Cronache dai Palazzi

Al rientro dalle vacanze l’esecutivo Renzi dovrà iniziare a preparare le carte da presentare all’Ue in vista della legge di Stabilità 2016, con l’obiettivo di ottenere margini di flessibilità abbastanza  ampi da consentire la copertura delle spese ed eventuali tagli delle tasse, come il taglio dell’Irap per il settore agricolo, su cui sta lavorando il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, d’intesa con Palazzo Chigi. Tale disposizione dovrebbe essere inserita già nella prossima legge di Stabilità – che dovrà essere presentata entro il 15 ottobre –  ed essere quindi applicata già nel 2016. L’eliminazione della tassa sulle attività produttive interesserebbe tutte le imprese agricole e le entrate mancanti – l’Irap è una imposta federalista che entra nelle casse delle Regioni le quali la usano per finanziare il sistema sanitario – verrebbero compensate con risorse individuate dal ministero. È prevista in primo luogo una razionalizzazione dei costi e una diversa modulazione dell’Iva speciale per le grandi aziende del settore primario, allineando così il modello italiano a quello di altri Paesi europei.

Nel settore agricolo il gettito annuale dell’Irap è pari a circa 200 milioni di euro e grava su circa 250 mila imprese, per lo più di piccole dimensioni. In  sostanza l’idea del governo è agevolare gli imprenditori agricoli, tutelandone il reddito, che non hanno ottenuto grandi benefici dall’abbattimento del costo del lavoro sui contratti a tempo indeterminato, anche perché il settore utilizza in gran parte contratti stagionali. Il provvedimento dovrebbe inoltre sommarsi all’eliminazione annunciata dal premier dell’Imu agricola dal 2016, determinando così un taglio complessivo delle tasse nel settore agricolo superiore ai 500 milioni di euro già dal prossimo gennaio. Dal primo settembre sarà invece operativa la “Rete del lavoro agricolo di qualità”, che, come assicurato dal ministro Martina, “consente alle imprese di certificare la regolarità e la qualità del proprio lavoro e di farlo diventare uno strumento anche verso i consumatori con un logo identificativo sui prodotti”.

Il varo e l’attuazione delle riforme rimangono comunque i paletti più rigidi fissati dall’Unione europea, che impone il rispetto delle regole anche all’Italia. La legge costituzionale di riforma del Senato è di certo il progetto di riforma più controverso ma, nonostante le pressioni contrastanti di minoranza dem ed opposizioni, Renzi è convinto che alla fine, sia in casa propria sia in casa azzurra, prevarrà la logica del compromesso. Riassumendo, per Palazzo Chigi i punti della riforma che hanno già ricevuto una doppia votazione conforme, come per quanto riguarda l’articolo 2 sul sistema di elezione del nuovo Senato, sono intoccabili. L’elettività diretta a Palazzo Madama sembra quindi essere un obiettivo molto improbabile, e l’introduzione del listino alle Regionali è per ora l’unica proposta di mediazione. Per di più “anche se fosse eletto direttamente, le funzioni assegnate al Senato non sono in grado di caratterizzarlo come un organo di equilibrio”, afferma l’ex presidente della Camera Luciano Violante in un’intervista al Corriere della Sera. Violante sottolinea inoltre che “bisognerebbe potenziare le funzioni di Palazzo Madama, soprattutto per le libertà civili e per le materie di confine tra Stato e Regioni”. Tutto ciò affinché il Senato sia “istituzione di equilibrio rispetto ad una Camera che con l’Italicum rischia di diventare un’appendice di Palazzo Chigi”. A proposito di nuova legge elettorale, Violante non esclude infine un possibile intervento della Corte costituzionale che potrebbe pronunciarsi sull’Italicum dichiarandone l’eventuale incostituzionalità, anche se solo riguardo ad alcune parti.

In definitiva legge di Stabilità, con la tanto annunciata fase uno della “rivoluzione fiscale” (un piano da 35 miliardi di euro) sull’Imu e la Tasi, e riforme istituzionali dovrebbero essere le priorità dell’esecutivo Renzi nei prossimi mesi. A proposito di “rivoluzione fiscale” è però ancora al palo la prevista riforma sulla tassazione locale (la cosiddetta local tax) e, fatta eccezione per la delega fiscale, mancano ancora sei decreti legislativi. Il catasto attende ancora una complessa rivisitazione mentre i cinque decreti attuativi già approvati riguardano il 730 precompilato, la tassazione sui tabacchi e le commissioni censuarie, quello sulla certezza del diritto e sulla fatturazione elettronica licenziati dal Cdm lo scorso 31 luglio. Questi cinque decreti prevedono per di più 42 provvedimenti attuativi e alcuni mancano ancora all’appello.

