Nobile, Italia
Umberto Nobile è stato tra i più importanti inventori e progettisti del XX secolo. Le sue invenzioni e testi scientifici hanno dato un grandissimo contributo alla ricerca scientifica, ma dai più è ricordato per la drammatica tragedia del dirigibile “Italia” che tra il maggio e luglio del 1928 ha tenuto in apprensione milione di italiani, per la sorte di Nobile e del suo equipaggio sui ghiacci del Circolo polare artico.
Da civile aveva progettato nel 1918 il primo paracadute italiano e nel 1922 promosse con l’ingegner Gianni Caproni, la costruzione in Italia del primo aeroplano metallico. Il 10 aprile 1926 il Norge lascia l’aeroporto di Ciampino e dopo aver fatto scalo alla Baia del Re (Isole Svalbard), nella notte tra l’11 e il 12 maggio sorvola il Polo Nord; il viaggio si conclude due giorni dopo con l’approdo senza scalo a Telier in Alaska. La trasvolata di Nobile dimostra l’inesistenza della terra di Gillis e l’assenza di terra ferma all’interno del circolo polare artico.
Al rientro in Italia Nobile è promosso Generale e dà vita ad una nuova spedizione con equipaggio e mezzi interamente italiani. Nasce così il dirigibile “Italia”, che Nobile costruisce con finanziamenti privati poiché il governo fascista indirizza i fondi nella costruzione di aerei da guerra e idrovolanti. L’obiettivo di Nobile questa volta è viaggiare su rotte inesplorate e cercare di atterrare sui ghiacci del Polo al fine di effettuare rilevazioni sul posto.
Il 15 aprile 1928 il dirigibile Italia parte dall’aerodromo milanese di Baggio e con un volo di circa 6000 km, facendo tappa a Stolp (Pomerania) e Vadsö (Norvegia), giunge nella Baia del Re il 6 maggio. Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l’Italia si alza in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunge il Polo Nord all’1.30 del 24 maggio. I forti venti (che portarono ad una bufera nelle ore successive) rendono impossibile la discesa sui ghiacci. Nobile ordina la via del ritorno e alle 10.30 del 24 maggio l’Italia perde improvvisamente quota fino a schiantarsi sul pack del Mar Glaciale Artico per cause tuttora sconosciute, a quasi 100 km dalle isole Svalbard.
Sul ghiaccio cade la cabina di pilotaggio con all’interno dieci uomini, (tra questi Nobile ferito ad una gamba) e generi vari tra cui una tenda da campo che viene tinta di rosso con l’anilina (la mitica “Tenda rossa”), e una radio (Ondina 33) che sarà l’unica ancora di salvezza per Nobile e i suoi compagni. Del resto dell’involucro del dirigibile con a bordo sei persone a tutt’oggi non se ne sa nulla. Molto probabilmente si è inabissato nelle acque del Mare di Barents.
Per giorni i deboli SOS mandati dal radiotelegrafista Biagi non sono captati dalla nave appoggio “Città di Milano”, fino a quando il 4 giugno un giovane radioamatore russo nella città di Arcangelo riceve l’SOS riaccendendo le speranze dei superstiti (che ascoltano le trasmissioni italiane) e del governo italiano. Prende dunque il via una gigantesca operazione di soccorso che coinvolge uomini e mezzi di molte nazioni e che costerà la vita a diversi soccorritori tra cui lo stesso Amundsen, storico rivale di Nobile.
Il 19 giugno il Tenente Colonnello Umberto Maddalena, a bordo di un idrovolante SM55, riesce a localizzare la “tenda rossa” ma senza poter atterrare. Il 24 giugno l’aviere svedese Einar Lundborg riesce ad atterrare con il suo Fokker nei pressi della “tenda rossa”. Nobile avrebbe voluto che fosse portato via per primo il capo meccanico Natale Cecioni, anche lui ferito seriamente ad una gamba. Lundborg è irremovibile adducendo ordini superiori che gli imponevano di prelevare per primo Umberto Nobile che avrebbe così potuto meglio coordinare le operazioni di soccorso. Dopo aver portato in salvo Nobile e la cagnetta Titina, Lundborg torna indietro ma nell’atterraggio il suo aereo si ribalta e il pilota svedese resta anch’egli prigioniero dei ghiacci; verrà poi salvato da una successiva spedizione.
Gli svedesi non organizzano altri voli e tutte le speranze sono affidate al rompighiaccio russo “Krassin”, che prima trae in salvo gli ufficiali Mariano e Zappi, fuoriusciti dalla tenda insieme al meteorologo svedese Malmgren (morto durante il tragitto) alla ricerca di soccorsi a piedi, e raggiunge la “tenda rossa” il 12 luglio dopo quarantotto giorni di sopravvivenza sui ghiacci.
Al ritorno in Italia una commissione di inchiesta condanna Nobile per aver abbandonato per primo la “tenda rossa”. Per protesta nel 1929 il “Generale” lascia l’Aeronautica e presta le sue conoscenze nell’Urss, Stati Uniti e Spagna. Nel 1945 Nobile torna in Italia ed è eletto come indipendente all’interno dell’Assemblea Costituente. Una nuova commissione militare scagiona Nobile e gli restituisce il grado e il prestigio che merita. Chiude la parentesi politica nel 1948 per dedicarsi solo all’insegnamento di aerodinamica presso l’Università di Napoli.
Per il resto dei suoi giorni sarà comunque costretto a difendersi dalla accuse di coloro che giudicarono egoistico il suo comportamento nei tragici momenti della “tenda rossa”. Scrive vari libri in cui racconta la sua versione dei fatti ma non bastano a convincere l’intera opinione pubblica ed anche una certa parte di specialisti e militari.
Umberto Nobile muore a Roma il 30 luglio 1978. Solo molto anni dopo si arriverà ad una opinione condivisa circa la buona fede di Nobile, valoroso e audace aeronauta ed esploratore italiano.