Coste a rischio cemento, grazie a Renzi

Più della metà delle coste italiane è occupata dal cemento. Ma l’altra metà potrebbe esserlo a breve: è questo il devastante effetto che potrebbe avere il silenzio/assenso introdotto, anche per le ‘opere’ cementizie che non sono affari privati ma incidono sul Paesaggio, con la Riforma della Pubblica Amministrazione del Governo Renzi.

In occasione della presentazione del dossier Salviamo le coste italiane,  il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini ha detto, per l’esattezza: “Se molte minacce per il paesaggio costiero si sono realizzate all’interno di un quadro normativo che prevedeva piani regionali e vincoli di edificabilità, è facile immaginare cosa potrà succedere in assenza di una riorganizzazione e di un rafforzamento degli uffici preposti alla gestione dei vincoli”. A pensar male si fa peccato, si sa, ma… A scriver male, anche: perciò qualcuno dovrà pur farlo.

Spiega, dunque, il dossier di Legambiente, che “a preoccupare particolarmente è il fatto che la cementificazione non si sia affatto fermata in questi anni, malgrado i vincoli introdotti nel 1985 con la Legge Galasso che si sono rivelati incapaci di fermare questi processi. Basti dire – continua il dossier – che dal 1985 ad oggi sono stati cancellati dal cemento qualcosa come 222 chilometri di paesaggi costieri, al ritmo di quasi 8 km all’anno”. Il risultato del pre e del dopo la Legge Galasso è che su 3902 chilometri di coste della Penisola, oltre 2194 chilometri sono stati trasformati dall’urbanizzazione. Ben il 56,2% dei paesaggi costieri del Bel Paese. Record per la Calabria, che ha perso il 65 per cento delle sue coste. Forti pressioni sul Tirreno, dove Lazio e Liguria sono già al 63 per cento, al quale si allinea anche, sull’Adriatico, l’Abruzzo.

La legge Galasso era arrivata a metà degli anni ’80 per arginare il fenomeno ormai fuori controllo della edificazione selvaggia, che nel dopoguerra aveva devastato, tra l’altro, le coste italiane. Per dovere di cronaca, e per fissare meriti e demeriti di valore ‘storico’ per l’Ambiente, va ricordato che nel 2004 la Legge era stata integrata nel Decreto Legislativo 22 gennaio, il n. 42, in materia di ‘Codice dei beni culturali e del paesaggio”. E che ciò era avvenuto ‘ai sensi dell’articolo 10 della legge n, 137. Del 6 luglio 2002’.

E così, dopo l’offerta con lo Sblocca Italia di mari e spiagge alle trivelle, altro capitolo della ‘Storia dell’Ambiente Italiano’, Renzi & CDM hanno pensato bene di non chiudere le porte, già socchiuse, neanche al cemento. Ricorda infatti Legambiente che il Codice dei beni culturali e del paesaggio prevede che per costruire nelle aree sottoposte a vincolo paesaggistico come quelle costiere è necessaria l’autorizzazione edilizia, ma anche un parere paesaggistico espresso da un soprintendente. Con la Riforma però, dopo 90 giorni di ritardo da parte della soprintendenza, i termini e le condizioni per l’acquisizione del parere decadranno e si determinerà un silenzio assenso. Che si sbrighino, i soprintendenti a dare i pareri, vivaddio! Ma siamo in Italia ed in tempi di spending review: e siamo sicuri che tutti gli uffici saranno messi nelle condizioni di operare per tempo? Il buon funzionamento delle soprintendenze, anche delle più sperdute, impegnate, piccole piccole, a studiare cataste di faldoni di pezze d’appoggio progettuali, per dare un parere onesto su qualche faraonico progetto di condominio o megaporto, sarà al primo posto nei pensieri della Madia? E… di Renzi?

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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