Il problema Berlusconi
Berlusconi è come una vecchia auto da corsa, che ha conosciuto momenti gloriosi e bene o male continua a correre e qua e là magari a vincere qualche gara locale, ma perde per strada pezzi importanti: milioni di elettori su scala nazionale ed esponenti un tempo annoverati tra i fedelissimi. Cominciarono Casini e Fini, poi vennero Alfano, Schifani e il resto, Fitto, Bondi, ora Verdini. E con loro gruppi non indifferenti di parlamentari, che assottigliano la pattuglia dei forzisti nelle due camere e in alcuni casi vanno a rafforzare la parte avversa. Le motivazioni e le prospettive sono diverse: Alfano e gli altri tendevano a salvaguardare il governo del Paese evitando l’incognita di un’avventura elettorale a breve termine. Fitto protestava per l’avvicinamento a Salvini e per ragioni di potere all’interno del partito. Verdini perché non approva la linea scelta da Berlusconi di far saltare il tavolo delle riforme, riforme che sono in gran parte quelle da sempre preconizzate da Forza Italia e concordate con Renzi.
Ma qualcosa accomuna questi divorzi, sempre traumatici: l’insofferenza per la pervicacia di Berlusconi nel tenere stretto un potere centralizzato nel partito e i suoi enormi errori politici, che queste colonne hanno via via segnalati, dovuti tutti a una manifesta erraticità di comportamenti. Nel giro di pochi anni Berlusconi ha sostenuto e poi aggredito il Governo Monti, poi quello Letta, ha contribuito alla rielezione di Napolitano e poi ne ha auspicato l’impeachment, ha concluso col PD un patto che gli permetteva di rientrare in gioco sul tema chiave delle riforme istituzionali e poi lo ha fatto saltare, rendendo sé stesso e FI quasi irrilevanti in quel settore, checché sproloquino i vari Brunetta e Gasparri, logori pupazzi di un invecchiato ventriloquo, specie ora se i senatori verdiniani andranno a rafforzare la maggioranza nei voti sulle riforme. E tutto questo, sempre, per ripicche personali, per dispetti intesi contro l’avversario, ma in realtà rivoltisi contro sé stesso, la propria forza politica e, beninteso, il Paese, che avrebbe avuto e continua ad avere bisogno, a destra, di gente affidabile e coerente.
In sostanza, esiste ormai manifestamente un “problema Berlusconi”, che inquina le acque in un’area politica potenzialmente vasta e le impedisce di coagularsi in una forza solidale e quindi influente e magari decisiva: polo di quell’alternanza centro-destra/centro-sinistra sulla quale si regge la vita democratica dei maggiori paesi occidentali. Non è, però, un problema agevole da risolvere, al di là della stessa volontà dell’ex-Cavaliere. Questi si trova nella sgradevole situazione di far danno ai moderati sia se resta sia se se ne va: sua è la colpa principale per la perdita massiccia di consensi, ma suo anche il merito per quei consensi che ancora restano. Eppure prima o poi dovrà decidersi, se non altro per ragioni anagrafiche.
Al di là di questo conflitto, ne esiste un altro che, in verità, investe non solo Berlusconi ma l’intera destra, ed è di natura politica: non è facile essere stretti nella morsa dell’estremismo salviniano. Al di là di accordi elettorali utili, ma di valore locale e contingente, chiunque voglia dare ai moderati italiani una prospettiva strategica, deve avere il coraggio di voltare le spalle alle false ricette estremiste e definirsi con una propria proposta chiara e ragionevole sulle grandi questioni in gioco: la maniera di stare in Europa e di contribuire a trasformarla in meglio, la permanenza nell’euro, l’immigrazione, la sicurezza, il degrado di alcune città e come sostenere la ripresa economica e dell’occupazione senza riaggravare il debito pubblico. Capisco l’inclinazione a inseguire i miraggi di quella parte della destra che si riconosce nella Lega salviniana, ma non è questo che serve a quella grande area di moderati, persone ragionevoli che formano una buona fetta dell’elettorato e che chiedono politiche razionali, equilibrate e veramente liberali.
