Iran, nucleare: meno di un mese all’accordo, forse

I negoziati tra i sei mediatori internazionali e l’Iran per arrivare ad un accordo sulla questione del nucleare sono ripresi a Vienna, ma i problemi hanno cominciato a creare un effetto valanga. Nonostante l’accordo quadro dello scorso 2 Aprile, sembra poco probabile che tutti gli aspetti del dossier vengano approvati all’unanimità da qui alla fine di Giugno.

I capi della diplomazia americana e iraniana hanno portato avanti Sabato 30 Maggio a Ginevra “intense” trattative, ma le divergenze rimangono a poco meno di un mese dalla data prevista per siglare un accordo, a dir poco storico, sul programma nucleare  di Teheran. John Kerry e Mohammad Javar Zarif “non sono riusciti a smussare le divergenze per permettere di far avanzare i negoziati sul nucleare”, ha dichiarato il numero due della delegazione dei negoziatori iraniani alla fine degli incontri. “Tutte le questioni sono state riconsiderate”, ha precisato Abbas Araghchi, citato dal sito della televisione di Stato iraniana. “Ma ciò nonostante le divergenze e le differenze permangono.  Ancora prima dell’inizio dei colloqui Kerry-Zarif a Ginevra, Abbas Araghchi aveva messo in chiaro che Teheran avrebbe rifiutato qualsiasi  “ispezione dei siti militari” da parte dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA) e che i suoi scienziati venissero interrogati nell’ambito di un eventuale chiarimento. Il vice ministro iraniano degli Affari Esteri riprendeva la posizione fermamente espressa lo scorso 20 Maggio dalla Guida Suprema iraniana, l’Ayatollah Ali Khamenei. Kerry e Zarif hanno passato sei ore chiusi con i loro gruppi di lavoro e la rappresentante europea Helga Schmid in un grande albergo della città svizzera. Hanno avuto una “discussione completa su tutti gli argomenti” relativi al nucleare, ha sobriamente commentato un altro rappresentante del dipartimento di Stato. “Siamo impegnati a lavorare per appianare le differenze e per rispettare il calendario fissato”, in poche parole trovare un accordo definitivo entro la fine del mese, precisa il diplomatico americano. Il programma nucleare controverso della Repubblica Islamica avvelena la comunità internazionale dl 2003 e le grandi potenze del gruppo 5+1 (Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna e Germania) negoziano con l’Iran dall’autunno del 2013, sotto l’egida della Comunità Europea, per trovare un mezzo per controllare le ambizioni atomiche di Teheran in cambio dell’azzeramento delle sanzioni economiche che pesano da anni sul Paese. Dopo l’accordo provvisorio del Novembre 2013, che ha portato ad un congelamento temporaneo del programma nucleare iraniano e un primo alleggerimento dalle sanzioni internazionali contro Teheran e il compromesso raggiunto lo scorso 2 Aprile, tappa cruciale verso un regolamento definitivo del  contenzioso che aprirebbe la strada alla normalizzazione delle relazioni con l’Iran provocando profonde ripercussioni in Medio Oriente, le parti ora hanno fino al 30 Giugno per scolpire nel marmo un testo completo e definitivo. L’accordo finale deve garantire il carattere puramente pacifico e civile del programma nucleare di Teheran, sospettato di nasconderne il lato militare, e togliere quello che rimane delle sanzioni internazionali che soffocano il Paese.

La questione delle ispezioni internazionali dei siti nucleari, che hanno come obbiettivo di garantire il carattere pacifico e civile del programma iraniano, è uno dei punti più spinosi da affrontare. Teheran, che ha sempre negato volersi dotare di una bomba atomica, esclude qualsiasi ispezione delle sue basi militari in nome della salvaguardia degli interessi nazionali. Accetterebbe tuttavia un “accesso regolamentato” per gli esperti stranieri nel quadro di un protocollo aggiuntivo al Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Il Direttore dell’Aiea Yukyka Amano, aveva sottolineato la necessità per l’Agenzia delle NU, che attuerà l’eventuale accordo, di avere accesso a tutti i siti, compresi quelli militari. Il capo della diplomazia francese Laurent Fabius ha appoggiato le dichiarazioni di Yukyka affermando che Parigi “non avrebbe accettato” l’ accordo se non ci fosse stata “verifica”  di “tutti i siti, compresi quelli militari”. Dall’inizio dei negoziati, essenzialmente guidati da Stati Uniti e Iran, la Francia ha adottato una posizione più dura di quella dei suoi partner, temendo che Washington facesse troppe concessioni per ottenere un accordo epocale. L’Amministrazione Democratica è tenuta sotto pressione da un Congresso Repubblicano, maggiormente ostile all’Iran e che ha imposto il suo diritto di replica sul testo finale. Un accordo con l’Iran e il suo ritorno nelle grazie della comunità internazionale preoccupa anche Israele e le monarchie del Golfo. Ricordiamo anche che se si raggiungesse l’accordo, per Rohani e i “moderati” le elezioni previste a Febbraio 2016 potrebbero vederli tornare in Parlamento e questo fa “paura” ai conservatori. Ma Teheran, e questo Khamenei lo sa benissimo, non può più rimanere isolata. Fino al 30 Giugno, sono state vietate in Iran le manifestazioni “pro” o “contro” questi accordi. Di fatto, e anche se ufficialmente si avvalgono di formule diplomatiche, Teheran e Washington sono in pieno riavvicinamento dopo 35 anni senza relazioni diplomatiche anche se per gli osservatori internazionali, i due avversari sono ancora lontani dal poter normalizzare le loro relazioni e si limiteranno a proseguire le loro discrete discussioni sui conflitti regionali, come la lotta contro il gruppo jihadista Isis in Siria ed Irak.

Mentre i diplomatici americani parte della delegazione al lavoro sul testo ammettono che il mese di Giugno sarà molto “intenso” con una “escalation” di dichiarazioni politiche da ognuna delle parti in gioco e  confermano che Washington tiene a chiudere il testo entro il 30 Giugno, Teheran e Parigi invocano la possibilità che le trattative sforino nel mese di Luglio in virtù delle difficoltà oggettive di arrivare a un “buon accordo”. A complicare il tutto, la caduta di Kerry. Non si sa se questo incidente avrà delle conseguenze su un dossier nel quale il Segretario di Stato americano è molto coinvolto. Certo è che le relazioni personali, relazioni basate su una grande fiducia dicono gli uomini vicini a Kerry e Zarif, sono un elemento fondamentale nei progressi già  ottenuto, ma i due uomini hanno collaboratori di lunga esperienza, e nulla dice che Kerry possa proseguire la sua missione con tanto di gamba ingessata. Washington e Teheran desiderano entrambe mettere fine al contenzioso e alle sanzioni. Ma gli interessi in gioco coinvolgono moltissimi altri attori, e tutti vogliono la loro parte. Qui, come non mai la diplomazia dovrà dare tutta se stessa per dimostrare che la sua forza è ancora fondamentale per il nostro Mondo.

©Futuro Europa®

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