Rassegna stampa estera

Dei migranti a Ventimiglia è stato scritto tutto e di più, così come di quello che si sono detti Renzi e Hollande. Il lungo ritratto dedicato al Premier da Jane Kramer sul NewYorker è stato riportato anche dai nostri più importanti quotidiani, ma per la maggior parte delle notizie sembra che il tempo si sia fermato, e questa non è una buona cosa. Dagli articoli letti sulla stampa estera, le ripetizioni dei fatti sono all’ordine del giorno: crisi degli immigrati, egoismo dell’Europa, riforma della scuola, crescita. Ma non parlavamo delle stesse cose una, due, tre, dieci settimane fa? L’impressione generale è che ci si sia impantanati di nuovo, male.

Qualche analista  “salva” Renzi, soprattutto per il suo operato sull’economia italiana, come Alexandre Mirlicourtois, Direttore per la congiuntura e la previsione  di Xerfi, gruppo che studia il mondo dell’economia. La Tribune ha pubblicato degli estratti delle analisi diffuse da Xerfi Canal sulla “resurrezione dell’Italia e l’effetto Renzi”. Snocciola dati  e numeri Mirlicourtois, affermando che “se è vero che in Italia ci sono state molte false partenze, questa volta la crescita sembra aver affondato le radici e la ripresa economica è più netta “(riferendosi alla dichiarazione dell’Istat del 13 Maggio scorso che dava l’Italia ufficialmente uscita dalla recessione). Parla di fiducia, di morale migliore, di veri piani di rilancio economico, del successo del Made in Italy, degli effetti benefici del Jobs Act: “la deflazione importata e l’euro debole come ovunque in Europa giocano un ruolo chiave in questo miglioramento. Ma il lavoro che Matteo Renzi  porta avanti da 15 mesi, in totale rottura con quello dei suoi predecessori, non è da meno. La linea direttrice è chiara: prima la crescita, poi rispetto del Patto di Stabilità”. Non tutti sono dello stesso avviso.

Ma non siamo ancora fuori pericolo a sentire altre opinioni, in molti temono ancora per il futuro del nostro Paese e vedono l’astro di Renzi offuscarsi. Isla Binnie su Business Insider nel titolo del suo pezzo lo dice esplicitamente: “la perdita di popolarità del Primo Ministro Renzi offusca le prospettive di riforma in Italia”. Scrive la giornalista che “la spinta del Primo Ministro italiano a riformare una delle economie più pigre d’Europa è minacciata da un forte calo del sostegno degli elettori per via di ripetuti scandali, della corruzione e di una profonda crisi dell’immigrazione. Il quarantenne dalla parlantina facile ha rovesciato il suo predecessore con una sorta di golpe all’interno del suo Partito 16 mesi fa, promettendo di immettere nuova linfa nella stanca e corrotta politica italiana e scuotere le istituzioni inefficienti. La popolarità di Renzi è cresciuta ed ci si aspettava dominasse la politica italiana per anni. Ma dopo i poveri risultati ottenuti dai suoi candidati nelle recenti elezioni regionali e comunali, gli oppositori interni al PD si sono sentiti rafforzati e stanno guadagnando terreno (…) I semi dei problemi di Renzi sono stati seminati gradualmente” e si chiamano Mose, Mafia Capitale, riforma della scuola, immigrazione. Indizi di stallo totale e forse ha ragione Claudio Cerasa quando scrive “il Premier che affoga su immigrazione e scuola ha solo un modo per resistere: giù le tasse”.

