Migranti, meglio il Brasile che l’Europa

Gli occhi sono tutti puntati sul Mediterraneo quando in Brasile, tra il 2000 e il 2012, le richieste di regolarizzazione da parte di migranti arrivati dall’Africa sono aumentate di trenta volte.

Vicino allo stadio Maracanà  a Rio de Janeiro c’è un centro di accoglienza della Caritas, molto più simile alla Torre di Babele che a un rifugio per migranti.  Qui si passa senza discontinuità dall’inglese al lingala (lingua bantu parlata in Repubblica Democratica del Congo) e dal portoghese al francese. Molte storie si intrecciano, storie simili a quella di un giovane il cui comportamento discreto stride con la confusione generale e dal sorriso perennemente stampato in volto come per esorcizzare il suo sordido passato. Questo Peul (nomadi del Sahel) musulmano perseguitato dalle milizie del Centrafrica, gli anti-bakala, è fuggito verso il Camerun dopo aver assistito al massacro avvenuto a casa sua, in piena notte, dei suoi due cugini e di suo fratello. Ha trovato la “salvezza” in Cemerun imbarcandosi su un cargo diretto verso la terra della speranza… No, non l’Europa, ma il Brasile. E’ rimasto nascosto per cinque giorni senza né mangiare né bere. Denunciato dall’equipaggio alla polizia federale, riesce a sottrarsi all’espulsione. La sua richiesta d’asilo è al vaglio  e lui è stato subito preso in mano dalle autorità e dalle associazioni brasiliane. Ci sono sempre più migranti in Brasile perché una volta che si è entrati nel Paese e che viene fatta la richiesta di asilo, si acquistano gli stessi diritti dei brasiliani, “contrariamente a ciò che accade negli Stati Uniti dove si viene incarcerati nell’attesa di ricevere lo statuto di rifugiato o in Germania dove viene impedito l’accesso al mondo del lavoro” spiega il Prof. Duval Fernandes autore di uno studio sull’immigrazione africana in Brasile.

Questa particolarità della legge brasiliana ha attirato anche molti africani francofoni, che hanno preferito il brasile alla Francia nonostante vi abbiano parte della famiglia già inserita. E’ quello che è successo ad una giovane militante anti-ribelli le cui velleità rivoluzionarie sono state spezzate dalle minacce di morte arrivate da questi ultimi. Un pastore evangelico l’ha aiutata ad organizzare il viaggio verso il Brasile, “è il posto dove si ottiene più facilmente un visto”, le aveva detto il Pastore, e a ragione. E’ passato un anno dal suo arrivo. Ha ottenuto lo status di rifugiata e lavora in una impresa di pulizie, anche se viene pagata con il minimo del salario, lavora con dignità. Nonostante tutto questo abbia un prezzo visto che in Congo ha lasciato i suoi due bambini di tre e sei anni, ha finito con l’inserirsi, ha superato la barriera linguistica. Non è certamente facile anche se è stata accolta bene in generale, a volte si sente ancora “diversa” e un po’ umiliata, come quella volta che ha mostrato delle foto personali della sua vecchia vita in Congo e qualcuno le ha chiesto: “ma esistono edifici in quel Paese? Avete anche le macchine?”. La sua risposta deve far riflettere molti di noi: “la gente pensa che non abbiamo nulla, quando invece da noi c’è tutto, tranne la pace”.

L’Africa è allo stesso tempo anni luce e vicinissima ai brasiliani. Malgrado una cultura impregnata di retaggi africani, come il piatto nazionale, la feijoada, e la samba, pochi brasiliani hanno contatti con gli africani e con l’Africa. Questa immigrazione recente non pone  problemi come in Europa perché è molto meno “visibile”, “tanti altri Neri vanno a confondersi con i numerosi Neri che già popolano il Brasile” spiega ancora il Prof. Fernandes. In effetti è il secondo Paese al mondo per popolazione di colore, subito dopo la Nigeria. Questo si spiega con il fatto che è stato tra i più importanti commercianti di uomini, deportando 4 milioni di Africani in tre secoli. Per trovare una popolazione a maggioranza di bianchi bisogna andare verso il Sud del Paese, anche se è proprio qui che vengono a vivere molti senegalesi, mano d’opera molto ricercata perché molti di loro sono musulmani. Gran parte dei mattatoi delle città del Sud esporta carne verso i Paesi musulmani e pratica il sacrificio halal. In questa regione popolata in maggioranza da brasiliani di origine italiana e tedesca si vede qualche caso di discriminazione. In effetti, gli Africani che vengono qui pensano di essere in una Democrazia razziale, ma non è proprio così. Malgrado l’immagine di Paese meticcio, dove Neri e Bianchi vivono in armonia, il Brasile rimane profondamente razzista e i Neri occupano ancora molti posti da subalterni.

Se le cifre sull’immigrazione in Brasile sono ancora poco significative visto che vengono censiti 1% di immigrati di qualsiasi origine contro il 10-15% in Europa, è la crescita dell’immigrazione africana che attira l’attenzione. Sono passati da 1054 nel 2000 a 31866 nel 2012 secondo i dati della polizia federale. L’Africa ha scoperto il Brasile attraverso Lula che, appena eletto, ha moltiplicato i sue visite sul Continente con la volontà di sviluppare la cooperazione sud-sud. Questo desiderio si è concretizzato nel 2010 con la firma di un accordo di cooperazione. E’ a partire da questa data che l’immigrazione ha preso il volo, stimolata anche da una crescita a due cifre ed eventi come la Coppa del Mondo e i Giochi Olimpici. Cinque anni dopo, il Paese è al limite della recessione, ma viene percepito dagli stranieri in miglior salute economica che l’Europa. Molti Ghaniani non sono mia ripartiti dopo aver ottenuto il visto turistico per assistere ai Mondiali di calcio. Fino a poco tempo fa il Paese era terra di accoglienza per i migranti dei Paesi di lingua lusofona, soprattutto angolani che fuggivano alla guerra. Oggi arrivano da tutta l’Africa e in gran parte dal Senegal, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo, ma anche dalla Somalia, dall’Etiopia e dall’Eritrea. E ogni paese ha la sua filiera. Un esempio. Nel 2010 c’è stata una grande ondata di immigrazione senegalese per via di una trafficante originaria dell’Equador che prendeva 5000 euro per fa arrivare i migranti in Brasile facendo loro credere che lì avrebbero trovato un lavoro da 1500 euro al mese. Ovviamente tutto finto.

Quindici anni fa migliaia di brasiliani lasciavano il Paese per cercare fortuna in Europa, negli Stati Uniti o in Giappone. Oggi, il Brasile attira e riannoda con il suo passato di Paese di immigrazione. Per le migliaia di migranti che arrivano tutti gli anni, il Brasile è ormai sempre più la terra della seconda possibilità, di una vita da vivere il più presto possibile.

©Futuro Europa®

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