In materia di lavoro le cose non sono affatto più semplici. Il percorso iniziato a marzo con il primo decreto legislativo che istituiva il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti non è ancora finito. Entro il 15 settembre dovrebbero avere il via libera gli ultimi quattro decreti legislativi del Jobs act. Deve essere ancora completato l’iter per il decreto sulle politiche attive, che istituisce l’Agenzia nazionale e il contratto di ricollocazione per i disoccupati; deve essere ancora approvato il riordino degli ammortizzatori sociali in costanza di lavoro (la cassa integrazione), e il decreto sulle semplificazioni che include la revisione della disciplina sul controllo a distanza tanto contestata dai sindacati. “L’ideale sarebbe stato lasciare alla contrattazione questa materia”, dichiara Gigi Pettini dalla segreteria Cisl, mentre Loy della Uil prefigura delle possibili complicazioni: “Il combinato disposto delle norme sui controlli con quelle sui licenziamenti apre la strada a strumentalizzazioni da parte dei datori di lavoro”. Il segretario Cgil Nino Baseotto annuncia invece una battaglia “contro un trattamento ingiusto”.

Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro a Palazzo Madama esprime infine una posizione diversa: “Sarebbe ora di superare le diffidenze rispetto all’uso delle telecamere. E le tecnologie dovrebbero preoccuparci soltanto per il consumo di lavoro che producono”. Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, sottolinea invece “l’intesa con il ministero del Lavoro” riguardo al decreto legislativo sulle “semplificazioni” che sarà emanato in tempi brevi (27-28 agosto o 4 settembre, o comunque entro il 15 settembre) e che modifica l’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori nel punto in cui si vieta l’uso di apparecchiature per controllare a distanza i dipendenti. “Non vorremmo che, come accaduto in altri casi, questa intesa fosse ignorata dal consiglio dei ministri”, ha ammonito Damiano. Per ora il testo steso dall’esecutivo Renzi permette al datore di lavoro di installare delle telecamere e di mettere in campo dei controlli sui presidi informatici (pc, tablet, cellulari, gps) anche senza un accordo con il sindacato. Ma, in pratica, questa parte potrebbe essere rivista conservando la normativa dello Statuto dei lavoratori.

Infine deve ancora essere sottoposto al parere parlamentare il decreto sull’unificazione dei controlli ispettivi di Inps, Inail e ministero del Lavoro. Alcuni decreti già approvati devono inoltre ancora essere messi a punto, in particolare otto provvedimenti in attuazione del riordino di contratti e mansioni, due per l’istituzione della nuova Naspi e uno per la conciliazione tempi di lavoro.

Altro cantiere determinante è quello della giustizia, in particolare la giustizia civile alla quale il Def (documento di economia e finanza) assegna un impatto rilevante sul Pil, lo 0,1% nel 2020 e lo 0,9% nel lungo periodo. Puntando a processi civili più veloci, già dalla scorsa estate sono scattate procedure più snelle come gli arbitrati e la negoziazione assistita, ed è stato avviato il processo civile telematico. Una commissione guidata dal magistrato Giuseppe Maria Berruti è tuttora incaricata per portare a termine i lavori del cantiere giustizia e la legge delega è ancora nelle mani del Parlamento. In bilico invece il provvedimento sulla prescrizione, stralciato e ancora in discussione, e il Codice degli appalti, per il quale il governo dovrà mettere in atto la delega per poter intervenire sulle procedure di affidamento – riducendo nel contempo le stazioni appaltanti – e sul coordinamento con l’Anticorruzione.

Quello che sembra un passaggio ormai obbligato potrebbe infine essere sottoposto a rivisitazione prefigurando altri accordi. Si tratta della nuova legge elettorale – approvata a maggio come da cronoprogramma – la quale assegna un premio alla lista che si aggiudica almeno il 40% al primo turno o che vince al ballottaggio; che istituisce 100 collegi plurinominali con capilista bloccati, in cui ogni partito presenterà listini di 4-5 nominativi. In particolare le cose potrebbero complicarsi se i forzisti insistessero su un eventuale scambio: il loro appoggio alla legge di riforma del Senato in cambio di una revisione dell’Italicum. In pratica le riforme istituzionali, ad un passo dall’arrivo, potrebbero subire un time out causato dall’incertezza della maggioranza e in vista di un nuovo patto politico all’orizzonte.

©Futuro Europa®

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