Philippe Ridet in un brillante articolo ci mette in guardia: “Chi ha detto che il Caimano è morto?”, si chiede in un post scriptum al suo articolo: “P.S. Vi ricordate certamente di Paolo Micheli, il candidato di sinistra che Silvio Berlusconi aveva  appoggiato ‘per sbaglio’ a Segrate, la città dove ha sede Mediaset? Bene, ha vinto…”. L’analisi di Ridet parte dalle elezioni del 31 Maggio scorso e, citando lo slogan di una  vecchia pubblicità di rasoi “la prima lama taglia il pelo, la seconda  lo taglia nuovamente prima che si ritragga”, ma la terza? Chiede il giornalista. Si spiega così Ridet: la prima lama si riferisce al “salvataggio dei mobili” dopo le regionali: una regione persa (Liguria), una vinta (Campania), la seconda all’abbandono forzato delle “roccaforti” di Venezia e Arezzo che sono andate alla destra. Terza lama: la caduta di Enna e Gela. “Queste tre giornate elettorali sono diventate tre sconfitte per il PD e per Matteo Renzi, che si rifacevano ancora al trionfo delle elezioni europee del Maggio 2014, colpendo nel profondo le speranze del Presidente del Consiglio che voleva fare di queste consultazioni una nuova occasione per affermare la sua autorità politica. Non aveva in effetti portato a termine la riforma del  mercato del lavoro (Jobs Act) e portato a buon fine la nuova versione della legge elettorale? Cosa gli si può rimproverare? Ridet riprende l’intervista fatta da Gramellini a Renzi su La Stampa, che spiega la storia a noi conosciuta del Renzi I e del Renzi II, che “non seduce più” perché il Renzi rottamatore era stato soppiantato da un Renzi  troppo, gentile, conciliante, politico… Tra un anno, ricorda il giornalista si voterà a Napoli, Milano, Torino, Bologna e forse Roma… “La quarta lama si affaccia già? Da qui ad allora, Matteo Renzi avrà forse ritrovato il modello originale dei suoi primi successi, quel ‘Renzi I’ che si è perso sui sentieri sconnessi del potere”.  Il giornalista parla di “schizofrenia.”

La crescita tanto paventata è insufficiente all’uscita dalla zona a rischio, come mostra nella sua analisi l’ex banchiere Satyajit Das sul Financial Times: “I problemi greci mascherano l’aumento dei rischi in Italia e Francia”. Das cita Keynes, “ciò che ci si aspetta non accade mai, ciò che è inatteso sempre” e scrive: ”Ossessionati dai problemi della  Grecia e della periferia dell’Europa, i mercati finanziari stanno ignorando i rischi che crescono nel nucleo, in particolare in Italia e Francia. Italia e Francia devono affrontare i problemi sempre più numerosi che derivano dal debito elevato, dalla crescita lenta, dalla disoccupazione, dalle scarse finanze pubbliche, dalla mancanza di competitività e l’incapacità di intraprendere gli adeguamenti necessari. La riduzione dei prezzi dell’energia in combinazione con bassi tassi di indebitamento e un euro più debole, orchestrati dalla Banca Centrale Europea, non possono nascondere per sempre i problemi profondi e irrisolti.” Dopo una analisi attenta dei deficit di bilancio, del debito, della contrazione dell’economia dal 2007, della performance negli scambi, l’ex banchiere afferma che il problema è strutturale, non attribuibile alla crisi del debito del’Eurozona. “Salari troppo alti, mercato del lavoro inflessibile, welfare troppo generoso, grandi porzioni del settore pubblico e misure troppo restrittive negli scambi sono questioni fondamentali (…) I progressi fatti in base alle riforme strutturali promesse vanno troppo a rilento. Indipendentemente dal fatto che l’economia migliori o peggiori, le riforme spesso vengono accantonate (…) Una profonda antipatia verso i mercati e le imprese impedisce il cambiamento”. Conclude Das: “ Il Presidente François Mitterand era convinto che bisognasse ‘dare temo al tempo’. Ma negli ultimi 15-20 anni, Italia e Francia hanno promesso una riforma importante. Purtroppo il tempo stringe, con gravi conseguenze per le Nazioni, il progetto europeo e gli investitori in titoli di credito e azionari italiani e francesi”. Non a caso, forse, si dice “il tempo è denaro”.

Alexandre Mirlicourtois, La résurrection de l’Italie: un effet Renzi?, La Tribune, 23 Giugno 2015; Isla Binnie, PM Renzi’s popularity drop dims Italy’s reform prospects,Reuters per Business Insider, 22 Giugno 2015; Philippe Ridet, Battu aux élections partielles, RenziII à la recherche de Renzi I, Le Monde, 16 Giugno 2015; Satyajit Das, Greek problmes mask the rising risks in Italy and France, Financial Times, 24 Giugno 2015.

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