Papa Francesco: questione Clima è questione di Giustizia
“Quello che dobbiamo fare per difendere l’equilibrio del clima sta scritto nella Laudato si’, lo ha detto il Papa!” Ad annunciarlo e’ stato il ministro dell’Ambiente Gianluca Galletti durante i lavori del convegno ‘Giustizia ambientale e cambiamenti climatici’, organizzato presso l’Istituto Patristico Augustinianum di Roma dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile con il patrocinio del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari. L’incontro ha voluto fornire un contributo di idee in vista della Conferenza di Parigi sul Clima, prevista per il prossimo novembre.
Nella cornice dell’evento, il ministro Galetti non ha parlato delle recenti autorizzazioni del suo ministero a nuovi pozzi petroliferi in Adriatico, in palese contraddizione con i passi dell’Enciclica da lui citata, che esortano a ridurre, al contrario, le fonti fossili; né ha ritenuto opportuno in questa sede accennare alla ‘liberalizzazione’ delle trivelle che il governo di cui fa parte ha concesso ai petrolieri con il decreto Sblocca Italia. Il ministro italiano è in armonia con il contesto internazionale e non è, per esempio, in dissonanza con il Presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che si prepara ad incontrare fra pochi giorni papa Francesco anche sul tema ambientale, ma ha autorizzato analoghe trivelle in Alaska pochi giorni dopo la sua ispirata presentazione del Clean Power Act: un documento che promette la riduzione del 32 per cento delle emissioni inquinanti entro il 2030 rispetto al 2005. Obama, non meno di Galletti, si fa forza di numeri e dati positivi. Che, però, sono al ribasso: un recente studio dell’International Energy Agency – IEA, presentato dalla Fondazione durante il convegno, dimostra infatti che con gli obiettivi al 2030 fissati anche a seguito dell’accordo al ribasso Usa-Cina che precedette la conferenza di Lima del novembre 2014, le emissioni mondiali in realtà non diminuiranno ma continueranno a crescere di ben l’8 per cento tra il 2013 ed il 2030. La decisione dei due grandi ha segnato una delle tappe più significative della ‘corsa del gambero’, come la Fondazione ha definito il tentativo di quasi ogni governo di fare meno degli altri: in pieno contrasto con dichiarazioni e proclami filo ambientalistici, ovviamente.
Insomma, sulle politiche per il clima “c’e’ un deficit morale”, come ha detto il Presidente della Fondazione Edo Ronchi parlando davanti a Papa Francesco. E non e’ strano che, dopo decine di incontri falliti per egoismi e furbizie, ma col disastro ambientale e sociale alle porte, in un discorso ‘tecnico’ su economia, ambiente e clima finisca per diventare protagonista, invece, l’aspetto etico.
“La questione del Clima e’ questione di Giustizia”, ha detto chiaramente papa Francesco ricevendo i partecipanti al convegno alla fine dei lavori, chiedendosi poi se sul clima “riuscirà la nostra generazione ad essere ricordata per aver assunto un atteggiamento di responsabilità “. Giustizia, già, perché non si scherza col fatto che chi inquina provoca sofferenze e morte, aggravate dall’ulteriore fatto che ad inquinare di più sono i Paesi ricchi e a soffrirne di più sono invece quelli poveri. Fra i quali la Cina non rientra più, la situazione è profondamente cambiata, ha ricordato la Fondazione: ed oggi la Cina è una potenza economica mondiale ed il principale emettitore di gas serra, il 30 per cento delle emissioni mondiali si devono a lei. L’aumento delle emissioni mondiali nell’ultimo decennio, e lo sforamento del target dei due gradi di aumento massimo della temperatura mondiale, è dovuto proprio alla Cina ed in particolare al suo forte e crescente uso del carbone, secondo la Fondazione, e se non riduce le sue emissioni la Cina rende vani gli sforzi di tutti gli altri Paesi del mondo. Cina in testa alla ‘corsa del gambero’, dunque. Duecentocinquanta milioni secondo alcune stime, quattro volte tanti secondo altre sono i ‘profughi ambientali’, attesi non in Cina ma in Europa, se non si corregge la crescita della temperatura della Terra dal 4 a quel 2 per cento che e’ il massimo che l’ecosistema terrestre potrà sopportare. Prima di quelle partenze, storie di fame, di epidemie, di famiglie devastate dalla perdita dei promettenti, ma più deboli, bambini. Cose che il Novecento delle guerre mondiali e delle colonizzazioni economiche e finanziarie ha tollerato; ma che l’umanità del Ventunesimo secolo non può più permettersi.
E’ bello, vedere in un convegno, convinti su questi argomenti, personalità come Jeffrey Sachs, Direttore dell’Earth Institute della Columbia University o Nicholas Stern, presidente del Grantham Research Istitute, Ismail Elgizouli dell’Intergovernamental Panel on Climate Change o Maria Helena Semedo, Coordinatore Risorse Naturali della FAO. E’ bello persino che tutti i Paesi del mondo si incontrino periodicamente per parlarne, ed è bellissimo che si mettano di solito intorno al tavolo giusto poco prima di Natale. Bello davvero, certo; anche se, per la verità, come ha detto Ronchi “suona un po’ male che quella di Parigi sia, delle Conferenze sul Clima”, addirittura ” la ventunesima”. “Serve uno sforzo eccezionale, perché Parigi non può essere un fallimento”, ha detto, battagliero, Galletti. “Bisogna dare risposte al grido della Madre Terra, che oggi è fra gli esclusi del Pianeta: auspico che questo dialogo diventi autentica alleanza” ha detto, con gravità, Papa Francesco. Noi con lui.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]