Porci con le ali (Film, 1977)
Paolo Pietrangeli (Roma, 1945), figlio del grande Antonio, più noto come cantautore di protesta che come regista, realizza alcune opere interessanti – spesso vere e proprie docufiction genere a lui congeniale – come Bianco e nero (1975), Porci con le ali (1977), I giorni cantati (1979) con Francesco Guccini, L’addio a Enrico Berlinguer (1984), Un altro mondo è possibile (2001), Genova. Per noi (2001), Ignazio (2006). Fa parte del Nuovo Canzoniere Italiano e molte sue canzoni diventano leitmotiv delle proteste studentesche. Valle Giulia e Contessa sono i titoli più gettonati, entrambi ispirati al clima di contestazione dei primi anni Settanta che compenetra anche il cinema di Pietrangeli.
La sua attività prende strade diverse da quelle tracciate dal padre, con il quale collabora come attore sul set di due piccoli capolavori: Adua e Io la conoscevo bene. Aiuto regista di Bolognini, Visconti, Fellini e Morissey, si dedica soprattutto al cinema politico di chiara impronta progressista e antifascista. Regista televisivo di programmi popolari, da Maurizio Costanzo Show ad Amici (chi l’avrebbe mai detto?). La sua idea politica non subisce sensibili cambiamenti nel tempo, da Rifondzione Comunista a Sinistra Ecologia e Libertà, mentre il suo cinema migliore è documentario, dal debutto con Bianco e nero, alle giornate del G8 con la morte di Carlo Giuliani, narrate in Genova. Per noi. Meno bene il cinema a soggetto, soprattutto Porci con le ali, liberamente ispirato al romanzo scandalo di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice, completamente stravolto da una sceneggiatura troppo politicizzata e tendente al colore cupo.
Porci con le ali viene sequestrato, accusato di oscenità, quindi rimesso in circolazione, ma non ottiene identico successo del romanzo, soprattutto non è bene accolto dai giovani che non si riconoscono nei personaggi. Gli autori del romanzo criticano il film, ritenendolo lontano dalle loro intenzioni letterarie, con troppe aggiunte ideologiche e molte parti – soprattutto cantate – che non esistevano nella stesura narrativa. Pietrangeli si prende tutte le responsabilità di una sceneggiatura piuttosto disarticolata, zeppa di buchi narrativi, lenta e poco coinvolgente. Il romanzo rivendicava il diritto a non prendersi sul serio da parte di due adolescenti, metteva in primo piano la necessità di leggerezza, nonostante il periodo caratterizzato da pesantezza politica. Il film tradisce questa impostazione perché sia Rocco che Antonia (pseudonimi usati per scrivere il finto diario) vivono una relazione complessa, influenzata dalle idee politiche, all’interno di collettivi, radio private e suggestioni extraparlamentari. Il tono della pellicola è cupo, quasi angosciato, tutto il contrario di un romanzo gioiosamente erotico.
Porci con le ali esce con il divieto ai minori di anni 18, privato persino del suo pubblico di riferimento, si ricorda per alcune sequenze ai limiti del porno e diventa un cult perché film fantasma, a parte alcune apparizioni sulle televisioni libere nei primi anni Ottanta. Invecchiato malissimo. Gli attori sono modesti: Cristiana Mancinelli – figlia di Elsa Martinelli – non è il massimo, si ricorda solo per la conturbante bellezza, Franco Bianchi riesce benissimo a interpretare un adolescente imbranato perché è impacciato oltre misura, soprattutto nelle scene erotiche. Il solo vero attore è Lou Castel che viene doppiato con una voce molto simile a quella di Pier Paolo Pasolini mentre la sceneggiatura prevede che faccia affermazioni che sembrano uscite da un libro del grande scrittore friulano. A un certo punto si cita persino il sogno di una cosa, marxista chiaro, ma anche titolo di un romanzo pasoliniano.
Poco da salvare. Il contrasto genitori figli, con Beniamino Placido che interpreta il padre logorroico finto progressista – un comunista borghese, berlingueriano – e una madre che non vuole ascoltare la figlia. Il clima del periodo storico, riprodotto abbastanza fedelmente, con tecnica quasi da documentario. Gli slogan: “Tremate! Tremate! Le streghe son tornate!”, “Pagherete caro! Pagherete tutto!”, “E ora! E ora! potere a chi lavora!”. Il mix tra politica e sesso è sbilanciato in favore della prima – a differenza del libro – e non basta il personaggio di Rocco a riequilibrare una sceneggiatura troppo ideologica. Inoltre la trovata schizofrenica della voce registrata con cui dialoga il ragazzo non è paragonabile al perfetto meccanismo letterario del diario. L’omosessualità è affrontata senza ironie e in modo abbastanza serio, con impostazione moderna e senza preconcetti di sorta. Le crisi adolescenziali sono credibili e le parti migliori vedono i ragazzi disinteressarsi di politica e dedicarsi a sesso e masturbazione.
Pietrangeli usa la macchina da presa in maniera avvolgente, fa ricorso allo zoom e al primo piano, persino al piano sequenza. Film molto teatrale, ben fotografato da Di Palma e montato con perizia da Mastroianni. Bene la colonna sonora di Giovanna Marini, in sintonia con il tono politico dell’opera. Un film irrisolto. Indimenticabile soltanto la canzoncina finale, intonata sulle note di Pensiero dei Pooh, mentre Antonia si concede al professore: Viva Mao Tse Tung e il suo pensiero/ Lenin col Partito fu sincero/ Stalin col Partito fu severo/ Trockij un giorno si vendette allo straniero/ ma il piccone su di lui non fu leggero. Da rivedere solo per motivi storici.
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Regia: Paolo Pietrangeli. Soggetto: Marco Lombardo Radice, Lidia Ravera. Sceneggiatura: Giuseppe Miliani, Paolo Pietrangeli. Fotografia: Dario Di Palma. Montaggio: Ruggero Mastroianni. Musiche: Giovanna Marini. Case di Produzione: Ediscope, Uschi. Distribuzione. Titanus. Genere: Drammatico. Interpreti: Franco Bianchi (Rocco), Cristiana Mancinelli (Antonia), Lou Castel (Marcello), Benedetta Fantoli, Susanna Javicoli, Marco Lucantoni, Anna Nogara, Beniamino Placido.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]