sono due partiti (già con tre il rischio di sfasatura è evidente). Ma nelle recenti elezioni inglesi di partiti in lizza ce n’erano almeno sei: conservatori, laburisti, lib-dem, nazionalisti scozzesi, verdi e UKIP.
Il sistema ha tenuto, malgrado le previsioni contrarie, consentendo la governabilità. Ma che il risultato rispetti i principi della democrazia non può proprio dirsi. I conservatori, con non più del 36% del voto popolare, hanno conquistato la maggioranza in Parlamento (è lo stesso risultato a cui, attraverso il meccanismo del premio di maggioranza, arrivava il malfamato Porcellum ed è quello che prevedeva il primo progetto di riforma elettorale nato dal Patto del Nazareno: il sogno di Berlusconi e credo anche di Renzi!). I laburisti, con qualche punto percentuale in meno, hanno perso 24 seggi. I Lib-Dem, con il 12% del voto popolare si sono ridotti a una manciata di seggi. L’UKIP (che, ci piacciano o no i suoi programmi, a questo fine è irrilevante) con più del 12% è praticamente assente dalla Camera dei Comuni. Il Partito Nazionalista Scozzese, con una percentuale di voti assai più bassa su scala nazionale, ha fatto il pieno dei 60 seggi in Scozia grazie alla sua concentrazione localizzata (un po’ come la Lega da noi). Fa quasi sognare il fatto che, all’indomani del voto, David Cameron abbia potuto recarsi dalla Regina a ricevere il reincarico. Ma dove sta in tutto questo il rispetto della volontà popolare?
Difatti, le voci dei partiti minori si sono levate perché il sistema uninominale secco sia cambiato a favore del proporzionale. Dubito però che questo accadrà. I due principali partiti hanno troppo interesse a mantenerlo com’è e gli inglesi, in genere, amano le tradizioni, anche se polverose. Per parte mia confesso che l’Inghilterra mi piace com’è e spero che resti il più possibile intatta, in un mondo che ha fatto della contestazione e della volgarità le sue regole.
Sul versante opposto, non c’è chi possa seriamente difendere la proporzionale pura. Certo, sulla carta è il modello della democrazia, ma inevitabilmente moltiplica partiti e partitini che rendono poi il Paese ingovernabile. Per questo, molte democrazie hanno cercato sistemi che coniughino per quanto possibile volontà popolare e governabilità. Da noi, la Legge Mattarella si avvicinava a questo obietitvo, come ci si avvicina il sistema tedesco (né l’uno né l’altro possono però garantire maggioranze stabili). Il sistema che meglio riesce a unire le varie esigenze è quello partorito dalla mentalità razionale dei francesi: l’uninominale a doppio turno. Neppure questo è a prova di bomba, ma finora ha funzionato. Da noi, l’Italicum ora in vigore è pensato soprattutto in funzione della governabilità, ma zoppica dal lato della rappresentatività democratica a causa del premio di maggioranza al primo turno, che può trasformare il 40% più uno dei voti in maggioranza assoluta alla Camera (una parziale consolazione può forse consistere nel fatto che è improbabile che qualcuno arrivi al 40% al primo turno, specie perché deve trattarsi di una lista, non di una coalizione, il che del resto mi pare una buona cosa, sia perché rende più difficile raggiungere la soglia sia perché evita ammucchiate a fini solo elettorali). Questo, accanto ai capilista bloccati, è il vero difetto della Legge e quello che la rende sospetta di incostituzionalità. Ed è alla sua abolizione che vanno puntati tutti gli sforzi, sia in sede referendaria sia in sede giudiziaria. Ma non si tocchi, come vorrebbe la Lega (Cicero pro domo sua) il ballottaggio al secondo turno, che è la vera innovazione positiva, perché garantisce che chi vince e governa abbia il 50% più uno dei voti espressi (che poi gli si dia qualche deputato in più, non mi sembra scandaloso).
Ho sentito in un programma RAI Eugenio Scalfari sentenziare che neppure il ballottaggio va bene, perché al secondo turno votano meno elettori che al primo (si astengono molti di quelli che hanno votato per partiti usciti dal gioco) e quindi chi vince può darsi che non raccolga il voto della maggioranza degli elettori iscritti ma dei soli votanti. Probabile, ma in democrazia alla fine contano sempre e solo i voti espressi. Non ho ben capito cosa suggerisse il nostro Solone nazionale: tornare alla proporzionale pura e dura? Poi però non ci stracciamo le vesti per l’instabilità del nostro sistema politico, le sue inadempienze e la sua generale inefficienza. Neppure in politica si può avere la botte piena e la moglie ubriaca!