Primarie USA, Hillary inciampa sul “rivoluzionario” Barnie Sanders
Qualcuno conosce Bernie Sanders? A 73 anni si è lanciato nella corsa Presidenziale americana dove partecipa come “indipendente” alle primarie Democratiche. Ha riempito le sale durante tutti i suoi comizi, come una vera star, anche se della star fisicamente non ha nulla. Ha fatto un grande salto di qualità nei sondaggi dei Democratici, contrapponendosi a Hillary Clinton e 200.000 simpatizzanti hanno firmato una petizione di sostegno a suo favore. Piccolo dettaglio di non poca importanza nel Paese che ha inventato Wall Street e il Maccartismo: dichiara tranquillamente essere “socialista” . Sembra che in effetti esistano dei socialisti negli Stati Uniti, almeno uno di sicuro, Sanders. Non ha scoperto la sua vocazione in tarda età, senatore del Vermont, frequenta il mondo politico americano da molto tempo, lui e le sue idee più a sinistra di qualsiasi altro collega.
Le primarie negli Stati Uniti sono come il gioco dell’oca: si comincerà a votare all’inizio del 2016 Stato per Stato, iniziando come vuole la tradizione dall’Iowa e dal New Hempshire. Questi due Stati hanno una grande importanza elettorale: il successo può lanciare una candidatura inattesa; viceversa il fallimento può mandare in frantumi qualsiasi ambizione. Mercoledì primo Luglio è riuscito a riunire 10.000 persone in un anfiteatro di Madison, bastione progressista del Wisconsin, attirando il maggior numero di persone dal’inizio della campagna elettorale, che si parli di Democratici o Repubblicani o qualsiasi altro concorrente. Stesso scenario due giorni dopo a Council Bluffs, nell’Iowa, dove più di 2.500 persone si sono mosse per andare ad ascoltare il suo appello in favore della “rivoluzione politica”. Nessun altro aspirante Presidente in lizza è riuscito a mettere insieme un numero così importante di persone in questo Stato rurale del Midwest, dove si svolgeranno i primi caucus per la corsa alla Casa Bianca il prossimo Gennaio. Non male per un socialista autoproclamato che si è ripromesso di strappare a Hillary Clinton l’investitura dei Democratici per la presidenza. L’ex Segretaria di Stato deve cominciare a preoccuparsi? A riflettere si, perché non sono solo le folle a costituire il fattore che incita i media americani a parlare di “Bernimania” o “Berniemementum”. Ci sono anche i sondaggi. Nel New Hampshire, Stato che terrà le sue primarie nel 2016, Barnie Sanders ha accorciato le distanze con Hillary Clinton da 31 a 8 punti in meno di due mesi, secondo i parametri WMUR/NBC. In Iowa lo scarto passa da 45 a 16 punti, secondo i sondaggi realizzati dall’Università di Quinnipac. La Clinton può dormire sonni tranquilli, ma Bernie Sanders non può essere completamente ignorato. Quelli che avevano usato la metafora per queste primarie di una configurazione del tipo “Biancaneve e i sette nani”, forse dovrà tornare sulle sue posizioni.
Il “successo” nei sondaggi della sua candidatura mostra un vero malessere per parte dei Democratici, quelli di sinistra. Sognano un’alternativa alla Clinton, troppo vicina agli interessi di Wall Street. Sperano che la senatrice Elisabeth Warren si presenti, ma lei ha declinato l’invito (per ora). Bernie Sanders ha occupato il posto vacante. Il suo programma? Aumentare le tasse sui ricchi e le imprese, aumentare i salari minimi, rendere le università pubbliche gratuite, riformare il finanziamento alla vita politica, frenare gli accordi commerciali internazionali, regolare con maggiore fermezza la finanza e le banche, estendere la copertura delle assicurazioni pensionistiche. Le sue possibilità di vittoria alle primarie sono obbiettivamente poche (ricordiamo che è socialista conclamato, quasi un tabù negli USA), ma se la sua crescita continua sicuramente renderà più complicata la vita e ritarderà la vittoria dell’ex First Lady degli Stati Uniti. Nei dibattiti che si andranno a configurare, Hillary Clinton dovrà posizionarsi maggiormente sui problemi degli americani che si chiamano potere d’acquisto, diseguaglianze, condizioni di lavoro, casa… Sanders non ha l’aria da rock star, ma è comunque un personaggio. Sempre sorridente, capelli bianchi arruffati, vestiti sgualciti, è molto conosciuto dagli estimatori della politica americana. Ufficialmente è un “indipendente” ma collegato ai Democratici. Si definisce “socialista” perché il suo nemico è la finanza. E’ in guerra con la “big money” e il “rivoltante livello delle diseguaglianze”. Figlio di un immigrato polacco, Sanders ha studiato all’Università di Chicago, per poi andare a vivere in Vermont, uno Stato molo “liberal” in senso americano del termine, e cioè a sinistra. Ha fatto un po’ di tutto, dal manovale al realizzatore di documentari, senza però mai tralasciare la politica. Negli anni ’70 ha portato avanti qualche battaglia elettorale senza successo fino a quando nel 1981 è stato eletto sindaco di Burlington (con solo 10 voti in più rispetto al suo avversario). Nel 1990 è stato eletto al Congresso dove è stato per 16 anni e dove è diventato “the amendment king”. Dal 2006 siede nel più prestigioso Senato.
Bernie Sanders potrebbe essere un bersaglio allettante per i Repubblicani visti suoi trascorsi da hippy, sindacalista, ambientalista, pacifista che voleva fare la “rivoluzione” in Vermont negli anni ’70 e che di rivoluzione è tornato a parlare. Ma se parte dei suo fan ha i capelli bianchi come lui, la sua schiettezza e la sua semplicità seducono anche i giovani come rivela il Wall Street Journal. Si vanta di non avere i grandi mezzi di Jeb Bush o Hillary Clinton, né l’appoggio di quei comitati speciali capaci d raccogliere doni illimitati, e dei quali approfittano i grandi candidati per sviare le restrizioni legali. La sua campagna è finanziata da donazioni modeste. La sua squadra spera raccogliere così 40/50mila dollari per e primarie in New Hampshire, inizio 2016. I Democratici lo sostengono nonostante dia fastidio a molti di loro e lo considerano parte della famiglia. Lui si è però sempre rifiutato di etichettarsi “democratico”: considera il Partito come un mezzo del grande capitale. Sembra che a folgorarlo sia stato Eugene Debs, candidato marxista in diverse presidenziali dei primi del ‘900. Ma se i rari marxisti americani provano affetto per Sanders, non lo considerano affatto come un novello Debs, perché viola il principio dell’ “indipendenza di classe” alleandosi con un Partito finanziato dai miliardari. Contro la sua rivale Hillary Clinton non userà toni aggressivi, ha sempre detestato quello stile che più volte lo ha colpito. Le frecce che invece sono state lanciate dal campo Clinton sono cominciate ad arrivare: Bernie Sanders ha cominciato ad essere trattato da “estremista” o “idealista”, cosa che, secondo i suoi consiglieri è buon segno: comincia a disturbare.