Una nuova epoca
Dovremmo approfondire le strategie e gli scenari aperti dalla vittoria di un nuovo centro destra che si appalesa all’orizzonte. Molte possono essere le conseguenze sulla politica economica e le decisioni da prendere nel breve termine per mostrare all’Europa e al mondo la vera forza dell’Italia. Uno scatto d’orgoglio, una sana autocritica, un barlume di responsabilità. Ma troppo è stato scritto e forse poco in profondità analizzato, che già solo proporre il nome popolare, deve necessariamente significare che si ha intenzione di passare dal narcisismo del potere al potere come servizio. Berlusconi è passato dall’essere il ladro dei sogni e il narciso incendiario al Cesare caduto sotto i colpi di un figlio ingrato. Boutade o follia il suo difendersi votando la fiducia, poco importa: il figlio non ha commesso un crimine indicibile, ma ha solo capito la posta in gioco e ha scelto di conseguenza.
È il momento di volare alto sul serio. Per farlo consiglierei, sia ad Enrico Letta che ad Angelino Alfano, la ri-lettura dell’intervista del Fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari a Papa Francesco, a partire da una frase che cambia davvero un’epoca: la corte è la lebbra del papato. Qualunque tipo di potere ha la sua corte, e non fa eccezione la politica italiana, con la sua corte e la sua lebbra. Non solo la corte può essere malata, anche il leader può esserlo. Anzi.
Papa Francesco afferma: “Dobbiamo ridare speranza ai giovani, aiutare i vecchi, aprire verso il futuro, diffondere l’amore. Dobbiamo includere gli esclusi e predicare la pace”. Il Papa parla della rivoluzione che vuole portare in Vaticano, nella Chiesa tutta. Ma a ben guardare queste parole possono applicarsi a qualunque istituzione, corporation, azienda, partito o programma politico. Il Papa umilmente riconosce di non sapere interpretare la qualità o la specificità delle sue competenze, ma scorgendo la provvidenzialità del suo ministero, si impegna a fare di tutto, con tutto sé stesso, per adempiere al mandato affidatogli. “L’egoismo è aumentato e l’amore è diminuito”: questa frase del Papa può essere tradotta in vari modi. È mancata del tutto una visione di lungo periodo, una cultura del servizio come collante capace di condurre le scelte nella direzione del bene comune, la capacità di farsi carico di decisioni che potessero indicare la strada. È mancato l’esempio: non si può “rimanere casta” e chiedere agli altri sacrifici continui. Competenza, talento, amore per il proprio lavoro, responsabilità, innovazione, sacrificio, desiderio di investire nella crescita e nel sostegno delle Persone, gestione del potere efficace e consapevole, sostenibilità e condivisione, dialettica politica che sia sempre a favore e mai contro qualcuno o qualcosa. Grande, assurda e improponibile utopia. Al centro di tutto c’è il solo profitto, il solo che possa far risorgere dalle ceneri del turbo capitalismo qualcosa che possa garantire il pagamento dei debiti. Ma tutto è finzione: anche i debiti, divenuti carta che travalica gli oceani, innesca viziosi circoli di abbondanza per pochi e lacrime e sangue per molti.
Nel leggere il pezzo di strada che il Papa e Scalfari hanno cominciato a fare insieme, non si può non lasciarsi travolgere dal desiderio di cominciare anche tutti noi questo cammino. Non vogliamo rimanere schiacciati sul presente, non vogliamo temere che le nostre vite possano non valere più nulla. Ognuno al suo posto, senza pensare di voler convincere nessuno. Ma nel rispetto dell’altro, anche nelle scelte più difficili. Non c’è azzardo in questo paragone. “La politica è la prima delle attività civili”. Il Papa spiegando la sua posizione sulla politica si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà e specifica anche che gli viene da diventare anticlericale dinanzi ad un clericale: questo è un ottimo inizio per tenere distinte le due sfere.
Se saremo capaci di metterci in ascolto, di metterci al servizio e non ad alimentare narcisismi devastanti, potremo contribuire al cambiamento di un’epoca anche nella politica e nella politica economica italiane.
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