Pari opportunità o pari merito?

Penso che le famose “pari opportunità“ siano una sovrastruttura sopravvalutata. Sicuramente nel tempo hanno creato attenzione su un problema oggettivo, cioè sul fatto che il mondo sia stato governato da uomini e solo da loro per tantissimo tempo.

Nella mia famiglia, parlo di persone nate nello scorso secolo, due donne si  sono laureate in filosofia in anni in cui le università erano quasi esclusivamente maschili e sono state additate per tanto tempo come esempio. Allora la locuzione pari opportunità non era stata nemmeno pensata. Erano anche anni nei quali il ruolo della donna era visto solo in seno alla famiglia, a parte esempi eclatanti ma isolati. Poi a poco a poco – e grazie all’impegno di molte – le donne capaci hanno cominciato a rompere gli schemi e a pretendere il loro giusto posto nella società.

Ormai anche grazie a una legge, le donne possono fare carriera. La facevano già nel privato, dove non poche aziende sono guidate da donne, la stanno facendo ora nel pubblico. Ma ancora lamentano salari più bassi rispetto agli uomini e a me pare difficile immaginare come questo possa avvenire, visto che i contratti sono nazionali e non c’è differenza di genere.

Qualche giorno fa in un workshop ho sentito parlare una funzionario statale che si lamentava di avere un contratto e salario più basso di uomini con le sue medesime caratteristiche. Può darsi anche se mi sembra strano. Quello che però mi fa pensare alla sopravvalutazione delle pari opportunità è vedere far carriera gente assolutamente inadeguata ma del genere giusto. Mi spiego meglio: nel privato devi dimostrare le tue capacità, non fai carriera perché indossi la gonna ma perché vali; nel pubblico spesso, anzi spessissimo, incontro donne inadeguate e dequalificanti per il genere che siedono in scrivanie che invece potrebbero al massimo lucidare. In politica poi gli esempi si sprecano. Nell’era di Silvio purtroppo si è prodotto un fenomeno poi imitato da tutti: le quote rosa che hanno contribuito a far sì che alcune quinte di reggiseno non supportate da muscolatura cerebrale siano state nominate o elette nella res publica. Una roba da far vergognare tutti, situazioni sul limite o del ridicolo che hanno prodotto più guai di quanto si pensi.

Eppure è successo. Certamente il mondo è ancora fortemente connotato al maschile; ma forse perché di donne in gamba non ce ne sono poi così tante, diciamo il vero. Non è il genere ma il merito la chiave di lettura. E trovo terribile che si debba ricorrere a quote rosa, mentre sarebbe fondamentale ricorrere a quote grigie, come le cellule del cervello.

Recentemente in quel workshop, ho ascoltato le varie storie di donne che occupano posizioni di rilievo  in posti pubblici e privati. Devo dire che ho sentito diverse frasi fatte ma anche cose interessanti. Su tutto però brillava un grande assente, il pubblico:  nemmeno 25 persone, troppo poco davvero. Ma forse oltre all’argomento ormai antico, c’è il format da rivedere. Non si può fare un workshop con i minuti contati e senza opportunità da parte del pubblico anche se scarso, di interagire.  E soprattutto, sbaglio tipico femminile, troppi ingredienti nel minestrone.

©Futuro Europa®

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