Caso Casamonica, la cortina di fumo
A chi ha avuto occasione di leggere la mia nota di domenica scorsa sui funerali di un boss, confesso che aspettavo con impazienza e speranza che dalla riunione del Comitato per la Sicurezza venissero risposte chiare sulle responsabilità di quello che è accaduto, e provvedimenti rigorosi verso chi ha sbagliato. Ma la montagna, per ora, ha partorito un topolino non so se più ridicolo o irritante. L’ineffabile prefetto Gabrielli, quello che aveva definito il fatto “stigmatizzabile” (ve lo ricordate?) adesso ha indurito il linguaggio e ha fatto spreco di aggettivi spregiativi. E ha ammesso che “il sistema non ha funzionato”. Ma non ha fatto un solo nome, non ha fornito un solo dato, per chiarire con precisione la vicenda: solo una cortina di fumo. La tesi è che “c’è stato errore o difetto nelle comunicazioni interne”. Errore nelle comunicazioni? Ma stiamo scherzando? Però l’ineffabile funzionario ci ha rassicurati: ora il sistema di informazioni e raccordo verrà cambiato, perché cose del genere non si ripetano. Perché non si è pensato a metterlo a punto prima?
Certo, se un fatto del genere si ripetesse sarebbe imperdonabile, ma è già grave – e grida vendetta – che sia avvenuto. Non sopporto quel vizio universale di chiudere sempre la stalla quando i buoi sono già scappati. E torno a ripetere che non basta ammettere che c’è stato incolpevole cortocircuito comunicazionale: vogliamo dati, nomi, vogliamo sapere con precisione chi ha comunicato cosa a chi, chi non ha inoltrato a chi di dovere l’informazione ricevuta, chi, pur essendone in possesso, ha sottovalutato la situazione, o è stato complice benevolo, e insomma chi non ha agito a tempo e come sarebbe stato doveroso per impedire un sconcio che ha sporcato l’immagine di Roma in tutto il mondo. Ci è stato spiegato che il Comitato per la Sicurezza non aveva poteri disciplinari (e il Prefetto?), e che essi spettano casomai al Ministro dell’Interno. Bel modo di lavarsi le mani di una pratica scomoda. L’ultima speranza è ora che il Ministro Alfano prenda i provvedimenti che gli competono. E li reclami o, a difetto, li prenda il Presidente del Consiglio. Loro hanno l’autorità per farlo. Se anche loro fossero latitanti, bisognerebbe dare ragione a Grillo e a quanti accusano le nostre istituzioni di incapacità e inefficienza.
Che dire della figuraccia che sta facendo il Comune? Dove né il Sindaco né l’assessore responsabile si sono degnati di interrompere le loro vacanze per occuparsi in prima persona di una vicenda così scandalosa? L’assessore si è particolarmente distinto con una insopportabile dichiarazione: “Non avrei certo interrotto le vacanze per una manifestazione cafona”. Cafona! Ma questa gente davvero non ha capito nulla? Davvero non si rende conto che la “manifestazione cafona” è stata una deliberata, calibratissima provocazione, un atto volto a dimostrare chi è davvero il padrone di Roma, chi è “il suo Re”. Perché la gente si rassegni e si rivolga a chi veramente ha il potere e i mezzi per fare e disfare a suo piacimento.
Non è che la Chiesa ne esca meglio. L’Osservatore Romano ha definito i funerali del boss con aggettivi pesanti. Meno male! Ma le parole costano poco. Ai fatti ha partecipato, in modo determinante, un parroco. Il quale ha dichiarato che “un boss è anch’egli parte della Chiesa” e che “lo rifarebbe” (poi a RAI 1 ha detto, bontà sua, che “non sapeva”, che nessuno gli aveva detto chi fossero i Casamonica!). Che sanzioni gli verranno applicate? O tutto finirà, come tante, troppe volte succede nella Chiesa, con la copertura di imbarazzati silenzi?
Insomma, il pericolo per questa indegna, rivoltante vicenda è che tutto finisca “a tarallucci e vino”. Da cittadino che ha servito per decenni lo Stato, e da romano, mi auguro fervidamente che così non sia. Che nelle ore tra la redazione di questa nota e la sua pubblicazione qualcosa accada che smentisca questa scettica previsione. Perché è necessario, ora più che mai, credere, credere con tutte le forze, che lo Stato esiste e non si nasconde dietro cortine di fumo. Se così accadrà, sono prontissimo a chiedere scusa, e a perdonare persino al “fumigatore” Gabrielli.