Dolcetto o scherzetto
Le persone anziane, quelle cioè tra gli 80 e i 90 anni, perché prima sono tutti diversamente giovani, ricordano bene l’usanza del Presepe; roba da vecchi perché ormai per la maggior parte delle famiglie questa tradizione è stata spazzata via dalle luci scintillanti dell’albero di Natale. Dopo la guerra, l’usanza di addobbare l’abete ha fatto breccia anche da noi e ora è il simbolo principe; le belle statuine, i pastorelli con l’abbacchietto al collo, i venditori di oche e i loro compari sono stati messi in cantina con buona pace dei vegani.
Io mi ricordo bene la maestria di mio nonno nell’inventare marchingegni per far illuminare il giorno dal sole e la notte dalle stelle e il muschio raccolto per fare le colline e rendere ogni volta il suo, anzi il nostro Presepe, indimenticabile. La cura nel restaurare le statuine che da un anno all’altro, riemergendo da vecchi fogli di carta, mostravano qualche piccola rottura, un viso scolorito, un mantello crinato. Tutto per la gioia di noi bambini e per l’attesa della notte finale quando, uno di noi scelto con finta casualità, poteva fare una piccola processione solenne e appoggiare delicatamente il Gesù Bambino appena nato, sulla sua bella culletta di fieno fresco.
Poi tutto finito; forse la verità è che non si concede più attenzione a queste cose, gesti antichi ma laboriosi che oltre al tempo, richiedono anche spazi che non abbiamo più nelle case.
Recentemente invece abbiamo importato un’altra usanza: la festa di Halloween; roba che viene dall’Irlanda celtica, una festa che cadeva nel giorno di Ognissanti e che coincideva con la fine dell’estate connotata dal colore arancio e l’inizio dell’inverno che invece si riconosceva con il colore nero.
Insomma una festa per bruti coperti di pelli che si agitavano a colpi di idromele di fronte a falò, evocando gli spiriti dei defunti. Non vi sto a raccontare la storia di Jack O’Lantern, un tipetto che vagava in quella notte e che pare abbia ingannato il diavolo, perché la trovate su Wikipedia se proprio volete. Ora ditemi voi che c’entra con la nostra cultura. La festa di Ognissanti è per noi gente normale non adoratori di vampiri, una ricorrenza che celebra in un unico giorno la gloria e l’onore di tutti i Santi, anche quelli non canonizzati; il giorno dopo invece si onorano i defunti.
In alcune regioni italiane si fanno dolci speciali quasi tutti a base di miele e uva passita e oltre alle visite ai cimiteri, la cosa finisce così, con mesta allegria, perché non è davvero una festa ma solo un omaggio.
Per fare questo, cioè per onorare i Santi e i nostri defunti, non abbiamo bisogno di vestirci come la famiglia Addams , tantomeno di abbigliare poveri bambini come il Conte Dracula. Ma ormai siamo preda dei venti: le nuove generazioni si sono assimilate a tante altre di tanti paesi e questa festa ormai dilaga anche da noi.
Io la chiamo perdita delle proprie identità, ma con queste scarne parole si può solo soccombere al marketing, a tutto il merchandising correlato, ai denti da vampiro piuttosto che al sangue finto. Un po’ alla volta spariranno anche i cimiteri, i crisantemi verranno usati nei bouquet delle spose, come già in altri paesi. A noi resteranno i ricordi, forse qualche dolcetto, sicuro niente scherzetti.