Ora, meno che mai serve quella vena di populismo che vedo affiorare non solo, com’è tradizionale e inevitabile, nella sinistra estrema e nel grillismo o nel salvinismo, ma anche, a momenti, nel contorto e spesso mutevole discorso berlusconiano. Siamo chiari: a che serve sparare a zero contro la Merkel e i “ragionieri di Bruxelles”, come se i conti in ordine non fossero una ricetta universale di benessere e persino di sopravvivenza? O spargere lacrime sui “poveri greci vittime degli usurai”, come se non fossero essi stessi i colpevoli dei loro mali, per avere per buoni vent’anni assecondato la sfrenata tendenza dei loro governi a vivere al di sopra dei propri mezzi? Il centro-destra deve essere chiaro su un punto: in materia di finanza pubblica non sono permesse le fughe nell’utopia. Chi pensa di prescindere da una sana amministrazione che equilibri entrate ed uscite, alimenta la pericolosa ricetta del debito permanente e crescente e, alla fine,insostenibile. E chi sogna il ritorno alla lira, auspica in realtà il ritorno a quella finanza allegra e le svalutazioni a catena, che impoveriscono tutti e non risolvono, anzi aggravano, alcuni difetti strutturali del nostro sistema produttivo. Se vogliamo un’economia davvero prospera, su scala mondiale, europea e nazionale, dobbiamo applicare quelle regole di serietà che applicano quei Paesi spesso giudicati egoisti e gretti, ma in realtà virtuosi: quei Paesi – potrei farne la lista e garantisco che li conosco abbastanza da vicino – in cui la gente vive in realtà una vita degna e civile.
Nella sinistra radicale riaffiora spesso la tentazione populista. Nella destra estrema spuntano ricette grottesche e alla fine egualmente populiste. Di Grillo nemmeno vale la pena parlare.
Chi vuole tornare ad aggregare in forma permanente ed autorevole una forza moderata e liberale che, profittando anche delle possibilità offerte dalla nuova legge elettorale, possa essere alternativa al PD, ha l’obbligo di definirsi in modo chiaro e ragionevole su questi punti. Penso che questo dovere incomba specialmente ai Popolari, se vogliono essere il coagulante di questa forza: una forza che forse dovrà aspettare l’inevitabile superamento di Berlusconi e poi, con una nuova leadership scelta in forma democratica e su basi ampie, e con un programma chiaro e da tutti condiviso, potrà riunire tutti gli spezzoni del centro-destra che per ora procedono in ordine sparso e conquistarsi anche buona parte del puro centro.
3 Comments
Quasi tutto sottoscrivibile ma inopportuno e intempestivo all’indomani dell’uscita dal partito di un personaggio assolutamente impresentabile come Verdini il quale usa la politica per interessi esclusivamente personali
La realtà , un articolo che oggi dovrebbe essere letto da più persone, specialmente da chi si fa attrarre dai populismi grillini
Ringrazio i due lettori per i loro cortesi commenti. Quanto a Verdini, sono assolutamente d’accordo, é impresentabile (e mi chiedo perché gli si sia dato tanto spazio per tanto tempo: questo signore é stato coordinatore di FI per volontá di Berlusconi;era presentabile allora?)ma non credo che la sua impresentabilitá giustifichi i difetti di Berlusconi (un campione anche lui, direi, in materia di interessi personali). Né capisco comunque perché la rottura verdiniana,quali ne siano le motivazioni (sicuramente doscutibili)renda meno opportuno e tempestivo un problema ormai centrale nella nostra vita politica come quello di Berlusconi, che oggi é l’ostacolo maggiore al riformarsi di una vera e grande forza di centro-destra della quale, a mio avviso, l’Italia ha assoluto bisogno.