USA, Hillary verso le primarie Dem

All’inizio ufficiale delle primarie democratiche mancano pochi mesi. Il 18 gennaio i caucus dell’Iowa daranno il via alle cinquanta competizioni in ogni Stato americano che determineranno il candidato presidente di Democratici e Repubblicani.

Mentre fra i repubblicani non è ancora chiaro quale sarà il candidato in grado di prevalere sugli altri, già da ora Hillary Clinton appare la grande favorita delle primarie democratiche. Secondo diversi osservatori la senatrice ha già conquistato la nomination democratica in questa fase, visto il vasto supporto conquistato tra i Democratici e nella rete di finanziatori, associazioni e movimenti che supportano il partito. “E’ stata un segretario di Stato eccezionale e sarebbe una eccellente presidente” ha detto il capo della Casa Bianca, che nel 2008 la sconfisse nella corsa per la designazione dello sfidante di George W. Bush, per poi affidarle il delicato incarico di segretario di Stato, che Clinton lasciò nel 2013.

Nel primo spot della sua campagna comparivano immagini di classe media, piccoli imprenditori, una coppia gay. E Hillary appariva solo alla fine. Saggiamente manovrata da una squadra di spin doctor, la sua campagna elettorale appare studiata per addolcire la sua immagine di donna fredda e calcolatrice, valorizzando la sua veste di madre e nonna. “Quando le famiglie sono forti, l’America è forte”, ha dichiarato. I deputati della Camera dei Rappresentanti che hanno già dichiarato il proprio endorsement per Hillary Clinton sono 73  su 188, mentre l’ex senatrice di New York ha già collezionato l’appoggio di ventotto senatori, praticamente più del sessanta per cento del caucus alla Camera Alta.

Per certi versi ancora più importante è l’assunzione all’interno dell’organizzazione che gestirà la sua campagna di personalità legate a Barack Obama. Il presidente della campagna di Hillary Clinton sarà John Podesta, dirigente democratico di spicco che ben sintetizza l’integrazione tra due anime del partito in aperto conflitto tra di loro sette anni fa. Podesta è stato Chief of Staff della Casa Bianca, il capo di gabinetto del presidente, con Bill Clinton, ed è stato un apprezzato e influente consulente di Barack Obama dopo aver fondato e guidato uno dei più importanti think tank liberali, il Center for American Progress. Il sondaggista del presidente, Joel Benenson, curerà invece l’enorme lavoro di indagini demoscopiche dopo il trionfale operato del 2012, quando fu uno dei pochi sondaggisti a rilevare una vittoria piuttosto netta per il presidente in carica.

Da diversi mesi alcuni Comitati raccoglievano fondi per Hillary Clinton presidente, e sicuramente dal punto di vista della raccolta finanziaria la sua candidatura non avrà problemi. Nei sondaggi l’ex First Lady e senatrice di New York guida le intenzioni di voto con circa il 60% delle preferenze complessive. Il distacco con gli altri candidati appare incolmabile, anche alla luce dei risultati dell’ultimo dibattito televisivo di fine ottobre.  I più competitivi contro Hillary Clinton il vicepresidente Joe Biden e la senatrice del Massachusetts Elizabeth Warren, hanno  recentemente dichiarato rinunciare alla corsa verso la candidatura democratica.

Momento chiave nel cammino della Clinton verso la Nomination democratica è stata la lunga testimonianza resa davanti alla commissione d’inchiesta della Camera sulla strage di Bengasi, in cui persero la vita l’ambasciatore Stevens ed altre tre persone. Concentrata e sicura, la senatrice ha resistito per 11 ore alle domande ostili dei colleghi, che la accusavano di leggerezza nella gestione della crisi. Il Wall Street Journal ha scritto che Clinton è riuscita a “evitare errori che i Repubblicani avrebbero potuto sfruttare in campagna elettorale”; secondo il Guardian, “si è messa alle spalle le polemiche su Bengasi”; Ryan Lizza del New Yorker ha scritto su Twitter che “per come è andata, Hillary chiederà di testimoniare al Congresso tutti i giorni”. Altri giornalisti hanno raccontato della successiva frustrazione di molti parlamentari Repubblicani, che hanno descritto come “formidabile” il comportamento di Clinton durante l’udienza e temono ora che gli elettori statunitensi possano credere di più ai Democratici, che hanno accusato i Repubblicani di voler approfittare della morte dell’ambasciatore Stevens a fini elettorali.

Le primarie repubblicane selezioneranno probabilmente un avversario competitivo, e non un candidato come Ted Cruz o Rand Paul, che sembrano troppo radicali per poter essere graditi al centro dell’elettorato americano. Senza regali del Gop, Hillary Clinton dovrà contare su una campagna senza errori, su un buon andamento dell’economia ed in generale, sulle sorti della presidenza Obama negli ultimi mesi del suo mandato. Senza queste condizioni, l’ambizione di diventare la prima Presidente donna degli Stati Uniti sembra oltremodo difficile da realizzare.

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