Babadook (Film, 2014)
Babadook è lo straordinario debutto di Jennifer Kent, già assistente di Lars Von Trier, regista australiana di sicuro talento, padrona dei tempi cinematografici e della tensione narrativa. Il film viene classificato horror, ma si tratta di un thriller psicologico che indaga i misteri della schizofrenia e i complessi rapporti madre-figlio.
La trama. Amelia (Davis) è ancora distrutta dalla morte del marito, avvenuta sei anni prima in un incidente automobilistico, mentre stavano correndo in ospedale per mettere al mondo Samuel (Wieseman). Madre e figlio si rinchiudono in una casa popolata di spettri e ricordi, con una stanza-reliquiario che conserva le cose del padre. Il bambino è violento e asociale, non comunica con gli altri, picchia la cugina, viene isolato nell’ambiente scolastico. Un terribile libro di fiabe – Babadook – comincia a tormentare la loro esistenza, Samuel crede che il mostro della storia sia reale, non riesce a dormire, la madre sprofonda nella follia di inquietanti apparizioni. La storia si snoda in un intreccio da thriller orrorifico inquietante e claustrofobico, con Amelia in preda a un delirio allucinatorio che prima la porta a uccidere il cane, poi a tentare di eliminare il figlio. Non sveliamo il finale per rispetto del pubblico.
Un film che entusiasma la critica, nonostante la chiara impostazione da cinema di genere, che abbiamo visto in un Cineclub di provincia (il Tirreno di Follonica), ma che in tempi meno bui di quelli che stiamo vivendo sarebbe stato programmato nelle maggiori sale. William Friedkin – che di horror se ne intende – lo promuove senza mezzi termini: “Non ho mai visto niente di più terrificante”, afferma. Un film interessante, inquietante e angoscioso, terribile perché racconta un orrore reale, ormai consueto nella cronaca nera contemporanea. Il mostro Babadook – una sorta di Nosferatu da cartone animato – è la proiezione della schizofrenia di una mente malata, di una donna che non riesce ad accettare la realtà e che ha allevato un figlio tra angosce e paure.
Lo spettatore si accorge sequenza dopo sequenza che il problema della famiglia non è tanto un figlio violento e dal carattere difficile, quanto una madre in preda ad angosciose turbe di natura schizofrenica. Tutto diventa più chiaro quando Amelia comincia a vedere insetti che escono dalle pareti, apparizioni del marito in cantina e la sagoma terrificante del mostro delle fiabe. La donna cambia personalità in maniera preoccupante, rinchiudendosi nella sua solitudine e minacciando di morte un figlio che ritiene responsabile delle sue disgrazie.
Un film interpretato da due attori straordinari: Essie Davis, perfetta madre in preda al delirio, e Noah Wieseman, che – nonostante la giovane età – è credibile nei panni del figlio problematico. Ottima fotografia dai toni cupi e grigi, perfetta ambientazione in una spettrale casa degli orrori, sceneggiatura che non lascia mai tranquillo lo spettatore. Molte le citazioni cinefile: da Shining di Stanley Kubrick al cinema muto, passando per I tre volti della paura di Mario Bava, immortalato nel fotogramma della bambina fantasma che compare in televisione. Molte invenzioni visive, movimenti di macchina inconsueti, montaggio sincopato, ma racconto classico, in perfetto equilibro tra dimensione reale e fantastica. La follia della mente umana diventa il palcoscenico sul quale danzano i mostri. Un piccolo gioiello.
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Regia: Jennifer Kent. Interpreti: Essie Davis (Amelia Vanek), Noah Wieseman (Samuel Vanek), Daniel Henshall (Robbie), Hayley McElhinney (Claire), Barbara West (Mrs. Gracie Roach). Durata: 90’.
[NdR – L’autore dell’articolo ha un suo blog “La Cineteca di Caino”]