Cronache dai Palazzi

Un’Italia in ripresa anche se a fatica. Dopo una forte caduta del reddito nel periodo 2006-2012 la situazione sembra si stia stabilizzando. L’Istat fotografa un Paese che senza dubbio cerca di dimenticare la crisi per ricominciare a crescere, anche se sono ancora molte le ombre che aleggiano sull’economia italiana. Il tasso di disoccupazione (11,5%) è il più basso degli ultimi tre anni ma aumentano gli inattivi. Nel giro di un anno, inoltre, le persone che, scoraggiate, hanno interrotto la ricerca di un nuovo posto di lavoro è aumentato di 196 mila unità (+1,4%), con un tasso di inattivi salito al 36,2%. Ad ottobre invece si registra il secondo calo consecutivo degli occupati su base mensile, con una diminuzione di 39 mila unità rispetto a settembre (-0,2%). L’occupazione cresce però su base annua: +75 mila persone (+0,3%). Ad ottobre aumenta in sostanza il tasso di disoccupazione tra i 15 e i 24 anni su base mensile (+0,3%) ma spiccano il volo gli over 50, una categoria che negli ultimi anni ha registrato una crescita pressoché costante degli occupati: +13,9%, ossia circa 900 mila unità in più tra gennaio 2013 e ottobre 2015. I dipendenti crescono tendenzialmente dello 0,9% (+158 mila), complici molto probabilmente gli sgravi contributivi attribuibili al Jobs Act. Gli indipendenti infine diminuiscono dell’1,5% (-83 mila).

Nel dettaglio l’Istituto nazionale di statistica indica una crescita dei consumi dello 0,4% mentre gli investimenti fissi lordi hanno registrato una flessione dello 0,4%, deludendo di conseguenza le aspettative. Non bene nemmeno i rapporti con l’estero, in quanto le esportazioni sono diminuite dello 0,8% mentre le importazioni sono aumentate dello 0,5%.  A livello nazionale si registra comunque un incremento del valore aggiunto per diversi comparti: agricoltura (+3,7%); industria (0,9%); servizi (+0,5%). Dati che inducono il governo a non allontanare i pensieri positivi. Guardando al futuro con ottimismo, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan sottolinea che “la fiducia delle imprese e delle famiglie sta tornando a galla”, nonostante “la sfiducia legata alla paura” determinata dall’allarme terrorismo, che per il titolare di Via XX Settembre è comunque destinata ad avere un “effetto temporaneo e limitato”.

L’Italia non è un Paese per giovani, denuncia invece l’indagine di Bankitalia, secondo la quale “in termini reali, la ricchezza media delle famiglie con capofamiglia tra i 18 e i 34 anni è meno della metà di quella registrata nel 1995, mentre quella delle famiglie con capofamiglia con almeno 65 anni è aumentata di circa il 60%”. In sostanza gli anziani sono sempre più ricchi e i giovani sono sempre più poveri, anche se la fotografia scattata dalla Banca d’Italia con la consueta indagine sui bilanci delle famiglie italiane attesta, per il 2015, una certa stabilità per le famiglie del campione (8mila). La forza delle famiglie italiane continua comunque ad essere la ricchezza patrimoniale più che il reddito. Continua inoltre ad aumentare la fetta della popolazione a “basso” reddito (meno di 800 euro mensili), in continua ascesa dal 2006. Tale porzione di individui nel 2014 ha raggiunto quota 22,3%.

Nel frattempo il governo deve ancora definire il pacchetto di interventi a favore del Mezzogiorno – decontribuzione al 100% per i nuovi assunti a tempo indeterminato e un credito d’imposta per i nuovi investimenti – mentre vengono stanziati 180 milioni per promuovere l’autoimprenditoria, soprattutto a vantaggio di donne e giovani. Spunta infine un tesoretto di almeno 400 milioni grazie al successo della voluntary disclosure per regolarizzare i capitali detenuti all’estero: una nota del Mef ha annunciato infatti che sono stati raggiunti 3,8 miliardi di gettito contro una stima di 3,4.

Sud, sicurezza e banche sembrano essere in pratica i binari principali della manovra finanziaria del 2015, mentre spuntano nuove tasse come quelle sulle motoslitte e sulle biciclette: “un’idonea tariffa” per registrare le due ruote “prevedendo un numero sul telaio non cancellabile”. Si tratta di un emendamento presentato in commissione Lavori Pubblici a Palazzo Madama dal capogruppo dem Marco Filippi che sottolinea: “ Non si vogliono prevedere tasse o altro di simile per le biciclette. Si vuole solo dare la possibilità ai ciclisti di iscrivere in un registro nazionale le bici per evitare che vengano rubate continuamente”. La spiegazione però non convince tutti, tantoché la Lega parla di “Bike tax”.

