Cronache dai Palazzi
Palazzo Chigi fa i conti con legge di Stabilità in attesa del vaglio dell’Unione europea che tra pochi giorni si pronuncerà sulla manovra finanziaria italiana, anche alla luce delle riforme già portate in porto o semplicemente instradate, tra cui la riforma costituzionale che sembra aver superato lo scoglio del Senato, la Camera che la stessa riforma vuole mutare.
“Pagare meno, ma pagare tutti”, è il motto renziano a proposito di tasse. Ospite di Lucia Annunziata su Rai3, nel programma In mezz’ora, il premier si pronuncia sul canone rai, che molto probabilmente sarà inserito all’interno della bolletta elettrica proprio per facilitare il contributo di tutti i cittadini. Si prevedono inoltre livelli di contribuzione per fasce sociali e una riduzione di base della tariffa attuale, da 113,5 a 100 euro. Combattendo l’evasione in questo campo si potrebbero recuperare delle risorse preziose, circa 22 milioni di euro.“Mille poltrone tagliate ma niente tagli sulla sanità”, sottolinea inoltre il presidente del Consiglio che aggiunge: “la revisione della spesa significa tagliare le poltrone dei politici romani, dei revisori e degli enti inutili”.
Già intervenendo alla Camera il primo inquilino di Palazzo Chigi aveva precisato che i fondi a disposizione della sanità per quest’anno corrispondono a 110 miliardi, a fronte dei 75 del 2002, e l’anno prossimo saranno 111. “La sanità è l’unico settore dove c’è stato un aumento del 40 per cento rispetto al 2002”, ha sottolineato il premier aggiungendo che “bisogna dare un messaggio di tranquillità e se c’è da cambiare qualcosa nel provvedimento approvato, siamo pronti a farlo, anche perché non dobbiamo dare ai cittadini l’impressione che si tagliano le cure. Dunque disponibilità totale a ragione, discutere, confrontarsi”. Il presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, ha in particolare sottolineato che l’impegno di spesa preso dal governo per il 2016 era di 113 miliardi, di conseguenza “bisognerà quindi trovare una nuova intesa con le Regioni prima della definizione della legge di Stabilità”. A proposito di Tasi e di vigilanza dell’Europa Renzi mette invece i paletti: “Questo atteggiamento di subalternità nei confronti dell’Ue ha da finire una volta per tutte. Noi si elimina la tassa sulla prima casa per tutti e per sempre. La Ue faccia ciò che deve fare e noi facciamo quello che dobbiamo fare noi. In Europa l’Italia è uno dei pochi Paesi con le carte in regola”.
Rispondendo alle diverse interrogazioni il presidente del Consiglio ribadisce i dati economici positivi degli ultimi tempi, sostenendo che nel primo anno e mezzo del suo governo il primo obiettivo è stato quello “di portare l’Italia fuori dalla sabbie mobili, e ora possiamo dire: missione compiuta”. Per quanto riguarda la legge di Stabilità rappresenta “il momento chiave della svolta definitiva per il Paese”. Renzi preme inoltre sul calo della disoccupazione difendendo il suo Job Act, per cui “nel giro di un anno ci sono 325 mila di persone in più che lavorano”. Renzi individua così “una misura della povertà, in particolare quella infantile, da introdurre nella legge di Stabilità”, ma niente “reddito di cittadinanza” che per Matteo Renzi non è “ciò di cui abbiamo bisogno, perché il primo dovere, anche secondo la Costituzione, è invece quello di creare lavoro”.
Un altro argomento scottante sono le pensioni per cui Renzi e Padoan stanno mettendo a punto un piano per dare un primo segnale di flessibilità nell’uscita dal mondo del lavoro da inserire nella prossima manovra finanziaria. Il ministro dell’Economia tende a conservare le linee guida della legge Fornero anche per non dare troppo nell’occhio di fronte alle istituzioni europee, che si rivelano molto vigili sulla previdenza. In pratica il tetto delle disponibilità non supererebbe il miliardo di euro, un miliardo e mezzo se si considerano anche gli effetti della sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittimo il blocco degli adeguamenti.
