Vatileaks 2, il ritorno dei “corvi” sul Cupolone
Roma non si fa mancare nulla. Sull’onda degli scandali che travolgono politica e istituzioni capitoline, nuove ombre offuscano il piccolo ma potentissimo mondo racchiuso all’interno delle Mura leonine. Quando si pensa a Santa Romana Chiesa, prende subito forma l’immagine di una pia congregazione di giusti, nell’esercizio della sua elevata funzione religiosa e pastorale; di contro, si tende a dimenticarne il tratto più terreno di Stato sovrano, che persegue un’autonoma linea politica, intrattiene relazioni diplomatiche con l’estero e si confronta, senza sosta, con vizi e virtù di una società in costante cambiamento nel corso dei secoli.
A tre anni e mezzo dalle vicende che hanno visto protagonista l’ex-maggiordomo di Benedetto XVI, Paolo Gabriele, reo di aver sottratto documenti confidenziali, poi pubblicati dal giornalista Gianluigi Nuzzi nel libro-inchiesta “Sua Santità”, la storia si ripete: nuova fuga di carteggi riservati, intercettazioni e altri corvi appollaiati sul Cupolone, pronti a divulgare, tramite le penne dello stesso Nuzzi e di Emiliano Fittipaldi, inedite scottanti rivelazioni sul malaffare in Vaticano.
Sotto la lente degli investigatori d’Oltretevere, finiscono il prelato dell’Opus Dei monsignor Lucio Angel Vallejo Balda, segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, e la consulente vaticana Francesca Immacolata Chaouqui, entrambi membri della Cosea, Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, istituita da Bergoglio nel suo primo anno di pontificato. Sarebbero loro i presunti “nuovi corvi”: il primo agli arresti, la seconda – al momento – rilasciata, in virtù della sua fattiva collaborazione con le autorità inquirenti. Vallejo Balda nega ogni addebito e scarica sulla donna le principali responsabilità, sostenendo – durante gli interrogatori – di esser stato raggirato dalla stessa Chaouqui.
La pierre italo-marocchina, esperta di comunicazione, nominata a sorpresa nella Cosea, grazie probabilmente ai buoni uffici del monsignore (ragion per cui desta peculiare interesse la natura dei rapporti intercorrenti fra i due), aveva già attirato l’attenzione nel 2013 con alcuni “tweet”, in cui esprimeva considerazioni poco lusinghiere all’indirizzo del Cardinal Tarcisio Bertone e dell’allora Ministro dell’Economia Giulio Tremonti. Nell’aprile del 2014, il secondo passo falso: dopo un’accurata inchiesta interna, i due sodali risultarono essere gli organizzatori di un party sulla terrazza della sede della Prefettura degli Affari Economici, in via della Conciliazione, per consentire a personalità politiche e del jet set internazionale di assistere, da una location di tutto riguardo, alle canonizzazioni di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II in piazza San Pietro. Furono inoltrate richieste di sottoscrizioni agli ospiti, che ricevettero un biglietto d’invito con lo stemma contraffatto della Prefettura. Bergoglio, visibilmente infastidito dal fatto, sciolse la Cosea, senza sapere – come ammette oggi la Chaouqui – di essere stato monitorato e registrato durante le riunioni di commissione.
Il Codice penale vaticano, ex art. 116 bis, prevede il reato di divulgazione di notizie e documenti riservati e stabilisce, per le fattispecie più gravi, una pena detentiva fino ad un massimo di 8 anni. Il materiale consegnato ai giornalisti mette in piazza molti panni sporchi e, oggi, la Santa Sede è piuttosto preoccupata per l’operazione editoriale che ne scaturisce. Inoltre, il promotore di giustizia d’Oltretevere, a seguito d’un rapporto dell’Autorità d’informazione finanziaria, sta indagando anche su Gianpietro Nattino, presidente di Banca Finnat Euramerica Spa, sospettato, con la complicità di personale dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, di aver trasferito in Svizzera due milioni di euro da un conto Ior, prima che in Vaticano fossero introdotte le nuove leggi anti-riciclaggio.
Vista la serrata frequenza, non riteniamo azzardato ipotizzare un filo rosso nelle recenti bordate che hanno scosso la Chiesa. Che gli attacchi dei “corvi”, la lettera dei 13 cardinali contrari al metodo dei lavori del Sinodo, il coming out del prete polacco omosessuale e le voci su un presunto tumore al cervello di Bergoglio siano pressioni di una parte “gattopardesca” della Curia, insofferente alla figura d’un Papa riformista?