Ingente furto al Museo di Castelvecchio

Verona – Forse non il più grande furto museale della storia recente, ma sicuramente il più grande che si ricordi (vedi ad esempio il Museo di Caracas, che nel 2001 ha individuato 14 opere d’arte mancanti, senza riuscire ad attribuirne il momento della sparizione). Ma sicuramente la notizia relativa all’evento verificatosi presso il veronese Museo di Castelvecchio ha provocato enorme clamore e ha riscosso altrettanto interesse. Il fenomeno, del resto, si verifica con estrema facilità nell’età dell’informazione digitale –  ciò nulla toglie al grado di gravità dell’azione.

La sera di giovedì 19 novembre, sono state sottratte 17 opere, tra tele e tavole, dalle sale del Museo. Tre malviventi a volto coperto sono giunti poco prima delle 20, al momento del cambio della guardiania, quando, tra le 19.30 e le 20, al personale comunale di vigilanza (che consta di una guardia in turno dalle 19 alle 2 di notte, e di una dalle 2 alle 9 di mattina) subentra l’istituto di vigilanza privata Sicuritalia che presidia nelle ore serali e notturne il sito. Alla chiusura e all’apertura, il sistema d’allarme viene disinnescato. Hanno, dunque, immobilizzato la cassiera all’entrata e disarmato la guardia giurata, obbligandola a condurli nelle sale. Sembra che i ladri non abbiano proferito parola, al fine di non tradire alcun possibile accento caratterizzante. È seguita la fuga con il bottino a bordo della station wagon della guardi di vigilanza, dopo aver maldestramente sfregiato, nella fretta, la Conversione di Saulo, tavola di Giulio Licinio.

Come spiega il Sindaco Flavio Tosi – che gode della delega alla Cultura e alla Sicurezza – nel comunicato stampa, operano “48 telecamere all’ingresso, nelle sale espositive e lungo i camminamenti. Il sistema consente di registrare e conservare le immagini fino a 5 giorni ed è collegato con una sala di controllo all’interno di Castelvecchio – a cui sono collegati tutti i sistemi di allarme volumetrici delle sale espositive – dove dalle 19 della sera alle 9 del mattino successivo di ogni giornata è presente una guardia giurata armata privata. […] I sistemi antifurto, al momento della rapina, non erano perciò ancora stati attivati, così come i sensori volumetrici, collegati con la centrale operativa dell’istituto vigilanza privata. L’ingresso dei rapinatori è avvenuto a Museo ancora aperto, proprio al momento del cambio tra personale museale e vigilanza privata. L’area esterna del Museo di Castelvecchio inoltre è vigilata da altre telecamere di videosorveglianza cittadine, collegate con la Centrale Operativa della Questura e della Polizia Municipale, che riprendono l’area esterna e i principali incroci cittadini: le immagini sono già state messe a disposizione degli organi di polizia investigativi.”

Tra i pezzi che mancano all’appello, ci sono la Madonna della Quaglia di Pisanello, San Girolamo Penitente di Jacopo Bellini, il Ritratto di Giovane con Disegno Infantile di Giovan Francesco Caroto, ma anche Mantegna, dei Jacopo Tintoretto e un Peter Paul Rubens; ma anche pezzi di valore relativo mancano all’appello – per cui non si capisce quindi la ratio nella scelta del gruppo. La sala più colpita è sicuramente quella di Tintoretto.

Non è stata ricevuta ancora nessuna richiesta di riscatto, ma risulta difficile pensare si tratti di un furto su commissione. Infatti, le opere trafugate sono in quantità troppo elevata, superstudiate e dibattute, dunque invendibili. La ferita inferta è davvero profonda. La Direttrice dei Musei Civici, Paola Marini – che, dopo 22 anni di impegno a Verona, proprio in questi giorni assume la carica di Direttrice delle Gallerie dell’Accademia di Venezia – dichiara: “C’è sicuramente una volontà di destabilizzazione, di mettere in crisi un sistema.” Le opere sottratte sono di valore inestimabile, non tanto perché rare e fuori mercato, ma soprattutto perché estremamente identitarie per il Museo. Intanto, musei italiani e di Paesi esterisi sono proposti di riempire i punti vuoti dell’esposizione. Le indagini, presiedute dal sostituto procuratore Gennaro Ottaviano, procedono, in concertazione tra i carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico di Venezia e di Roma, la Squadra Mobile e lo SCO (Servizio Centrale Operativo della Polizia), giunti nel capoluogo scaligero dalla Capitale.

Non è chiaro come mai alla centrale operativa dell’agenzia di vigilanza non sia arrivato il segnale che il sistema non era stato innescato. Per all’incirca un’ora e venti minuti la razzia è stata operata indisturbata, fino a quando non è partita la chiamata al 113 poco dopo le 21. La Marini è stata allora raggiunta dalla notizia, per trascorrere l’intera nottata fino alle ore della mattina successiva in questura a compilare l’inventario delle opere mancanti.

Solo ora la sicurezza è stata implementata. Alla guardia armata in turno dall’ora di chiusura della struttura ne è stata aggiunta una seconda, posta a presidiare i monitor che trasmettono le immagini della videosorveglianza. Mentre, durante la giornata le sale continuano a essere sorvegliate solo dal personale del Comune non armato. Tuttavia, alla biglietteria sono stati posti due agenti della Polizia Municipale, dotati di pistola di ordinanza.

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