Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur
Da poco è stato l’anniversario dell’assassinio del Generale dalla Chiesa e di sua moglie Emanuela. Parlando in una piccola comunità di questi fatti, mi sono resa conto che alcuni giovani non sanno chi era stato. Non ho avuto voglia di spiegare loro, costernata dalla loro ignoranza. Mi ha fatto un’infinita rabbia pensare a tutte le persone perbene che hanno perso la vita lottando contro la mafia ma che vengono a stento ricordate. Sembra quasi che la mafia abbia ucciso solo Falcone e Borsellino. Non so perché gli altri, molti e non meno validi, a volte sono quasi ignorati. Forse esistono martiri di serie A e B? Mi interrogo. Certo è che tutti ma proprio tutti sanno della lotta alla mafia condotta dai due giudici assassinati poi in modo così violento e drammatico; hanno fatto film e fiction, molte scuole in tutta la penisola sono intitolate a loro due e anche aeroporti e altri luoghi pubblici.
E trovo che questo sia un modo giusto per ricordarli. Invece del generale si sa meno; mi ricordo una fiction con un Giancarlo Giannini sovrastato da cappelli d’ordinanza quasi ridicoli. Ma poi? Aeroporti? Nessuno. Scuole? Nessuna. Solo caserme perche era militare, mi chiedo io.
Certo è che aveva cominciato a scoprire cose che non doveva e che avrebbero minato il nostro sistema politico; queste storie raccontate a mezza bocca sulle collusioni tra poteri dello Stato e poteri occulti si è sempre ventilata e ne sono morti a decine per questa ragione. E allora che lui si sia messo a indagare davvero non piaceva a molti. E forse tutto ciò è duro da mandare giù. «Mamma, abbi pazienza se Carlo Alberto non ti telefona con me. Sono giorni terribili, ma vedrai che ne usciremo. Carlo non è sereno, dentro è teso e preoccupato. Non gli hanno dato quello che da tanto tempo chiede a Roma hanno mancato ai patti, temporeggiano e perdono tempo. Carlo Alberto è solo, gli hanno lasciato le spalle scoperte”. Questo il testo di una delle ultime telefonate della moglie Emanuela Setti Carraro alla madre. Lo hanno lasciato solo. Io adesso non voglio certo parlare di colpe e di responsabilità; mi piacerebbe però che quest’uomo e questa donna fossero ricordati come si conviene a chi ha sacrificato la propria vita per il Paese. Addirittura a Palermo la lapide che lo ricorda è vittima di incuria più volte denunciata dalla figlia. Alla cerimonia di ricordo il 3 settembre scorso, il sindaco Orlando ha detto: “Palermo ha il dovere di ricordare Dalla Chiesa”.
Al Generale tutti noi dobbiamo molto: fu lui che nel 1974 dette la prima vera zampata alla Brigate Rosse arrestando Curcio e Franceschini, fu lui a fondare il Nucleo Antiterrorismo. Un vero servitore dello Stato si disse. Qualcuno scrisse dopo la sua morte un cartello anonimo che diceva: qui muore la speranza dei siciliani onesti.
Mi chiedo come sarebbero andate le cose se tutti questi omicidi non ci fossero stati; mi chiedo cosa sarebbe ora il Sud se le persone oneste avessero trovato appoggio dalle istituzioni e tutti insieme avessero potuto mettere all’angolo i malavitosi. Un pensiero ingenuo che si frantuma di fronte alla notizie continue di collusione, arresti, omicidi, di battaglie perdute. Non è solo la speranza dei siciliani onesti a essere morta, è la speranza di tutti gli onesti. Una razza ormai in via d’estinzione.