OGM, resa dei conti in Europa

Europa, resa dei conti sugli Ogm. Ma solo sulla libera circolazione e sull’ ‘uso’ degli organismi geneticamente modificati sul territorio degli Stati membri. L’Unione Europea infatti ha già regolamentato la coltivazione degli Ogm, lasciando ai singoli Stati la facoltà di consentirla o proibirla. La circolazione e l’uso degli Ogm sono però altra cosa. Per regolamentare anche questi, la Commissione Europea ha presentato una proposta, ma in questo caso le reazioni sono state tutt’altro che favorevoli. Il testo proposto ha scontentato praticamente tutti i Paesi, persino l’Italia, grande promotrice del regolamento approvato sulla libertà di coltivazione; ma anche tutte le forze politiche: popolari, socialisti, conservatori e liberali, sono uniti nell’idea di respingere la proposta, e Verdi, Sinistra Unitaria e Efdd intendono chiedere un testo diverso.

Quella degli Organismi Geneticamente Modificati è questione di rilevanza internazionale crescente a livello mondiale. Gli Ogm sono nati dall’idea di ‘accelerare’ la selezione delle varietà vegetali da sempre praticata in agricoltura; ma essendo questa ‘accelerazione’ operata in laboratorio, con procedure non tradizionali e non accessibili a tutti, gli Ogm hanno assunto una problematicità scientifica, alimentare e commerciale complessa, con importanti ricadute di carattere sociale ed economico. In particolare, da quando esiste l’agricoltura l’accesso alle sementi e la selezione delle varietà sono state ‘democraticamente’ possibili per qualsiasi agricoltore nel mondo. La disponibilità di sementi geneticamente modificate invece è limitata: l’agricoltore non può ricavarle dal suo raccolto ma deve acquistarle a causa della quasi totale incapacità del seme di riprodursi. Ne consegue che, laddove gli Ogm dovessero soppiantare le varietà vegetali tradizionali, non sarebbe più possibile produrre ad esempio pizza, pane, pasta o prodotti da forno se non acquistando seme Ogm: ai prezzi stabiliti dai ‘laboratori’, ovviamente. Una situazione limite ritenuta, ancora, inaccettabile: per questo l’Unione ha lasciato agli Stati membri la possibilità di impedire la coltivazione degli Ogm sul proprio territorio, salvaguardando quindi le specie tradizionali.

Ma esiste un’altra conseguenza, insita nell’industria della trasformazione alimentare, in costante evoluzione: sempre più prodotti trasformati richiedono, per le loro caratteristiche, l’utilizzo di materia prima Ogm. E un’altra: se la produzione di alimenti trasformati venisse legata più o meno obbligatoriamente a materie prime particolari, nel caso in oggetto a materie prime non Ogm, se ne avrebbe un vincolo per l’industria alimentare obbligata ad utilizzare le materie prime naturali. Questo accadrebbe naturalmente anche in Europa. Anche in Italia, dove l’industria alimentare non è solo quella dei prodotti tipici legati al territorio e alle specie vegetali tradizionali, e in molti casi ed in annate negative l’industria alimentare fa ricorso a massicce importazioni dall’estero. In Italia come in tutti i Paesi membri dell’Unione esistono anzi particolari ma forti pressioni mirate a svincolare i prodotti dalle materie prime, come ha dimostrato nel campo caseario la denuncia di origine italiana che ha portato l’Unione a produrre una procedura d’infrazione contro l’Italia per il divieto di utilizzo del latte in polvere, già raccontata da Futuro Europa. A livello mondiale poi le lobby del Parmesan, ovvero dei produttori di prodotti dall’ ‘italian sounding’ che sono solo copie degli originali, premono addirittura per svincolare le denominazioni dei prodotti tipici dai luoghi d’origine; anche se qui bisogna segnalare il ruolo forte della ‘diplomazia’ italiana, che sta erudendo ad esempio i produttori americani, protetti solo dai ‘trademark’, sui vantaggi della tutela dei vini della Napa Valley o del Sonoma County, delle patate dell’Idaho, delle prugne della California, delle arance della Florida o delle mele dello Stato di Washington.

Se questo è il contesto generale, pacifico e normale che Paesi dell’Unione come la Gran Bretagna e altri invochino il libero mercato e persino il WTO per opporsi alla proposta della Commissione Europea di regolamentare attraverso i Paesi membri la circolazione e l’uso degli Ogm in Europa. Una visione del ‘libero mercato’ rappresentata, nelle Assemblee, più numerosamente di quella del libero accesso alle sementi, naturalmente. D’altronde, non definire con chiarezza l’ ‘uso’ degli Ogm scontenta chi, come gli ambientalisti, punta sulla ipotetica, discussa salubrità di questi prodotti per vietarne l’accesso all’alimentazione umana. E così la Commissione sembra sola contro tutti, con il Commissario europeo alla salute Vytenis Andriukaitis che ripete che “Stati membri e eurodeputati stanno facendo un grosso errore, non ci sono altre alternative percorribili”, e che “non c’è un piano B”. Un arroccamento che sembra fatto apposta per favorire la maggioranza, costituita da popolari, socialisti e conservatori, che intende respingere la proposta senza modificarla: prima in Commissione Ambiente, voto previsto il 12 ottobre, e poi in quello dell’Assemblea plenaria.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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