Balthus tra Scuderie del Quirinale e Villa Medici
Roma – Dopo la grande retrospettiva nell’anno della sua morte a Venezia, Balthasar Kłossowski de Rola (1908-2001), in arte Balthus, torna in Italia, fino al 31 gennaio, con una doppia monografica articolata tra le Scuderie del Quirinale e Villa Medici, sede dell’Accademia di Francia a Roma. Rispettivamente sono presentati una retrospettiva e il Suo atelier, per un totale di all’incirca 200 opere, tra dipinti, disegni e fotografie – tante, quando nel 1999 se ne sono contate appena 351, numerosi non datati. Il legame con l’Italia si riconferma forte.
Trascorsi i Suoi primi 16 anni nelle capitali della cultura mitteleuropea, tra Berlino, Berna e Ginevra, Balthus fa rientro in Francia e s’iscrive all’Académie de la Grande Chaumière, centro parigino per la formazione artistica dalla mitica libertà creativa. Nel 1926 compie il Suo primo viaggio in Italia, entrando in contatto diretto con Masaccio, Masolino e gli affreschi della Storia della Vera Croce (Chiesa di San Francesco d’Arezzo) di Piero della Francesca. L’Italia, in particolare da Piero della Francesca, lascia una traccia indelebile nelle Sue composizioni. Ha occasione di tornare nella penisola e di trascorrere 17 anni a Roma (dal 1961 al 1977), quando il Ministro alla Cultura André Malraux identifica in lui il riformatore ideale dell’Accademia di Francia a Roma.
Curatrice di questo progetto ambizioso – che per quanto ha a che fare con la retrospettiva, riadatta, si trasferirà poi al Bank Austria Kunstforum di Vienna – è Cécile Debray, conservatrice del Musée National d’Art Moderne (MNAM) di Parigi, presso il Centre Pompidou. A lei si deve l’expertise scientifico, che qui risulta in un percorso cronologico riuscito.
Diverse colorazioni dei pannelli allestitivi scandiscono dieci sezioni alle Scuderie del Quirinale. Vi sono opere fondamentali dell’Artista francese, quali La Rue dal MoMA, Les Enfants Blanchard dal Musée National Picasso, La Chambre da una collezione privata, come anche alcune opere esposte solo raramente, come la prima versione di La Rue, del 1929, e lo studio preparatorio del Passage du Commerce Saint-André.
Sono stati inclusi anche alcune opere e documenti di altri artisti e scrittori, come le fotografie di Lewis Carroll, alcuni quadri di Derain, sculture di Giacometti, disegni del fratello di Balthus, il filosofo Pierre Kłossowski, dei manoscritti di Artaud, a servire a contrappunto e chiarimento di alcuni aspetti molto specifici della pittura di Balthus. La pubertà, il grottesco, l’unheimlich (il perturbante), il desiderio, l’identità, la crudeltà, e la ieraticità classica, che caratterizzano la Sua rappresentazione.
Per gli ultimi capitoli della vita di Balthus, a Villa Medici è stato “privilegiato un approccio “formalista”, proprio per esplorare il processo creativo durante gli ultimi anni del pittore: gli schizzi disegnati o dipinti, polaroid, il suo gioco intorno all’esercizio dell’accademia e gli ultimi quadri che sono una sorta di capolavoro sconosciuto” – come spiega la stessa Debray.
Qui il Maestro ha l’occasione di approfondire la pratica del disegno e della pittura e di misurarsi con il progetto di restauro dell’edificio e dei giardini rinascimentali. Praticando un taglio netto, gli interni sontuosi sono convertiti a un’austera monumentalità. Durante questo periodo, tredici sono i dipinti prodotti, le cui superfici assomigliano allo stucco grezzo, a causa dell’applicazione di strati di tempera alla caseina.
A chiudere il doppio circuito, a Villa Medici, una sessantina di polaroid, assemblate in modo molto fitto, rivelano, come pure gli ultimi dipinti non completati, un pittore ormai anziano e debole fisicamente i. Le immagini veicolate da queste polaroid – che nella pratica d’atelier rimpiazzano gli schizzi – si ripetono nelle stesse inquadrature, esprimendo quello che sembra l’inseguimento aggressivo di un motivo, o di un’opera che invece sfugge inesorabilmente, come del resto avveniva all’interno dei dipinti precedenti, appartenenti o meno a serie. A prescindere dal media prediletto, l’istantaneità e la veridicità da scena teatrale sono comunque preservate.