Il governo, come viene spiegato nel Documento di economia e finanza (Def), punta a ottenere dalla Commissione europea uno spazio sul deficit per un punto di Pil, circa 17 miliardi di euro. Di questi circa 5 miliardi, che corrispondono allo 0.3% del Pil , dovrebbero essere recuperati attraverso la cosiddetta “clausola degli investimenti” che il ministero del Tesoro di concerto con Palazzo Chigi intendono attivare. L’obiettivo è presentare un elenco puntale di opere cantierabili per il 2016, dal potenziamento del piano sulla banda larga all’edilizia scolastica, fino a comprendere vari progetti legati al dissesto idrogeologico. La “clausola per gli investimenti” non è l’unica chiave di volta a proposito di flessibilità, l’altro tassello è costituito dalla “clausola per le riforme”, già ottenuta dall’Italia per un importo pari allo 0,4% del Pil. Il governo italiano mira a tal proposito ad ottenere da Bruxelles un altro 0,1%. Infine c’è anche la flessibilità legata all’emergenza migranti, per cui scatterebbe un altro 0,2% che farebbe alzare l’asticella fino a 17 miliardi sui 27 totali della manovra. Soldi che verranno impiegati per disinnescare l’aumento di due punti dell’Iva previsto dal 2016, ma anche finanziare l’abolizione della Tasi sulle prime case e il taglio dell’Ires. Quest’ultima verrebbe portata immediatamente dal 27,5% al 20% per le Pmi del Meridione, mentre nella prossima manovra sarebbe previsto un taglio al 24% per tutte le imprese ma solo a partire dal 2017. Un altro nodo da sciogliere è il contratto degli statali per il quale nella legge di Stabilità il governo dovrà specificare quanti soldi ha intenzione di mettere sul piatto, per poi far partire il negoziato con i sindacati. Il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, ha nel contempo avviato il percorso per il rinnovo dando mandato all’Aran, il braccio operativo dell’esecutivo per i negoziati, di aprire il tavolo sulla riduzione da 11 a 4 dei comparti del pubblico impiego, come previsto del resto dalla riforma Brunetta. In Gazzetta ufficiale è stato inoltre già pubblicato il decreto sui tempi per la mobilità dei dipendenti delle Province, per cui una prima scadenza è il 10 ottobre (per coloro che sono in distacco) mentre entro il 31 dovranno essere comunicati tutti gli esuberi.
Con Lucia Annunziata Renzi discute in definitiva di economia e fa un quadro della prossima manovra finanziaria, senza trascurare le riforme in votazione al Senato, tra cui quella sulla Rai. A proposito dei verdiniani, invece, il premier afferma che “fanno una scelta utile per l’Italia, le riforme le avevano già votate, l’incoerenza è di chi ha cambiato idea, non loro”.
Da Maria Latella su Sky, per l’Intervista, Denis Verdini ribadisce le parole del premier sottolineando di aver approvato le riforme per cui il suo gruppo ha “sempre votato” e, nel contempo, spiega di lavorare alla costruzione di un “centro moderato” anche perché con l’egemonia a destra di Salvini ci sarà più che mai bisogno di un polo per chi sceglie di non stare né destra né a sinistra. “Vogliamo completare le riforme del fisco e della giustizia”, aggiunge Verdini.
Gli apprezzamenti reciproci tra Renzi e Verdini mettono in allarme non solo la sinistra Pd, preoccupata di un’eventuale “demolizione anche simbolica dell’Ulivo e del centrosinistra”, ma anche l’altra ala della maggioranza, per cui il viceministro della Giustizia Enrico Costa (Ncd) cerca di tranquillizzare i colleghi: “Verdini potrà anche votarla in Parlamento se vuole, ma i contorni della riforma sono già in gran parte definiti all’interno della maggioranza, e su questa base si andrà avanti. L’accordo sulla giustizia passerà sicuramente attraverso un’intesa di maggioranza, che è sempre la stessa e si è compattata e omogeneizzata, raggiungendo risultati importanti”.
L’obiettivo di Renzi, nel contempo, rimane sempre quello del 2018 quando il segretario-premier spera che, “grazie alla nuova legge elettorale, il Pd prenda voti sufficienti per governare da solo”. Per il momento non bisogna però perdere tempo lasciando che le “congiure di palazzo” prendano il sopravvento, bensì occorre concentrarsi su tasse e riforme.