Clima, l’ONU a New York prepara Parigi

Preoccupazione per la lentezza dei negoziati in vista della Conferenza sul Clima di Parigi: ad esprimerla è il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, a pochi giorni dal Summit straordinario delle Nazioni Unite sullo Sviluppo Sostenibile. In un’intervista a Radio Vaticana Ban Ki-Moon, che proprio in occasione del Summit riceverà papa Francesco in viaggio in America, ha fatto seguito alle preoccupazioni del presidente francese Hollande per un possibile fallimento dei lavori di Parigi. Fulcro ‘ufficiale’ delle preoccupazioni di Hollande e non solo, il nodo strategico del finanziamento alle nazioni emergenti: ma il quadro di interessi e resistenze che si oppongono all’adozione di interventi radicali per ridurre le emissioni inquinanti è, in realtà, ben più complesso e ramificato. Attesa particolare quindi per l’intervento che aprirà i lavori dell’Assemblea, quello di papa Francesco, ormai percepito come guida morale per un cambiamento dell’economia mondiale che non può nascere dal potente sistema dell’economia stessa così com’è strutturata ora, ma che all’economia deve essere impresso da una volontà politica coraggiosa, e a questa da una decisione di natura etica.

Dal 25 al 27 settembre dunque, più di centocinquanta leader mondiali si incontreranno a New York con il fine di adottare formalmente il futuro programma per lo sviluppo per il post-2015: l’ ‘Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030’ destinata a sostituire gli ‘Obiettivi del Millennio’. Tutti i centonovantatre Stati membri dell’ONU hanno trovato un accordo sul progetto di un documento finale, composto di diciassette nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile. Il documento è costruito su una maglia larga e su finalità generali. E’ ritenuto ‘ambizioso’ dall’ONU.

“Mentre le Nazioni Unite lavorano con i partner per rispondere alle tante emergenze nel nostro mondo, cerchiamo anche di costruire stabilità a lungo termine – ha detto il Segretario Generale dell’ONU -. E’ per questo che ci sentiamo molto onorati per il fatto che Sua Santità ci visiterà nel giorno in cui verrà adottata l’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030”. “Dopo l’adozione degli obiettivi di sviluppo sostenibile – prosegue – l’attenzione si sposterà sull’imminente conferenza sui cambiamenti climatici di dicembre a Parigi, dove tutti i governi del mondo si riuniranno per cercare di adottare un trattato nuovo, universale e significativo sul clima”. “Convengo pienamente con Papa Francesco – ha aggiunto Ban Ki-Moon – quando, nella sua recente enciclica, afferma che il cambiamento climatico, aldilà delle altre dimensioni, è una questione morale ed è una delle principali sfide che l’umanità deve affrontare”.

Il vero nodo da sciogliere, dunque,  è quello degli “impegni” che ciascun Paese è disposto a offrire. Mentre l’Europa ha già presentato proposte concrete, pochi altri Paesi hanno fatto altrettanto.  Anche nell’incontro sul Clima di Parigi, come nei venti che lo hanno preceduto, il negoziato sarà su chi dovrà investire di più. Un gruppo di Paesi emergenti, autodenominatisi ‘Like Minded Developing Countries’, ovvero ‘Nazioni in via di sviluppo che la pensano allo stesso modo’ e rappresentano metà della popolazione mondiale, ha tenuto di recente una riunione a Nuova Delhi ed i delegati dei Paesi presenti, Arabia Saudita, Argentina, Bolivia, Cuba, Cina, Ecuador, El Salvador, Malaysia, Iran, Nicaragua, Venezuela e Vietnam hanno espresso il timore che i Paesi sviluppati tentino di spostare su quelli in Sviluppo “il peso finanziario” degli impegni da prendere. Un grande numero di Paesi, quelli che si dicono ‘emergenti’, ma molto diversi fra di loro per potenza economica: fra i quali alcuni possono dirsi ‘in via di sviluppo’ solo perché hanno il Pil col segno positivo, ma non perché inferiori alle ‘economie sviluppate’, che anzi in molti casi surclassano letteralmente. Paesi come la Cina, che i dati rivelano essere il principale inquinatore del Pianeta, con ben il trenta per cento di gas serra mondiali prodotti dal non più ‘celeste’ Impero. La Cina che fu considerata ‘paese in via di sviluppo’ nel 1992, ovvero ventitre anni di impetuoso sviluppo economico orsono. Resistenze, fra i Grandi, anche dagli Usa, che con la Cina strinsero un accordo bilaterale preventivo che condizionò i lavori di Lima sul clima del novembre 2014; accordo che fissò obiettivi che secondo le previsioni aumenteranno e non diminuiranno la produzione di CO2 entro il traguardo prefissato del 2030, come dimostrano i dati del World Energy Outlook 2015 dell’International Energy Agency – IEA. A New York, e in vista di Parigi, l’ONU dovrà dunque trovare l’autorità morale per far superare a tutti la ‘sindrome del passo del gambero’, come l’ha definita l’italiana Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile: la corsa a chi resta più indietro, pensando di sfruttare i benefici della riduzione delle emissioni di gas serra realizzati da altri Paesi. Come quelli dell’Europa.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]

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