Terrorismo e politica

Il discorso del Presidente Hollande davanti ai membri del Parlamento francese, lunedì scorso, è stato, per tono e contenuti, all’altezza della drammatica sfida in corso contro la Francia, l’Europa e l’Occidente nel suo insieme. Corretta l’analisi: se nel caso di Charlie Hebdo c’era una motivazione religiosa, per quanto aberrante, negli attentati di Parigi era puro odio, pura volontà di colpire il nostro modo di vivere, le nostre libertà, la nostra civiltà, tutto quello che ci fa essere e sentire laicamente liberi, tutto ciò che ci attacca alla vita. Piccole cose, forse: un buon concerto, un  ristorante, un bistró, una serata di inizio week-end pacifico e se possibile spensierato. Contro tutto questo era scientemente, scientificamente, diretta la barbarie islamista.

Corretta la conclusione :  siamo in una guerra, non dichiarata da noi ma che ci è stata imposta, e vi è un nemico identificato e preciso, lo Stato Islamico. Questa guerra dobbiamo combatterla e vincerla. Non è tempo di marce e di preghiere. È tempo di agire. Attesa e necessaria, dunque, la fermezza di Hollande, non solo nelle misure di sicurezza straordinarie annunciate per la sicurezza interna, ma nella ferma decisione di usare la forza militare contro un nemico che usa anch’egli la forza. E giusta l’intenzione di farlo nel quadro di una coalizione internazionale più ampia, che necessariamente deve includere Stati Uniti, Russia, Turchia, Iran, Iraq, alcuni Paesi arabi e tutti quanti sul terreno sono vittime dell’orrore islamista e vi si oppongono con la forza. Include questa coalizione Assad? Penso sia inevitabile e non mi è parso che Hollande lo escludesse.

Da tempo penso e scrivo che, di fronte a un pericolo grave e comune per tutto il mondo che si riconosce nei valori della nostra civiltà, occorra superare le dispute interne e collaborare tutti, senza egoismi o calcoli nascosti, alla difesa comune, fino alla vittoria. Questo è accaduto nei grandi momenti della nostra Storia: la lotta al Nazismo, poi, da noi, al terrorismo rosso. E abbiamo sempre vinto. Avevo anche scritto che occorre andare all’ONU e chiedere al Consiglio di Sicurezza una risoluzione che autorizzi e legittimi l’uso di una forza internazionale. Hollande ora annuncia che questo è il proposito della Francia. Se si pensa alla condanna degli attentati che è venuta da Stati Uniti, Russia, Cina, Iran, Turchia, Brasile, India, Germania e così via, ci sarebbe da sperare che all’ONU si trovi finalmente il necessario consenso. Ma se anche questo non si verificasse, una coalizione dei volontari dovrebbe egualmente formarsi, com’è accaduto in altre occasioni.

Hollande ha fatto appello alla solidarietà dell’Europa, richiamandosi all’art.47 del Trattato. Non so perché non abbia fatto richiamo all’art. 5 del Trattato della NATO che si applica a mio avviso perfettamente al caso. Ma in fondo non importa. L’importanza è che chi ne ha la possibilità e le ragioni si unisca per combattere questo nuovo nemico dell’umanità. Non solo per solidarietà con la Francia, ma perché la minaccia riguarda tutti, tutti vi siamo esposti e non c’è furberia che serva a escludere nessuno da essa. Sarà lunga la lotta? Può darsi? Sarà difficile? Certo. Nessuna guerra è una passeggiata. Ma impossibile no. Qualcuno ricordava che l’IS dispone di circa 60.000 miliziani. Il resto del mondo dispone di forze e mezzi ben maggiori. E i combattenti curdi e yazidi si sono dimostrati, riprendendo Sinjar, del tutto capaci di sconfiggere il nemico. Iracheni e siriani si sono risvegliati. Le milizie iraniane già partecipano alla lotta in difesa degli sciiti.

Non siamo però così ingenui da non capire che il nodo sta nella capacità di Obama e di Putin di mettere da parte le loro differenze e unire le loro risorse politiche e militari, che sono enormi. Sapranno farlo? Il colloquio che hanno avuto in Turchia dovrebbe essere un buon segno. Vedremo. Le condizioni sono due: che si concreti un accordo su una transizione politica in Siria accettabile alle due parti (l’Occidente non si lasci ossessionare da Bashar Assad). E che la Russia (incamerata la Crimea) collabori in buona fede a una soluzione accettabile per il resto dell’Ucraina. Le diplomazie sono in movimento. Stiamo a vedere!

Dovrebbe l’Italia partecipare a un’azione bellica, come esigono i vari Salvini e Meloni, blaterando di “bombardamenti a tappeto”? A me pare che il nostro Paese non possa e non debba sottrarvisi, ma debba farlo nella misure delle sue possibilità e risorse reali. È inutile fare gesticolazioni da “miles gloriosus”. Laddove possiamo agire con efficacia, facciamolo. Dove non abbiamo i mezzi (sospetto che in materia di forza aerea le nostre carenze siano serie) diciamolo. Gi Alleati queste cose le capiscono benissimo.

Sul fronte interno, mi pare che la reazione della gente sia stata degna. Niente “distinguo”, come al tempo di Charlie Hebdo, niente sciacallaggi dei centri sociali o dei loro alleati obiettivi. Grandi ondate di emozione e di solidarietà con la Francia. La classe politica, dal Governo in giù, si è mostrata nell’insieme seria; nell’insieme, perché non vanno contate le sparate salviniane, le ricette apocalittiche che tra l’altro continuano a confondere artatamente terrorismo e immigrazione, che sono problemi ambedue gravi, ma distinti e richiedono cure diverse, e la volgarità usata nei confronti di un Ministro dell’Interno che può piacere o no ma rappresenta in questo momento il punto di riferimento di quell’apparato dell’ordine che, per fare il suo lavoro correttamente a difesa della nostra sicurezza, non ha bisogno di polemiche ma di concordia nazionale e appoggio incondizionato. Pare che nella riunione del Governo con i capi dei gruppi politici, sabato scorso, l’atmosfera sia stata costruttiva e siano state avanzate da varie parti proposte che, se sono giuste, il Governo deve adottare, da qualsiasi parte provengano. Speriamo che, con il passar dei giorni, non si ritorni alle solite beghe da pollaio su temi che sono troppo seri per questo.

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Un Commento

  • Sono d’accordo che agire militarmente contro l’IS sia necessario,tuttavia i terroristi,e non scopro l’acqua calda,vanno combattuti anche sul fronte economico. Credo che abbia ragione Putin quando accusa alcuni stati arabi moderati di finanziare lo Stato Islamico,ma i terroristi si finanziano anche con il petrolio e con i rapimenti.
    Il patrimonio dell’Isis pare sia stimato intorno ai 2 miliardi di dollari,ma questi soldi non sono certo nascosti sotto il materasso.
    Mi rendo conto che stanarlo,stanare i finanziatori, è un lavoro che richiede tempo e un grande coordinamento d’Intelligence,ma credo sia la via più efficace.

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