#greenitaly
Latte: Coldiretti, salviamo le stalle italiane – Salviamo le stalle italiane. E’ l’appello lanciato dalla Coldiretti Lazio che occasione della maxi manifestazione ancora in corso a Roma davanti al Centro Commerciale Euroma2, ha diffuso il dato secondo cui “ogni anno, nel Lazio, vengono importati dai paesi dell’Unione Europa latte e crema di latte per un valore vicino ai 20 milioni di euro. Di queste importazioni quasi il 50% provengono dalla Germania, addirittura arrivano al 100% di provenienza tedesca le importazioni di formaggi e latticini nel Lazio”. Alla manifestazione erano presenti una rappresentanza degli allevatori, il Presidente nazionale di Coldiretti, Roberto Moncalvo e il direttore di Coldiretti Lazio, Aldo Mattia, e sono stati distribuiti all’interno del Centro, volantini contenenti utili consigli ai consumatori e un appello ai cittadini ad aiutare Coldiretti a “salvare le stalle italiane, i territori, il patrimonio di genuinità, sicurezza e trasparenza del vero Made in Italy, costringendo le multinazionali e le industrie del settore lattiero-caseario a dichiarare l’origine dei prodotti che mangiamo e a pagare il giusto prezzo agli allevatori”. “In Italia il latte fresco viene pagato dai consumatori oltre il 30% in più rispetto ai tedeschi e il 20% in più rispetto ai francesi. In sostanza soggetti come la multinazionale francese Lactalis attraverso i marchi Parmalat, Galbani, Invernizzi e Locatelli vuole comprare il latte italiano alla stalla a prezzi tedeschi e venderlo a prezzi italiani. Infatti, gli allevatori vedono oggi ritirato il loro prodotto a circa 34 centesimi al litro mentre i consumatori continuano a pagarlo oltre quattro volte di più”, spiega Coldiretti Lazio. (Adnkronos)
Ambientalisti, metà dei parchi nazionali è allo sbando Nove associazioni, ministro Galletti intervenga subito – Nove associazioni ambientaliste affermano che “c’è un deficit di governance nei parchi nazionali che deve vedere un’azione immediata del ministero dell’Ambiente” e scrivono al ministro Gian Luca Galletti chiedendo “che venga garantita la piena funzionalità degli enti parco e obiettivi comuni per lo svolgimento armonico e coordinato su tutto il territorio nazionale delle azioni a tutela della biodiversità”. Gli ambientalisti, si legge in una nota, denunciano che “metà dei parchi nazionali (12 su 24) è in condizione precaria” e richiedono “un intervento deciso a cominciare dai tre piú esposti del Mezzogiorno, ora commissariati, che costituiscono un presidio di legalità sul territorio (Vesuvio, Cilento e Sila), a cui si aggiungono ben nove parchi nazionali che non sono a regime (tre sono senza presidenti, sei senza consigli direttivi, cinque senza direttori), mentre per il parco storico dello Stelvio (istituito 80 anni fa) si è deciso di degradarlo e tripartirlo tra le Province autonome di Trento e Bolzano e la Regione Lombardia”. Le associazioni (Cai, Cts, Federazione nazionale Pro Natura, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Mountain Wilderness, Touring Club Italiano e Wwf) chiedono al ministero dell’Ambiente “di mettere tutti gli Enti parco nelle condizioni di poter operare a pieno campo sulla base degli strumenti di pianificazione e di programmazione che hanno a disposizione in un rapporto proficuo con il territorio e la cittadinanza; di procedere alla nomine dei presidenti nominando figure di alto profilo che soddisfino il criterio della competenza e vengano al piú presto sanate le situazioni di affidamento a direttori ‘facenti funzione’, senza i titoli stabiliti dalla legge; di indicare obiettivi omogenei di tutela della biodiversità validi per i parchi nazionali su tutto il territorio, come giá previsto peraltro nelle due Circolari Ministeriali del 28 dicembre 2012 e 21 ottobre 2013, in attuazione della Strategia Nazionale della Biodiversità, e che siano promosse azioni nazionali strategiche afferenti tra l’altro, ad esempio, alla Convenzione Europea del Paesaggio e alla Carta Europea Turismo Sostenibile”.(ANSA).
