Foxcatcher (Film, 2014)

Foxcatcher di Bennett Miller non è il solito film sportivo nordamericano tutto retorica del patriottismo e sacrificio atletico. Tutt’altro. Merita le nomination per regia, sceneggiatura, attore protagonista e non protagonista che si è guadagnato agli Oscar 2015. Merita la miglior regia a Cannes 2014. Foxcatcher è grande cinema psicologico che racconta le gesta di un atleta (Mark Schultz), ma anche i rapporti complessi che s’intrecciano con un fratello allenatore e un miliardario paranoico vessato da una madre padrona.

La storia si svolge prima e durante i giochi olimpici di Seoul (1984) che Mark (Tatum) e Dave (Ruffalo) preparano nella tenuta di Foxcatcher, alle dipendenze del miliardario John du Pont, intenzionato a creare la migliore squadra di lotta del mondo. John è tormentato da gravi problemi d’identità per colpa di una madre (Redgrave) che non gli ha permesso di crescere e di sviluppare la sua personalità. Il rapporto madre-figlio è di amore-odio, un legame che s’interrompe con una morte improvvisa che scatena la follia latente di John, dopo aver liberato gli amati cavalli della genitrice come simbolo di affrancamento. Troppo tardi, perché i danni psicologici sono irreversibili e il miliardario vorrebbe dagli altri la considerazione che non ha mai avuto dalla madre, fino al punto di farsi giudicare un mentore e un esempio dagli atleti della squadra. Finisce per distruggere il fragile equilibrio di Mark allontanandolo dal fratello, che recupera il rapporto ma paga caro un gesto d’amore.

Finale straordinario e imprevedibile, cruento, gelido come le nevi che circondano la tenuta di Foxcatcher, che colpisce lo spettatore e anticipa la distruzione psicologica di Mark, abbrutito nel postribolo d’un campionato di wrestling. Parte della critica italiana ha definito Foxcatcher un film tipicamente statunitense, paragonando lo stile di Miler a quello di Eastwood. Non condividiamo. Foxcatcher, girato con i tempi di un film di Bergman, è un lavoro molto europeo, introspettivo, montato con lentezza e fotografato con intensi colori invernali.

Girato adesso, ambientato negli anni Ottanta, ma – per stile e tecnica – simile a un film degli anni Settanta. Lo stile di Miller è classico, da narrazione intensa e partecipe, adatto a raccontare la follia di un uomo, ben interpretata dall’espressione allucinata di Steve Carell. Dialoghi ridotti al minimo, sequenze di lotta veridiche, suspense crescente e messa in scena senza indecisioni. Molto brava Vanessa Redgrave nei panni di una madre intransigente, fredda e priva d’amore nei confronti del figlio. Bennett Miller si conferma regista ispirato e originale dopo gli ottimi Truman Capote e Moneyball, rivisitando tematiche psicologico-introspettive e ambientazioni sportive già presenti nei primi lavori. Ottima la colonna sonora che comprende Fame di David Bowie e This Land is Your Land di Bob Dylan. Il regista gira una sceneggiatura perfetta, scandita da tempi realistici e da una suspense crescente, che racconta una storia vera.

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Regia: Bennett Miller. Soggetto e Sceneggiatura: E. Max Frye, Dan Futterman. Fotografia: Greig Fraser. Montaggio: Stuart Levy. Scenografia: Kathy Lucas.  Interpreti: Steve Carell (John du Pont), Channing Tatum (Mark Schultz), Mark Ruffalo (Dave Schultz), Sienna Miller (Nancy Schuktz), Anthony Michael Hall (Jack), Vanessa Redgrave (Jean du Pont). Durata: 134′. Genere: Drammatico, Sportivo.

©Futuro Europa®

[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]

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