Lobby, le regole europee
Lobby è il termine inglese con cui si identifica un gruppo di persone titolari di un legittimo diritto, rappresentanti quindi un interesse materiale o immateriale, che svolgono azione di pressione presso le istituzioni designate a governare per ottenere benefici per i loro rappresentati. Al di là della corposa bibliografia e filmografia sull’argomento, l’azione svolta da questi rappresentanti è legale e legittima quando si esplicita con i normali mezzi di comunicazione, il che si intende esporre le proprie ragioni in sedi appropriate evidenziando i vantaggi che verrebbero alla comunità dall’adozione di quanto proposto dalla lobby.
Al di là del lessicale che definisce la lobby e la sua azione, appare chiaro che se, ad esempio, l’industria del tabacco evidenzia i vantaggi in termini di aumento del Pil derivante dalla vendita di sigarette, altrettanto cercherà di far passare in secondo piano i danni alla salute ed i relativi costi. Spetta poi alle istituzioni ed ai rappresentanti eletti valutare e decidere nella maniera migliore per i cittadini senza lasciarsi fuorviare. Quando, come purtroppo è capitato, l’azione di lobbying si svolge tramite l’elargizione di omaggi, benefit o altri sistemi simili, si passa ad un’attività di corruttela che cade quindi nel campo di azione della magistratura.
Con il Libro Bianco del 2001 l’Europa è passata da un sistema di government fortemente centralizzato ad una governance quanto più possibilmente condivisa, il cambio di rotta ha prodotto un Libro Verde di Iniziativa sulla Trasparenza che ho condotto, nel 2011, alla creazione di un Registro della Trasparenza dove si iscrivono i rappresentanti degli interessi (si può andare dal tabacco all’ambiente), che aderiscono in questo modo ad un preciso codice di condotta.
Alcuni limiti del Registro sono subito evidenti, la Registrazione non è obbligatoria come invece lo è negli Stati Uniti, ad ogni aumento dei poteri europei corrisponde una proporzionale crescita dei gruppi di interesse che aprono sedi e rappresentanze in tutti i luoghi deputati al processo decisionale. Su di una stima di almeno 15.000 lobbisti, gli iscritti sono solo un terzo. In mancanza dell’obbligatorietà si è cercato di invogliare l lobbisti ad iscriversi garante una serie di incentivi, come l’accesso al Parlamento Europeo. Secondo quanto ebbe a dichiarare l’allora commissario europeo in carica per gli Affari Amministrativi, gli Audit e la Lotta antifrode, l’estone Siim Kallas si era comunque cambiata la cultura, i parlamentari si sono dimostrati più restii a parlare ed incontrare membri dei gruppi di pressione non registrati.
Il sistema del Registro della Trasparenza viene gestito dal Joint Transparency Register Secretariat, un organismo composto da alcuni dei membri dei segretariati generali del Parlamento Europeo e della Commissione Europea. Tale organismo effettua controlli a campione per verificare la correttezza dei dati inseriti nel sistema, per una media di circa ottocento controlli all’anno. Gli iscritti che non aggiornano i dati richiesti o ostacolano i controlli vengono bloccati dal sistema, il responsabile politico è il Primo Vicepresidente della Commissione Europea Frans Timmermans.
Per comprendere la potenza di fuoco delle associazioni di categoria e degli stakeholder interessati in qualche maniera, basti pensare che la sola industria del tabacco conta ben 97 lobbies con oltre 200 addetti a Bruxelles, e che per influenzare il processo decisionale sul settore che si è svolto nel mese di febbraio scorso, ha destinato all’uopo la cifre di tre milioni di euro. Altre azioni per evidenziare interessi specifici si sono avute con l’ingresso dei paesi orientali nella UE, volte a modificare l’azione europea che si basava su presupposti attinenti il mondo occidentale. A volte si assiste perfino allo scontro tra diversi lobbies, rimane storico e perenne quello tra il BEUC (Bureau Europeo delle Organizzazione dei Consumatori) e le aziende TLC sul roaming dei cellulari.