I bambini sanno (Film, 2015)
Dopo il convincente Quando c’era Berlinguer (2014), Veltroni abbandona il filone delle biografie politiche – nonostante le richieste della produzione – per affrontare una nuova sfida: raccontare i sogni dei bambini. Abbiamo visto il film alla presenza del regista, durante la Festa del Pd a Piombino, e abbiamo raccolto la sua interpretazione autentica: “Ho girato questo film ponendo a un gruppo di bambini le grandi domande della vita e mi sono reso conto che i piccoli non percepiscono le differenze del mondo dei grandi. Per loro il mondo è un arcobaleno. Non si fanno problemi se un compagno di classe non ha la pelle bianca, come non è un problema la diversa religione o la preferenza sessuale. Mi interessava mettere in primo piano il punto di vista dei bambini, farli parlare, perché gli adulti li ascoltassero. I bambini hanno un pensiero, credono che ci sia soltanto una razza, quella umana, esercitano sempre la loro fantasia, pensando al futuro, al lavoro e al sesso. Credo che gli adulti dovrebbero ascoltare di più i bambini, chiedendo la loro opinione sul mondo, consentendo ai figli di essere bambini. I migliori adulti sono coloro che si portano dietro per tutta la vita il mondo fantastico dei bambini, un mondo composto di sogni”.
Fin qui le parole dell’autore. “Spero che lo vedano i nostri genitori così ci capiranno meglio”, recita in apertura la pellicola. Indubbiamente il film serve a conoscere il mondo interiore di un gruppo di bambini, rappresentativo della realtà, con tutti i limiti del cinema a tesi, che parte da un progetto costruito a tavolino.
I bambini sanno ha il pregio di limitare la presenza debordante del regista grazie a domande semplici e risposte spontanee. Veltroni divide il film in grandi temi: amore, famiglia, religione, omosessualità, lavoro, passioni; intervista un bambino geniale, parla di famiglia allargata, bambini migranti, orfani adottati; affronta la morte di un padre, la mancanza del lavoro, il mistero del divino, le fughe sui barconi, la malattia, il problema dei piccoli rom. Le rispose dei bambini sono intelligenti, argute, divertenti, ingenue, compongono un ritratto dell’infanzia – dagli 8 ai 13 anni – molto variegato.
Purtroppo quel che manca è proprio il cinema, perché una serie di domande riprese a camera fissa con un bambino in primo piano non è il massimo dello spettacolo su grande schermo. Buona televisione, ma il cinema è relegato a un prologo costruito con un montaggio di sequenze che vedono protagonisti bambini, ad alcune scene sul mondo del lavoro (un’acciaieria vuota), l’omaggio al circo di Fellini, un’inquietante soggettiva nel rifugio dei migranti, alcune sequenze marine e un ottimo finale tra bambini operatori e musica.
A nostro parere un passo indietro rispetto a Quando c’era Berlinguer – riuscito mix di reportage e cinema – ma un interessante approfondimento delle tematiche infantili. Il mondo visto dai bambini, senza finzioni e schermature, in un’operazione quasi neorealista e a tratti pasoliniana. Veltroni è un intellettuale intelligente e preparato, soprattutto onesto, sarà stato il primo a rendersi conto di aver trascurato il cinema a vantaggio dell’inchiesta. Ma forse era proprio quello che si era proposto di fare. Geniale la trovata sui titoli di coda: le foto da bambini del cast tecnico, Veltroni compreso. Tutti siamo stati bambini, in fondo.
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Regia: Walter Veltroni. Montaggio: Gabriele Gallo. Fotografia: Davide Manca. Musica: Danilo Rea. Distribuzione: Bim. Produttore Esecutivo: Olivia Sleiter, Roberto Amoroso. Produttori: Mario Gianani, Carlo Degli Esposti, Lorenzo Mieli. Produttori Esecutivi: Nils Hartmann, Sonia Rovai. Case di Produzione: Sky Cinema, Palomar. Durata: 113’. Genere: Documentario. Data di uscita in Italia: 23 aprile 2015. Prima TV: 23 settembre 2015 (SKY).
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]