Il complotto

Erano in molti a dire che la carica innovativa portata da Papa Francesco nella Chiesa aveva suscitato durissime resistenze, tanto tra gli elementi più conservatori sul piano teologico, tanto – e forse ancora di più – tra esponenti della Curia abituati al potere senza controllo e ai privilegi della carica.

La lettera dei sedici cardinali reazionari aveva già mostrato la rivolta interna contro le preannunciate novità in materia di famiglia, posizione dei divorziati, gay e via dicendo. Poi ci sono state le voci di un tumore (vedi caso) al cervello, che ovviamente tendono a mettere in dubbio la lucidità, e quindi l’autorità spirituale, di questo Pontefice, servendosi tra l’altro di un  personaggio assai dubbio, come un neurochirurgo giapponese già indagato per reati vari e che è arrivato a truccare una sua foto col Papa per far credere ad un incontro privato a due. Era dunque spontaneo pensare a una sorta di complotto. Ora l’ipotesi è divenuta ufficiale, visto che l’ha fatta propria l’autorevolissimo Osservatore Romano, non certo abituato a parlare a vanvera e senza il benestare del Vaticano. Quindi, parlarne è lecito.

Che veleni di vario tipo fossero abituali nelle stanze segrete del Vaticano, non era una novità per nessuno. Ne patì, e forse ne morì, Papa Luciani. Giovanni Paolo II li superó con una linea che era di stretta ortodossia teologica e di protezione per le manovre più o meno oscure di Marcinkus e dello IOR. Benedetto XVI se ne accorse abbastanza presto, da ultimo con la strana storia delle carte papali rivelate dal cameriere privato, e forse anche per questo a un certo momento ha gettato la spugna. Bergoglio doveva saperlo bene, se prese sin dall’inizio la decisione, dovuta non solo alla sua conosciuta austerità, di andare a vivere a Santa Marta, rifuggendo l’appartamento in Vaticano. Ora deve fare i conti con manovre neppure tanto oscure, che mirano a screditarlo e magari a renderlo innocuo, proprio nel trarre le conclusioni, speriamo coraggiose, dal Sinodo per la Famiglia che si conclude oggi.

Non c’è molto di nuovo in queste vicende. Già Dante diceva della Curia romana “là dove Cristo tutto dì si merca”. Non parliamo neppure dell’epoca dei Borgia. Il fatto è che la Chiesa, se da un lato è la rappresentazione vivente di Gesù Cristo in terra, e la casa di ogni cristiano, e se i suoi meriti sono infiniti, è pur sempre una costruzione fatta di uomini, uomini talvolta avidi, ambiziosi, restii ad accettare le ragioni altrui.

È dunque chiaro che nella Chiesa c’è una lotta, tra chi pensa che, pur restando fermi i capisaldi della Fede, si debba prendere atto dell’evoluzione dei tempi e del costume, a prezzo altrimenti di perdere sempre più peso e seguito tra i fedeli, e chi vorrebbe lasciare tutto com’è, anzi com’era, e magari tornare ai tempi di Pio X, XI e XII, cancellando d’un tratto Giovanni XXIII (che del resto ai conservatori, nella Chiesa e nella politica ufficiale, non piacque mai).

Chi avrà la meglio? Per quel che conosco Bergoglio, penso non sia uomo da lasciarsi intimidire o da deflettere dalle sue convinzioni. Che riesca a far prevalere la sua visione, più attuale e, a mio avviso, più atta a mantenere legati alla Chiesa tanti milioni di fedeli che altrimenti andrebbero altrove in cerca di guida, dipenderà anche dal tempo di cui disporrà e della salute che, speriamolo, Iddio vorrà concedergli.

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