Di Maio, l’astro nascente pentastellato?

Il 30 maggio scorso Luigi Di Maio, deputato del Movimento 5 Stelle e vicepresidente della Camera, è stato nominato politico dell’anno dal Forum del lavoro di Napoli, che gli ha riconosciuto di “aver creduto nella necessità di innovazione e semplificazione dell’ordinamento italiano”. Del direttorio a 5 Stelle voluto dal leader Beppe Grillo, Di Maio sembra essere la punta di diamante. E’ considerato l’esponente più “ecumenico” e spendibile nei rapporti con gli altri membri del Parlamento, capace di conservare un certo garbo anche nel mezzo di discussioni accese.

Nato il 6 luglio del 1986 ad Avellino, figlio di Antonio, ex dirigente del Movimento Sociale Italiano e di Alleanza Nazionale, muove i primi passi in politica nel Movimento 5 Stelle nel 2007. In quello stesso periodo, iscritto alla facoltà di Ingegneria all’Università “Federico II” di Napoli, dà vita all’associazione di studenti di ingegneria Assi, insieme con alcuni compagni di corso. In seguito viene nominato consigliere di facoltà e presidente del consiglio degli studenti. In vista delle elezioni politiche del 2013, viene candidato per la circoscrizione Campania 1, dopo avere preso parte alle “parlamentarie” del M5S, al secondo posto in lista. Luigi Di Maio viene, quindi, eletto deputato tra le fila del Movimento e dopo pochi mesi è presidente della Camera.

La divisa inappuntabile, completo scuro, camicia bianca e cravatta non rispecchia tanto il suo orientamento politico, quanto piuttosto il suo approccio con l’istituzione che rappresenta. Fin dall’inizio, si è sempre mostrato dialogante, rispondendo alle domande dei cronisti e andando in tv nonostante i divieti dei boss Grillo e Casaleggio (che per lui facevano un’eccezione), dando inoltre corda ai parlamentari di altri partiti desiderosi di contatti con il Movimento. Rispetto ai colleghi grillini che hanno giocato a fare gli antisistema, Di Maio ha infatti avuto il merito di intuire che, superata la fase “movimentista” iniziale, occorreva dare un respiro istituzionale a quel disagio di cui il grillismo si è fatto portavoce.

La sua vicepresidenza della Camera è severissima. Quando presiede Montecitorio, Di Maio è inflessibile, anche più della stessa presidente Boldrini. Tra le proposte di legge co-firmate nel suo primo anno da parlamentare, quella per la modifica dell’articolo 416-ter del Codice Penale riguardante lo scambio elettorale politico-mafioso, quella relativa alle disposizioni per la tutela del paesaggio e per il contenimento del consumo del suolo. Vi sono poi quella per il conflitto di interessi, quella per l’introduzione dell’articolo 21-bis della Costituzione, relativa al riconoscimento del diritto di accesso alla rete Internet e quella relativa all’abolizione del finanziamento pubblico all’editoria.

L’estate scorsa, Di Maio è stata la vera star della manifestazione del Movimento 5 Stelle al Circo Massimo di Roma. E’ stato lui l’eletto più fotografato, più abbracciato e più richiesto dai militanti. Più di Alessandro Di Battista e  della ruspante Paola Taverna, entrambi giocatori in casa nella tre giorni romana ed membri, assieme a lui, del cosiddetto “cerchio magico” del Movimento. Al Circo Massimo, Di Maio ha approfittato per chiudere l’ultima porta in faccia a Matteo Renzi: “Sono stato al tavolo con Renzi. Ho proposto un mucchio di cose, ma le hanno bocciate tutte. Ho cercato di fare il possibile. Adesso basta”. Il Presidente del Consiglio, che lo ha definito “una figura forte” davanti al leader Grillo, sembra invece stimarlo. Appena diventato segretario Pd, Renzi ha subito pensato a lui per avere contatti con il M5S. È negli annali lo scambio in Aula di bigliettini tra i due, nel giorno della fiducia all’attuale governo (25 febbraio 2014).

L’astro nascente del parlamentare campano ha però suscitato anche invidie e più di qualche malumore. Ci sono i “duri e puri” che gli rimproverano una linea troppo accondiscendente nei confronti di quegli avversari che solo qualche mese fa si voleva spazzar via. Tanto più che poco tempo fa, tra il serio e il faceto, Beppe Grillo gli ha detto: “Maledetto Di Maio, tu sei il leader”. Lui, però, non cade nella trappola, potenzialmente pericolosa, dell’erede designato e modestamente dichiara: “Io leader? Ma non scherziamo. Deciderà la rete”.

©Futuro Europa®

Condividi
precedente

#greenitaly

successivo

Pari opportunità o pari merito?

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *