Italia delle Regioni

Il Presidente della Conferenza delle Regioni italiane, Sergio Chiamparino, ha reso noto che sulle riforme costituzionali la Conferenza delle Regioni ha inviato una lettera al Governo,  in particolare al ministro per le Riforme Maria Elena Boschi, su alcune osservazioni in merito alla riforma del Senato. I punti rappresentati sono: i Presidenti di regione nel nuovo Senato, la materia del coordinamento della finanza pubblica e quella delle politiche attive sul lavoro.

Chiamparino sostiene la presenza dei Presidenti delle Regioni nel nuovo Senato al fine di meglio garantire il ruolo di rappresentanza dei territori al nuovo Senato delle Autonomie. “Abbiamo appena mandato una lettera – spiega Chiamparino – ribadendo alcuni punti, ci sembra normale che nella legge ordinaria si consideri la presenza a Senatore di diritto dei presidenti di regione e dei sindaci delle città metropolitane. Perchè i presidenti sono quelli che, con i sindaci delle citta’ metropolitane, prendono più voti e quindi hanno più rappresentatività politica di qualunque altro parlamentare”.

Ciò servirebbe anche a garantire un sistema più equilibrato ed efficiente di rapporti tra Stato, Regioni e Comuni. “Riguardo alle politiche del lavoro – sottolinea ancora Chiamparino – le regioni italiane chiedono che venga adottato il testo della Camera dove le competenze erano differenziate tra governo e regioni. Si tratta di questioni essenziali che abbiamo riconfermato con una lettera al ministro Boschi”. Il problema è che si privano le Regioni delle competenze in tema di lavoro determinando così una separazione tra le politiche attive e la formazione professionale, ricentralizzando pertanto le competenze. “Poi abbiamo ribadito – aggiunge Chiamparino – alcune materie sulle competenze del Senato: è fondamentale che legiferi su leggi che riguardano tutto il coordinamento della finanza pubblica”.

La lettera è stata inviata anche ad Anna Finocchiaro, presidente della commissione Affari costituzionali, ribadendo alcune richieste in materia di competenza del Senato. “Soprattutto – ribadisce Chiamparino – riteniamo fondamentale che il Senato legiferi e intervenga anche sulle leggi che riguardano tutto il coordinamento della finanza pubblica nazionale”. Ricordiamo che la riforma in corso di approvazione ha trasformato il Senato in Camera delle Autonomie: “Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea. Valuta le politiche pubbliche e l’attività delle pubbliche amministrazioni e verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori. Concorre ad esprimere pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge e a verificare l’attuazione delle leggi dello Stato”.

L’articolo 2 della legge sul nuovo Senato, definito dalla presidente della commissione Affari costituzionali Anna Finocchiaro “il secondo pilone del nuovo Senato”, stabilisce che sarà “composto da 95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e da cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica”. I futuri senatori saranno formalmente eletti dai Consigli regionali che dovranno sceglierli “tra i propri componenti e, nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei Comuni dei rispettivi territori”, decisione che però dovrà essere presa “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi, secondo le modalità stabilite dalla legge”, come ha stabilito l’emendamento a prima firma Finocchiaro, passato con 169 voti a favore fra i quali quelli degli ‘irriducibili’ della minoranza democratica, Walter Tocci e Corradino Mineo. La legge a cui ci si riferisce è quella elettorale che verrà definita in un secondo momento.

Il cosiddetto “emendamento della mediazione” è il numero 2.204 e ha visto convergere tutta la maggioranza di governo con le firme di Renato Schifani (Ap), Karl Zeller (Autonomie), Luigi Zanda (Pd), oltre alla minoranza Pd che l’ha sottoscritto nella persona di Erica D’Adda. La modifica, a prima firma Anna Finocchiaro, riguarda l’articolo 2 del disegno di legge Boschi e introduce dopo le parole “degli organi delle istituzioni territoriali dai quali sono stati eletti” le seguenti: “in conformità alle scelte espresse dagli elettori per candidati consiglieri in occasione del rinnovo dei medesimi organi”. L’emendamento è passato con 169 ‘sì’, mentre i ‘no’ sono stati 93 e 3 gli astenuti (che al Senato valgono come voti contrari). Con l’emendamento Finocchiaro vince la mediazione interna alla maggioranza. Saranno infatti i cittadini a scegliere i futuri senatori al momento delle elezioni regionali e i consigli regionali non potranno prescindere dalle indicazioni degli elettori, svolgendo quindi di fatto una ratifica delle loro decisioni.     Giovedì 1 ottobre è stato approvato con 172 voti a favore, 108 contrari e 3 astenuti l’articolo 1 della riforma in cui si stabilisce che solo la Camera manterrà il rapporto di fiducia con il governo e dove vengono indicate le nuove funzioni del Senato che rappresenterà le istituzioni territoriali.

L’approvazione dell’articolo 1 è stata travagliata in quanto segnata dalla polemica sull’emendamento a firma del senatore Pd Roberto Cociancich che di fatto ha “cangurato”, ovvero eliminato, molti emendamenti che avrebbero rallentato l’iter della riforma.

Per quanto concerne i Comuni italiani, in un’intervista al Sole 24 Ore Veronica Nicotra, segretario generale dell’ANCI, ha parlato del travaglio della finanza comunale che dura da troppi anni. Il principale oggetto del contendere, come è noto, è stato ed è il continuo balletto sulle tasse sulla casa.  Il 2016 deve essere l’anno in cui finalmente si pone fine a questo ripetuto “stress” fiscale e allo stesso tempo si mette ordine alla finanza locale. Il dato: 18,5 miliardi di contrazione di risorse dal 2007 ad oggi a causa delle manovre finanziarie. Questo significa che i Comuni esercitano più funzioni, molte delle quali a titolo di supplenza pubblica, con meno risorse.  I Comuni hanno indici finanziari che testimoniano maggiore efficienza con riguardo alla riduzione della spesa interna, alla capacità di riscossione, alla qualità dei servizi, alla capacità di programmazione e di realizzazione degli investimenti; l’eliminazione della Tasi deve assicurare la compensazione integrale dei gettiti aboliti su cifre condivise e attendibili, margini di manovra fiscale autonoma, semplificazione per il contribuente superando il separato regime Imu/Tasi e rivedere il funzionamento del fondo di solidarietà comunale e costruire un sistema perequativo ragionevole.

Liberare gli investimenti locali per tutti i Comuni, proporzionalmente alle condizioni finanziarie per una cifra significativa, invertendo la rotta per cui sono i Comuni che contribuiscono più del dovuto ai saldi di finanza pubblica, e godendo delle prospettive di crescita economica e di allentamento mirato a livello di Unione Europea.     I comuni dovranno altresì ottenere dallo Stato i rimborsi dovuti (si pensi ai 700 milioni arretrati per le spese di giustizia); completare il riassetto istituzionale agevolando i processi che autonomamente i Comuni vogliono mettere in capo per unire servizi, unire territori con incentivi concreti alle fusioni e alle unioni. Vanno poi rafforzati strumenti finanziari e normativi per combattere il disagio sociale; vanno varate politiche infrastrutturali che riescano a integrare risorse nazionali con quelle Ue. Pochi punti, non esaustivi, che vogliono dare il senso che i Comuni tutti e le Città hanno idee e voglia di fare.

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