Per la Consulta, invece, è ancora fumata nera. Da lunedì 14 dicembre si voterà a oltranza per l’elezione dei tre giudici costituzionali mancanti. “È necessario cambiare metodo – ha sottolineato il presidente del Senato Pietro Grasso – e sfruttare questa pausa per trovare il consenso più ampio”. L’incapacità delle forze politiche di trovare un accordo sembra indicare qualcosa di più profondo della semplice mancanza di senso di responsabilità. La situazione è ferma a mercoledì 29 novembre quando con la “notturna” convocata dai presidenti Grasso e Boldrini, il Parlamento riunito in seduta comune non è riuscito ad eleggere al 29° scrutinio i tre nuovi giudici della Consulta. In stallo la terna di candidati del patto del Nazareno esteso ad Ap di Alfano: Augusto Barbera proposto dal Pd; Francesco Paolo Sisto, FI, e Ida Nicotra proposta da Ap. I pentastellati, che insistono sulla candidatura di Franco Modugno, denunciano “l’ennesimo inciucio Renzi-Berlusconi” e affermano di poter aprire al candidato del Pd solo se va via Sisto. I dem per ora respingono l’offerta dei grillini, mentre la Lega denuncia “aria di inciucio tra Pd e M5S”. Dentro Forza Italia cominciano comunque a circolare altri nomi, tra cui Alessio Lanzi che ha difeso tra gli altri Fedele Confalonieri e David Mills.  Il Pd, a sua volta, viene accusato di non saper tenere a bada la minoranza del partito e di non essere in grado di costruire un asse con Sel. Nel mirino c’è però soprattutto la decisione di non aprire un confronto con le forze parlamentari. “Le candidature si costruiscono con la pazienza e la ricerca del consenso, non facendo sapere i nomi a venti minuti dalla votazione”, ha dichiarato Denis Verdini. Il numero dei votanti in calo è un altro segnale della palese disaffezione dei partiti per le nomine decise a tavolino. Quindi – come auspicato dal presidente Grasso – è necessario “aprire una riflessione”, si vocifera tra le fila del Pd. Tutti i nomi finora in ballo potrebbero cambiare – anche Barbera – e non si esclude un tentativo di intesa con i grillini.

Un altro terreno di battaglia è rappresentato dalle amministrative di Milano e Roma dove si corre per la candidatura a sindaco. A Milano Renzi incontra Pisapia e punta su Mister Expo, Giuseppe Sala. Nell’incontro con Pisapia Renzi non ha comunque imposto nessun nome: “Io non devo imporre veti, né dare la patente a nessuno, voglio che ci siano primarie vere e quindi se Balzani vuole candidarsi lo faccia”, ha ribadito il premier segretario. Renzi ha però sottolineato: “Sala è una figura prestigiosa e autorevole, è un candidato vincente, se scende in campo per il centrosinistra è un fatto positivo, può allargare e far crescere la coalizione”.  Parole ovviamente non condivise da Pisapia, pronto a ritirare i suoi sulla candidatura di Sala e deciso a battersi per portare a casa altri nomi, primo fra tutti Balzani. Sulle regole sembra che si sia invece raggiunto un punto di mediazione esplicato da Renzi: “Una volta che si è dentro, si sottoscrive un patto, non è che se uno perde, non accetta il risultato e se ne va per conto proprio: questo deve essere chiaro fin dall’inizio”.

Sulla data delle primarie milanesi si deve ancora ragionare e comunque “non hanno un risultato già scontato”, ha sottolineato Matteo Renzi. Nella Capitale, invece, sia il centrodestra sia il centrosinistra devono ancora testare varie personalità e molto probabilmente il candidato per entrambi arriverà sotto l’albero o addirittura con il nuovo anno. Anche il tridente composto da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia vive i suoi drammi, tantoché i forzisti della cerchia ristretta continuano a ripetere: “L’accordo dev’essere nazionale. O si fa ovunque, o si procede in ordine sparso”. Si spera inoltre in un fallimento del Pd a partire da Milano, dove “il dualismo Sala-Pisapia ci dice che questo può accadere”, dichiara Giovanni Toti.

In definitiva, l’ex Cavaliere rinvia, ancora una volta, lo scontro finale con Renzi che, molto probabilmente, non si consumerà sul terreno delle amministrative di Milano e Roma ma con il referendum sulla Costituzione, tra poco meno di un anno.

©Futuro Europa®

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