Che c’è di nuovo in Medio Oriente?
Nelle ultime settimane sono avvenuti vari fatti che toccano direttamente la situazione nel Medio Oriente e forse ne modificano le prospettive a medio termine. Russia e Iran stanno combattendo con durezza l’IS. Se si confermasse che la caduta dell’aereo civile russo sul Sinai è davvero frutto di un attentato terrorista, che l’IS ha del resto follemente rivendicato sin dal primo momento, sarebbe da pensare che Putin reagirebbe duramente a questo atto di aggressione.
Per parte sua la Turchia, discostandosi dalla colpevole inerzia mostrata in passato, ha attaccato postazioni della Jihad in Siria e sostiene di aver ucciso almeno ottanta guerriglieri. La vittoria di Erdogan alle ultime elezioni può dispiacere a chi sognava una “primavera turca” (ma si sa come vanno purtroppo a finire le “primavere” da quelle parti), ma assicura una certa stabilità in quel grande Paese, cerniera tra Mediterraneo, Russia e Medio Oriente e quindi la continuità della lotta all’estremismo islamico. Colpi seri sono stati assestati all’IS anche dalle aviazioni occidentali, eliminando a quanto pare anche alcuni capi della Jihad. E i Curdi continuano a combattere valorosamente. Gli Stati Uniti hanno cambiato parzialmente strategia: la negazione assoluta a inviare truppe sul terreno si è un po’ attenuata. Obama ha compreso di non poter lasciare l’azione sul terreno interamente ad altri, ora che russi e iraniani sono entrati nel gioco, e ha deciso di impegnare nuclei ristretti di “forze speciali” (che già hanno partecipato alla liberazione di ostaggi curdi). Questo tipo di forze è ovviamente inadatto a svolgere offensive campali e dunque, da solo, non può vincere la partita. Può però assestare danni non indifferenti colpendo i centri nervosi del nemico. E´ noto agli esperti che, nella prima e seconda guerra irachena, forze speciali americane e britanniche svolsero su questo terreno un ruolo importante.
Questi sviluppi, che fanno presagire vita non troppo facile e lunga allo Stato Islamico, non vanno però senza contraddizioni; se tutti i protagoinisti paiono concordi nell’attaccare e cercare di distruggere l’IS, restano tra di loro dissensi importanti: tra Occidentali e Turchi da una parte, e Russi e Iraniani dall’altra, circa il ruolo di Assad. Tra Turchi e Curdi (e quindi tra Ankara e quegli occidentali che appoggiano i peshmerga) il miraggio di un Kurdistan indipendente. E difatti, gli americani accusano i russi di bombardare, non solo l’IS ma anche i ribelli siriani, e l’azione turca procede di pari passo contro Jihadisti e Curdi.
Sono contraddizioni paralizzanti? Mi auguro di no. E penso che tra le varie capitali i contatti siano intensi, almeno per evitare di spararsi tra le gambe gli uni con gli altri. Qualche segno mostrerebbe ad esempio che da parte degli Stati Uniti e dell’Arabia Saudita si consideri la possibilità di un ruolo per Assad nella fase di transizione a una soluzione politica. Ma il cammino sembra ancora lungo e spinoso.
Ho letto da qualche parte che il Governo italiano starebbe studiando una maggiore partecipazione a un’eventuale azione della NATO. Se si pensa a un intervento formale dell’Alleanza in Siria, credo sia politicamente difficile da realizzare. Gli Alleati nordici, Germania in testa, vi sarebbero certamente contrari. Ma se la Turchia chiedesse un maggiore appoggio alla sua azione di autodifesa, a termini dell’art. 5 del Trattato di Washington sarebbe arduo negarvisi. In ogni caso, dubito che il Governo italiano sia preparato a impegnarvi direttamente le nostre forze aeree e terrestri.
Continuo invece a pensare che dobbiamo rivolgere tutta la nostra attenzione e le nostre risorse verso la Libia. Le ragioni sono evidenti, tanto storiche quanto geografiche, ed è inutile ripeterle. Non so se navi italiane abbiano o no violato le acque territoriali libiche. Sono portato a credere alla smentita del nostro Ministero della Difesa (ma osservo che i libici hanno un’idea molto larga dell’estensione delle acque territoriali, e quindi non è escluso che, gli uni parlando di operazioni italiane in acque libiche e gli altri di presenza in acque internazionali, dicano ambedue la verità, perlomeno soggettiva). La profanazione del cimitero italiano di Tripoli è uno spregevole atto di barbarie, che purtroppo dimostra la volontà degli islamisti più fanatici di colpire i simboli di tutto quello che non sia il loro medioevale oscurantismo. È chiaro tuttavia che questi incidenti non devono impedirci di condurre una politica attiva e vigorosa, innanzitutto per combattere la vergogna degli scafisti e rendere più sicure le acque del Mediterraneo, ma anche per sostenere gli sforzi diretti a mettere un po’ di ordine nel caos della Libia e spegnervi l’incendio acceso dal fanatismo dei nemici della nostra civiltà. E penso sia da considerare la possibilità che a un certo punto la NATO intervenga, almeno come garante sul terreno di eventuali accordi locali, come già fece con grande successo in Bosnia e poi in Kossovo negli anni Novanta. Perché il Mediterraneo è parte integrante dell’area coperta dall’Alleanza e perché qui sono dispiegate forze navali ed aeree di grande importanza e livello.