Oggi a me, domani a te
E’ la dantesca legge del contrappasso, quasi una compensazione da giustizia divina, quella che condanna il premier britannico Cameron e il presidente francese Hollande ad invocare aiuto e condivisione di tutta l’Unione sul tema della migrazione selvaggia dal Mediterraneo.
Sino al giugno scorso, le cronache sui continui tentativi di sbarco a Lampedusa riportavano i secchi dinieghi, di marca “albionica” e transalpina, alle richieste di sostegno pervenute a Bruxelles dall’Italia, paese in prima linea nella drammatica gestione dei flussi; chiusure, peraltro, accompagnate dal tipico atteggiamento di chi, sentendosi ancora al riparo da certe situazioni grazie alla distanza geografica, si limita a passare la patata bollente, raccogliendo i profughi in mare solo per scaricarli nei già congestionati centri d’accoglienza nostrani. Ebbene, oggi anche i partner anglo-francesi hanno finalmente capito che l’obiettivo dei migranti sono i paesi ricchi del Nord Europa. Consci d’essere – loro malgrado – destinazioni finali, si vedono dunque costretti a classificare il fenomeno come un urgente problema comunitario che necessita di soluzioni partecipate.
E’ con una malcelata punta di soddisfazione che governo Renzi e – diciamocela tutta – buona parte dell’opinione pubblica italiana assistono, per via mediatica, ai ripetuti raid diurni e notturni da parte di folti gruppi di migranti, in migliaia, e da parecchi giorni, assiepati in precari bivacchi nell’area di Calais, davanti al canale della Manica, nel tentativo di raggiungere la Gran Bretagna attraverso l’Eurotunnel.
Com’è comprensibile, il nostro paese, da molti profughi considerato solo una tappa d’arrivo e transito, rifugge dall’idea, cara al settentrione d’Europa, di fungere da unico e sacrificabile baluardo periferico a protezione del regno. Per nostra parziale fortuna, gli avvenimenti tendono a spostarsi verso nuovi lidi e, dopo i fatti di Ventimiglia, coinvolgono altri territori.
Mentre la Gendarmeria francese presidia, sul proprio versante, l’accesso alla galleria e cerca di contenere i continui assalti di desperados, improvvisi e intensi come le cariche di hooligan allo stadio, dall’altra sponda Londra rafforza le misure di sicurezza tramite aumento di guardie, intensificazione di video-sorveglianza, impiego d’unità cinofile e allestimento di barriere e filo spinato, senza mancare di rivolgere aspre critiche sull’insufficiente vigilanza dei colleghi d’oltremanica.
David Cameron prende amaramente atto che nessun paese europeo è immune dal problema e, pur da una posizione di rigida intransigenza, confermata dalle discutibili strategie di contrasto adottate, da cui traspaiono – se non si fosse capito bene – una visione conservatrice che guarda unicamente ai propri interessi e una volontà isolazionista in scarsa sintonia con gli aspetti umanitari del problema, riconosce quanto la soluzione non possa che provenire da uno sforzo congiunto di tutti i membri dell’Unione.
Riconsidererà il suo giudizio sull’italica proposta di stabilire quote di ripartizione dei profughi tra i vari membri UE? Personalmente, non lo crediamo. Riteneniamo, invece, che ribalterà la questione da un altro punto di vista e punterà a spalmare le responsabilità sugli altri partner europei, a cominciare proprio dallo stivale, primo anello debole della catena, non tanto per debellare l’emergenza umanitaria, quanto per mantenere debitamente al di fuori di essa il Regno Unito. A conferma di questa linea politica, giunge fresca la notizia di nuove misure che consentono e, al tempo, impongono ai proprietari di case affittate a soggetti privi di regolare permesso di soggiorno l’avvio d’immediate procedure di sfratto, anche senza sentenza dei giudici; in caso d’omissione, si rischia il carcere fino a cinque anni. Il provvedimento, che sarà incluso nella prossima legge sull’immigrazione, non è certo indice di disponibilità all’integrazione e denota la grave preoccupazione dell’attuale premiership.
D’altro canto, tenuto conto delle recenti risposte forniteci in materia dai succitati leader europei, ci sentiamo di commentare con il romanesco motto: “a chi tocca, non s’ingrugna”.