La risposta UE agli attentati di Parigi

L’Europa si risveglia sconvolta, dopo un weekend di lucida follia nell’XI arrondissement di Parigi, centinaia di vittime innocenti e una serie di criminali da identificare. E’ un assalto senza precedenti al continente europeo, in cui i jihadisti hanno preferito non puntare su obiettivi sensibili, ma pianificando gli assalti in diversi luoghi della vita quotidiana parigina: ristoranti, bar, una sala da concerti, proprio dove la gente prova a godere del proprio tempo libero. Un messaggio molto chiaro rivolto dunque a tutti i cittadini europei, che da questo momento non dovrebbero più sentirsi sicuri di andare liberamente in giro nelle proprie città. L’attacco è direttamente sferrato alla nostra identità, al nostro stile di vita occidentale.

Oltre alla reazione nazionale della Francia, che invoca duri proclami di guerra ai terroristi tramite le parole del suo presidente Hollande, l’opinione pubblica è in attesa di provvedimenti decisi anche da parte dell’Unione europea. Nonostante siano spesso tacciate di debolezza politica internazionale, le istituzioni UE rivestono in questo momento il ruolo cruciale di riunire i popoli europei sotto un unico progetto di unità culturale. L’opportunità dell’UE starebbe dunque nel cambiare le leggi comunitarie in chiave più risoluta verso il terrorismo, sfruttando l’onda emotiva della gente che mai come adesso vuole un’Europa unita e combattiva contro i nemici della libertà.

La prima azione concreta dopo gli attentati di Parigi è stata la dichiarazione congiunta del Commissario europeo per la Migrazione e gli affari interni, Dimitris Avramopoulos, del ministro degli interni francese Bernard Cazeneuve, e di Etienne Schneider, rappresentante della Presidenza lussemburghese presso il Consiglio dell’UE. «I cittadini europei si aspettano dall’Europa una risposta rapida, concreta ed efficace. Stiamo coordinando un’azione europea immediata, in risposta agli attacchi e per prevenire attentati futuri. In questo quadro abbiamo indetto una riunione straordinaria del Consiglio Giustizia e Affari interni il prossimo 20 novembre a Bruxelles per dare una risposta forte e unitaria agli attacchi».

I tre temi principali che verranno discussi nel corso del meeting sono l’aggiornamento del Passenger Name Record (PNR, il sistema di registrazione dell’identità dei passeggeri nei voli in Europa), la questione delle armi da fuoco e il rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne. Sul tema della sicurezza aerea, la proposta di riforma già avviata a gennaio 2015 dovrebbe obbligare le compagnie aeree a fornire all’UE i dati dei passeggeri che arrivano in Europa o escono dai suoi confini, con una raccolta più sistematica delle informazioni personali per identificare più efficacemente soggetti sospetti. Riguardo alle armi da fuoco, la disputa verterà su quelle detenute illegalmente come minaccia alla sicurezza interna in Europa, in un sistema poco controllato che alimenta il traffico internazionale, soprattutto per mezzo di sistemi informatici chiamati “darknet”. In merito ai confini esterni dell’Unione europea, invece, il Consiglio spingerà quasi sicuramente verso maggiore supporto e finanziamenti per l’allestimento di nuove basi di controllo: attualmente infatti il flusso di rifugiati provenienti dalla Siria ha messo a dura prova le possibilità di gestione delle amministrazioni pubbliche, e di certo il prosieguo dei bombardamenti a Raqqa e in altre postazioni Daesh non diminuirà la fuga di rifugiati verso le coste europee.

In concomitanza con le azioni congiunte in seguito agli attacchi, lo scorso 16 novembre la Commissione ha ufficialmente comunicato l’entrata in vigore delle nuove regole in materia di protezione delle vittime di reati compiuti nel territorio dell’UE: la direttiva IP/12/1066 stabilisce una serie di diritti vincolanti per chiunque abbia subito alcun tipo di violenza in Europa, a prescindere dalla propria nazionalità. L’obiettivo di tali norme è di riconoscere lo status di vittima agli individui colpiti e ai loro familiari, in forma rispettosa e senza alcuna discriminazione.

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