Trivelle: chiusa Conferenza servizi, verso ok ad Ombrina Mise, iter non ancora concluso. Proteste, giorno nero per Abruzzo – Il progetto della piattaforma petrolifera ‘Ombrina mare’, in Adriatico a largo delle coste abruzzesi, viaggia verso l’approvazione. Alla fine la Conferenza dei servizi al ministero dello Sviluppo economico si è conclusa lasciando questa, come possibilità più concreta. Anche se da un lato il Coordinamento ‘No Ombrina’ parla di un “giorno nero per l’Abruzzo e l’Adriatico” dando per scontato il parere del ministero; dall’altro, però, è lo stesso dicastero di via Vittorio Veneto a far intendere che “l’istruttoria” non sia ancora conclusa provando così a fare chiarezza. In molti, infatti, tra associazioni e ambientalisti, vedono nella chiusura della Conferenza dei servizi un via libera di fatto alle estrazioni, senza che gli enti locali abbiano potuto muovere le proprie osservazioni. “Non ci saranno altre conferenze, loro aspettano le contestazioni di merito; poi ci sarà una decisione”, rileva il vicepresidente dell’Abruzzo Giovanni Lolli che annuncia, alla fine di una lunga mattinata, la decisione di pensare a fare ricorso sia sul procedimento seguito nei lavori della stessa Conferenza che su un eventuale approvazione del progetto da parte del ministero. Tra l’altro Lolli fa presente come si stia “operando contro le leggi”. Ed è per questo che annuncia “battaglia” perché “non si può andare avanti con un procedimento che è illegittimo” che “non colpisce solo l’ambiente ma anche l’economia regionale. Siamo di fronte ad un’arroganza inaccettabile, che porta ad uno scontro istituzionale”. Il legale di alcuni Comuni della costa teatina, Claudio Di Tonno, rimarca l’impossibilità di poter procedere nei lavori della Conferenza dei servizi pur ricordando che per ora c’è “un nulla di fatto: il ministero deciderà in seguito; in questa fase non è chiamato ad esprimere alcunché”. Quello che è successo viene comunque preso, nei fatti, per un via libera all’approvazione del progetto Ombrina, tanto che il deputato abruzzese Fabrizio Di Stefano di Forza Italia chiede le dimissioni del presidente della Regione D’Alfonso “per protesta contro il governo Renzi”; sulla stessa scia i consiglieri regionali di Fi. Alle polemiche risponde però il sottosegretario all’Ambiente Mario Mazzocca ricordando come sia un “fatto grave e inaudito” quanto successo in Conferenza dei servizi, sulla quale viene annunciato “ricorso al Tar” dal momento che “la soluzione trovata oggi di fatto, pur senza decidere, apre la porta formalmente al decreto del Governo”. Anche se a gettare benzina sul fuoco ci pensa il deputato pescarese M5S Gianluca Vacca parlando di “un ennesimo teatrino pietoso messo in scena dal Pd”. Ma per tutta la mattina, la riunione al piano nobile del ministero è stata accompagnata da slogan e cori del Coordinamento ‘No Ombrina’, che ha atteso una decisione per oltre cinque ore. “C’è una legge che blocca Ombrina – spiega Alessandro Lanci del Coordinamento No Ombrina – ed è quella della costituzione di un parco marino regionale della Costa dei Trabocchi secondo cui dal 6 novembre non si possono più fare attività petrolifere. Noi siamo qui per sostenere regione e comuni”. Insieme con loro, a sostenere il ‘no’ al petrolio, anche Legambiente, Wwf e Greenpeace. (ANSA)