Il grande circo EXPO
Le Esposizioni Universali sono mostre espositive di portata internazionale ospitate ogni 5 anni da un Paese nel mondo. Lo scopo delle esposizioni universali è quello di promuovere il progresso industriale e tecnologico a livello globale, mettendo in mostra le ultime innovazioni tecniche e scientifiche che in qualche modo possono migliorare le condizioni di vita sociale ed economica del pianeta.
La città di Milano, sede dell’Esposizione Universale del 2015, già nel 1906 ospitò una grande mostra di portata internazionale. E fin qui tutto benissimo. Ora che siamo quasi alla fine di questo EXPO penso che ormai si tratti di una esposizione antica e sorpassata. Una specie di grande circo mondiale dove tutti si mettono in mostra attraverso immagini.
Nell’epoca di internet dove tutto è possibile, dove viaggiare e andare a vedere isole dal nome impronunciabile, conoscere gente che parla solo con parole fatte di consonanti è possibile farlo seduti al pc, mi chiedo perché tanti sforzi e soprattutto tanti denari spesi. Cosa ha portato EXPO 2015? A parte che ancora non mi è chiaro come mai si formavano file di quel genere, forse le biglietterie erano insufficienti? Oppure come mai alcuni padiglioni erano visitatissimi e altri quasi nulla?
Gli EXPO del diciannovesimo secolo facilitarono lo scambio culturale tra i diversi Paesi partecipanti; all’epoca non c’era né internet né la possibilità di muoversi con facilità e di comunicare in modo veloce. Quelle esposizioni furono sicuramente fondamentali per gli architetti perché rappresentarono l’occasione di vedere modelli costruttivi che sarebbero altrimenti solo stati visti su riviste specializzate o messi in mostra in seminari specifici di alcune università. Ma ora? Cosa hanno imparato le genti che sono andati a visitarlo?
Ma poi, altra domanda, perché farlo a Milano, in Italia, paese famoso per le tasse e per le mazzette? Se si deve costruire tutto nuovo non è meglio scegliere posti con pianure sterminate tipo Mongolia o robette simili? EXPO è l’esempio lampante della declinazione di globalizzazione: “la globalizzazione indica un fenomeno di progressivo allargamento della sfera delle relazioni sociali sino ad un punto che potenzialmente arriva a coincidere con l’intero pianeta. Interrelazione globale significa anche interdipendenza globale, per cui sostanziali modifiche che avvengono in una parte del pianeta avranno, in virtù di questa interdipendenza, ripercussioni anche in un altro angolo del pianeta stesso, in tempi relativamente brevi”. Il famoso battito d’ali in Indonesia che provoca catastrofi economiche a New York.
Senza essere così plateali mi limito a dire che tutti i soldi bruciati per questa fiera delle vanità sarebbero serviti a progetti che avrebbero potuto davvero aiutare tanta gente, specie nei paesi così tanto colpiti da guerre e instabilità politica. Invece di mettersi in mostra.
Poche le nazioni che a mio parere hanno davvero compreso cosa poteva esser dato in pasto ai visitatori, tanto per fare giochini di parole; una di queste la Svizzera con un padiglione tra i meno belli, certo non particolare come quello dell’Austria, ma molto istruttivo. E’ uno dei più spogli e meno accattivanti dall’esterno ma è quello che ha avuto l’idea più azzeccata di tutta l’Esposizione: i visitatori possono prendere gratuitamente dalle quattro torri riempite di cibo (con mele, sale, caffè e acqua) tutto quello che vogliono, ma se ne prendono troppo non resterà nulla per chi viene dopo. Una metafora che racconta il messaggio di Expo 2015 in modo semplice ma molto diretto e che credo sarà stato compreso da pochi e ignorato da molti.
L’UNICEF ha recentemente sottolineato che nel mondo ci sono 200 milioni di bambini malnutriti. EXPO poteva fare qualcosa di concreto per loro? Chi lo sa? Ma ormai la fiera delle vanità è agli sgoccioli, se ne parlerà a lungo, ma le chiacchiere non sfamano e i bambini continueranno a essere malnutriti.