Blatter, fine della storia
Alla fine, sono arrivate. Auspicate, esplicitamente invocate – soprattutto in ambito europeo – non solo dai vertici federali, ma anche dagli appassionati della sfera, che, evidentemente, in un momento di generale demonizzazione delle caste d’ogni sorta, mal digeriscono i potentati di lungo corso e godono della caduta degli intoccabili: lo svizzero Joseph Blatter, da sedici ininterrotti anni al governo del calcio mondiale, rassegna le dimissioni. Lo fa a sorpresa, contravvenendo a precedenti personali dichiarazioni, e lascia la carica di presidente della FIFA (Fédération Internationale de Football Association) ad appena quattro giorni dalla sua rielezione al quinto mandato consecutivo, dopo aver sbaragliato il candidato diretto avversario Ali bin Al-Husayn, principe terzogenito di Re Hussein di Giordania.
Lo scandalo delle tangenti nel mondo del pallone e gli arresti di nomi eccellenti della dirigenza federale, tra cui due vicepresidenti, Jeoffrey Webb delle Isole Cayman (ma guarda un po’) e Eugenio Figueredo dell’Uruguay, avevano cominciato a far vacillare il trono di Blatter a partire dalla fine del maggio scorso.
L’inchiesta, iniziata nel 2011 col fermo da parte dell’FBI di Chuck Blazer, faccendiere poi divenuto – in seno alla FIFA – figura di spicco per l’area americana e caraibica, destinatario in un ventennio di circa 37 milioni di dollari per “attività varie” svolte per conto della federazione, ha fatto un salto di qualità quando lo stesso dirigente, costretto a collaborare, registrò con un microfono nascosto la riunione londinese in cui si decise l’assegnazione dei mondiali del 2018 alla Russia e del 2022 al Qatar.
Ebbene, il sistema instauratosi sotto la “gestione Blatter”, al momento non formalmente indagato ma chiaramente sotto pressione per il terremoto giudiziario che ha investito molti dei collaboratori all’interno del suo “cerchio di fiducia”, prevedeva grosse contropartite in denaro per favorire l’assegnazione delle varie competizioni internazionali a chi si mostrasse più generoso. Corruzione e pizzo, diremmo dalle nostre parti. Con accenno d’incidente diplomatico, aggiungo, alla luce delle affermazioni di un Putin che punta l’indice contro gli Stati Uniti, rei, a suo dire, del tentativo di invalidare, col pretesto degli arresti di vari funzionari federali e tramite ingerenza nella giurisdizione di un paese straniero, l’attribuzione alla Russia dei prossimi campionati del mondo.
Molto probabilmente, la posizione del Presidente si è fatta critica e non più sostenibile, al punto tale da convincerlo a rinunciare all’incarico appena riconfermato, quando il New York Times ha pubblicato gli sviluppi investigativi dell’ultima ora: indiscrezioni trapelate sulle indagini dell’Fbi rivelano che, nel calderone giudiziario, sia finito anche il Segretario Generale della FIFA Jerome Valcke, fedelissimo di Blatter, su cui penderebbe il sospetto di aver effettuato, nel 2008, a favore dell’ex vicepresidente Jack Warner, il trasferimento illegale di 10 milioni di dollari, frutto di una presunta tangente versata dal Sud Africa per garantirsi l’edizione 2010 dei mondiali di calcio.
Per evitare che il fango travolga l’intera federazione e il gioco più popolare del pianeta, Blatter ha, dunque, ritenuto opportuno fare un passo indietro: “Voglio il meglio per la FIFA e il calcio. C’è bisogno di una profonda ristrutturazione, ho convocato un collegio elettivo straordinario per permettere ad un nuovo presidente di prendere il mio posto.”
Lo svizzero resterà in carica con funzioni d’ordinaria amministrazione fino a fine 2015, inizio 2016. Poi, si aprirà il nuovo capitolo delle riforme e, tra i papabili alla presidenza, si affacciano dirigenti che, nei giorni scorsi, hanno caldamente consigliato a Sepp Blatter di dimettersi, per ridare credibilità al movimento: tra questi, in prima linea, l’attuale presidente del UEFA ed ex calciatore Michel Platini.