Som un, som una nació
Noi siamo l’Europa; insieme è meglio che soli; soli siamo soli, uniti invincibili. Tutti slogan inventati nei tempi da coraggiosi visionari che però non hanno prodotto l’effetto sperato. Non si riesce ad andare d’accordo nemmeno in seno alle nazioni, figuriamoci il resto. La differenza è tanta e spesso i contenziosi nascono quando chi è più forte esercita il proprio potere verso il più debole in modo forse arbitrario. La Catalogna (Catalunya, in catalano) è uno di questi esempi; terra dei Conti medievali, si estende per 32mila chilometri tra il Mediterraneo e i Pirenei. La senyera (la bandiera catalana) sventola alta nei palazzi delle istituzioni, il giallo ed il rosso delle sue strisce colorano i balconi di Barcellona e quelli di paesi e cittadine tra l’entroterra e la costa.
È la bandiera di un popolo unito, dal XIII secolo un simbolo di libertà ed indipendenza. La sua storia è piena di lotte e riconoscimenti, guerre e punizioni che hanno connotato uno spirito indipendentista molto marcato in tutta la popolazione. Il 9 settembre 1977 quasi un milione di catalani marciarono per le strade di Barcellona per reclamare i propri diritti di cittadini di Catalunya. Quello stesso anno avvennero le prime elezioni democratiche, si ricostituì la Generalitat ed oltre ad una nuova Costituzione Democratica (1978), nacque un rinnovato Statuto Catalano, l’Estatut de Autonomia (1979), che segnò l’inizio di una nuova tappa verso l’indipendenza. Con la creazione, nel 1980, del secondo Parlamento Catalano, si consolidò la ripresa istituzionale ed il rafforzamento dell’identità catalana.
Dal 1980 ad oggi Catalunya ha vissuto il periodo di autogoverno politico più lungo della sua storia contemporanea. La società catalana, oltre ad essere cresciuta demograficamente, socialmente e culturalmente, non si è mai sentita così unita e motivata. I catalani hanno recuperato i simboli, i personaggi storici, la cultura andata persa nel corso degli avvenimenti avversi; la lingua catalana sta rinascendo e ridefinendosi quale lingua ufficiale di un popolo indipendente. “Som un, som una nació” (Siamo uno, siamo una Nazione). Nei ristoranti sempre più spesso i menu sono in catalano e inglese, con buona pace di chi, turista, a malapena spiccica due parole di spagnolo.
Domenica sera ci saranno le elezioni catalane, che nei sondaggi hanno evidenziato una forte influenza dei secessionisti. Questo decreterebbe l’indipendenza della Catalogna, che nelle ultime ore sta minacciando la Spagna. Il governo di Madrid sta cercando in ogni modo di avvertire quello catalano delle conseguenze che avrebbe tale azione. Tutti i poteri forti non ci stanno: le banche hanno già fatto le loro minacce , così come avvenne alla vigilia di un altro storico tentativo, quello scozzese.
L’indipendenza catalana potrebbe colpire anche lo sport: infatti, il presidente della Liga BBVA, Javier Tebas, e il presidente del Consiglio superiore dello Sport spagnolo, Miguel Cardenal, hanno affermato che in tal caso la legislazione proibirebbe al Barcellona e all’Espanol di partecipare al campionato spagnolo. Questo è il tweet del presidente Tebas: «Se si spacca la Spagna, si spacca la Liga».
Tempo fa il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha dichiarato. «Non posso immaginare la Spagna senza la Catalogna, e la Catalogna senza l’Europa». Staremo a vedere, chissà come si traduce in catalano.