Camera di Consiglio
Mendicanti al semaforo: danno esistenziale per l’automobilista – Il singolare caso, di cui oggi ci occupiamo, venuto all’esame della Cassazione riguarda la domanda di risarcimento danni nei confronti di un Comune avanzata da un automobilista, il quale lamentava, quale fruitore della strada, stress e danno esistenziale causato dalla costante presenza ad un semaforo, che impegnava tutti i giorni, di mendicanti ben vestiti e pasciuti, che, con cartelli e stampelle, erano adusi richiedere denaro a chi si trovava fermo al semaforo medesimo, creando anche fastidi e problemi al transito delle auto.
Il ricorrente addebitava all’Amministrazione di non aver adottato, ai sensi dell’art. 14 del Codice della Strada, misure idonee ad impedire i detti comportamenti che creavano molestia ed intralciavano la circolazione. Sia in primo che in secondo grado veniva declinata la giurisdizione del Giudice Ordinario, in favore di quello Amministrativo, ed ad uguale conclusione è giunta la Cassazione. Il ricorrente aveva configurato il danno richiesto come conseguenza di una lesione di diritto soggettivo, sostanzialmente equiparando il comportamento molesto del pedone/mendicante ad un fisico ingombro della carreggiata e da ciò sarebbe derivata una responsabilità a carico del Comune ex art. 2051 c.c., quindi da danno cagionato da cose in custodia. Insomma il mendicante sarebbe da considerare come il ramo di un albero che cadendo sulla carreggiata danneggia le auto in transito.
Tale configurazione, in effetti, non appare condivisibile, infatti una cosa è la materialità di una struttura stradale, alla cui manutenzione è tenuto l’Ente proprietario, così da evitare danni a terzi ed il verificarsi della ipotesi di cui all’art. 2051 c.c. (danno cagionato da cose in custodia), per cui è ipotizzabile il diritto soggettivo dell’utente al risarcimento per il nocumento conseguente alla mancata manutenzione; altra cosa è l’attività amministrativa volta alla tutela di un interesse pubblico, come la sicurezza della circolazione, che deve, però, necessariamente estrinsecarsi in provvedimenti, in relazione ai quali sussiste la discrezionalità dei mezzi in capo all’Ente proprietario, con la conseguente sussistenza di mero interesse legittimo da parte del fruitore della strada al corretto esercizio dei poteri pubblici per il raggiungimento dello scopo. E’ certamente possibile richiedere il risarcimento dei danni per violazione di un interesse legittimo, ma la giurisdizione non spetta al Giudice Ordinario, bensì al Tar.
In conclusione, ben poteva l’automobilista lamentare un inadempimento dei doveri del Comune di tutelare l’interesse generale ad una sicura e libera circolazione dei veicoli, ma tale lagnanza doveva essere configurata come interesse legittimo al corretto esercizio del potere in capo all’Amministrazione, che avrebbe dovuto porre in essere provvedimenti atti a eliminare gli intralci, e come tale doveva essere fatta valere davanti al Giudice Amministrativo.
[NdR – L’autore dell’articolo, avvocato, è membro del “Progetto Mediazione” del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma]