Cronache dai Palazzi

Il braccio di ferro tra governo italiano e Commissione europea in materia di salvataggio delle banche continua a mietere colpi su colpi. L’esecutivo in carica nel nostro Paese difende i provvedimenti messi in campo finora, ma insorgono anche le opposizioni  che chiedono l’istituzione di una commissione di inchiesta sulle banche italiane, che indaghi sulle responsabilità del governo e delle autorità di vigilanza. Il caso diventa umanitario, soprattutto dopo l’evento tragico di Civitavecchia, dove un pensionato si è tolto la vita dopo aver saputo di aver perso tutti i risparmi di una vita a causa del fallimento di Banca Etruria.

La Commissione europea insiste che”le banche in questione stavano vendendo prodotti non adatti per i clienti, che probabilmente non sapevano cosa stessero comprando”. Parole dure quelle del commissario Ue responsabile dei mercati finanziari, il britannico Jonathan Hill, che parlando a nome della Commissione di Jean-Claude Juncker, ha criticato la vendita di titoli complicati e ad alto rischio a comuni risparmiatori. Hill ha inoltre contestato il governo Renzi per non aver ancora recepito la direttiva europea in materia di tutele per i conti bancari fino a 100 mila euro.

L’obiettivo Ue deve essere chiaro, ha sottolineato Hill: “Quando una banca va in crisi non sia il contribuente a pagare”. La Commissione Ue potrebbe approvare delle opere di salvataggio, come avvenuto in Spagna, istituendo degli specifici tribunali arbitrali per individuare i risparmiatori messi nel sacco, mentre il fondo di Welfare proposto dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan –fondo destinato solo a coloro che sono finiti in condizioni precarie a causa delle perdite – verrà valutato separatamente.

Il ministero del Tesoro insiste nel dire che “la colpa non è del governo” e si vuole “capire sino in fondo se ci sono delle responsabilità”. Via libera quindi alla commissione d’inchiesta, condivisa inoltre anche dal Pd. “Le responsabilità riguardano tutti tranne che noi – ha dichiarato Matteo Renzi -, si faccia una bella commissione d’inchiesta, noi siamo gli unici a non avere nulla da temere”. Il premier ammette comunque che sarà “impossibile salvare” tutti gli azionisti e lancia “una forma di ristoro” per i possessori di obbligazioni subordinate dei quattro istituti coinvolti nell’operazione “salva banche”. Nessun risarcimento ai possessori di azioni dunque, ma si parte dal presupposto che gli obbligazionisti possono essere stati indotti dagli intermediari finanziari – le stesse banche – ad acquistare dei prodotti finanziari ad alto rischio e, in particolare, non adatti alla clientela al dettaglio. Del resto anche l’Unione europea ha sottolineato che le banche italiane vendevano prodotti “inadatti” a determinati risparmiatori. Come nel caso spagnolo, i tribunali arbitrali di prossima istituzione potrebbero riconoscere dei rimborsi ai risparmiatori che sono stati informati male o, addirittura, che non sono stati assolutamente informati dei rischi ai quali andavano incontro. Per quanto riguarda l’acquisto delle azioni, infine, non è poi così semplice dimostrare il dolo degli intermediari finanziari.

Le tensioni e le incertezze sono inoltre aumentare quando la Banca d’Italia ha rigettato sulla Commissione europea la responsabilità delle perdite subite dai risparmiatori, escludendo qualsiasi ipotesi di salvataggio delle quattro banche (Banca Marche, Etruria, Cassa Ferrara e Cassa Chieti) grazie al Fondo di garanzia dei depositi (finanziato da banche private). Bankitalia ha comunque precisato che il ricorso al Fondo interbancario di tutela dei depositi “non è stato possibile per la preclusione manifestata da uffici della Commissione Ue, da noi non condivisa, che hanno ritenuto di assimilare ad aiuti di Stato gli interventi del fondo”. Secondo i dirigenti di Bankitalia, invece, l’utilizzo del Fondo “avrebbe consentito di porre i presupposti per il superamento della crisi”. Immaginare uno scontro tra governo e Bankitalia è di certo eccessivo ma da Via XX Settembre si continua a ribattere che “la colpa non è del governo”. L’esecutivo, per di più, è seriamente intenzionato a “capire sino in fondo se ci sono delle responsabilità”.

Il raffreddamento dei rapporti tra governo italiano e Commissione europea non riguarda comunque solo il salvataggio delle banche ma coinvolge anche l’attuale manovra finanziaria. “Siamo ad uno dei punti più bassi, almeno degli ultimi mesi”, dicono da Bruxelles. Non è un mistero che vi siano delle visibili incomprensioni in materia di flessibilità. Il governo italiano insiste sulle clausole che permetterebbero al nostro deficit di crescere, sia per quanto riguarda gli investimenti in sicurezza sia a proposito dei costi sostenuti per l’emergenza migranti, ma la risposta della Commissione europea è stata negativa e il giudizio è stato rimandato al prossimo anno. Una distanza acuita inoltre dal dossier sull’identificazione dei profughi. All’Italia – come a Grecia Croazia e Malta – è stata contestata la violazione di alcune norme del regolamento di Dublino III in vigore dal 2014, che obbliga gli Stati di primo ingresso a farsi carico di migranti illegali e richiedenti asilo. Secondo la Commissione europea  nei primi sette mesi dell’anno sarebbero state omesse oltre 60 mila sbarcate sulle coste italiane.

“Dublino può essere superato dagli eventi, ma è ancora valido e dobbiamo applicarlo”, hanno spiegato le istituzioni europee. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha comunque sottolineato che in questo momento “la nostra percentuale di registrazione è vicina al 100%”, anche grazie ad “una organizzazione che funziona molto meglio e questo ci viene riconosciuto anche a livello europeo”. Le buone intenzioni non soddisfano comunque i tecnici Ue che chiedono, in particolare ad Atene e a Roma, di “assicurare la registrazione” dei migranti adottando “le misure necessarie a scoraggiare il rifiuto”. Il 15 dicembre la Commissione varerà un nuovo pacchetto di proposte, tra cui la creazione di una nuova guardia di frontiera europea e un programma volontario di reinsediamento dei rifugiati siriani direttamente dalla Turchia. Nel Vertice europeo del 17 dicembre, invece, i capi di Stato e di governo torneranno a discutere della crisi dei rifugiati.

In questo fine settimana tra l’11 e il 13 dicembre i riflettori sono puntati sulla Leopolda, la convention annuale promossa da Matteo Renzi nel 2010 a Firenze. Sorta all’insegna della “rottamazione”, nel corso degli anni successivi la Leopolda ha accompagnato l’ascesa di Renzi sia all’interno del Pd sia verso Palazzo Chigi. “Non è un meeting di partito, ma un incontro di persone che credono nel valore della politica”, ha però sottolineato il premier-segretario bandendo ogni forma di politichese e, tanto più, sterili polemiche. Mettendo in atto un po’ di retorica Renzi torna a dire che “partendo dal basso si può scalare la montagna della vecchia politica” e riferendosi ai suoi compagni di viaggio – in particolare coloro che lo hanno accompagnato e non abbandonato nel suo percorso da Firenze a Roma – puntualizza: “Nessuno avrebbe scommesso mezzo centesimo su di noi, eppure torniamo alla Leopolda con il nostro carico di responsabilità e leggerezza”. Rivolgendosi a tutti i parlamentari l’ex sindaco di Firenze infine afferma: “Non è un’iniziativa targata Pd, lo sapete. Chi di voi vuole esserci, è il benvenuto”.

Le critiche comunque non mancano e molte provengono anche dalla minoranza interna al Pd. Miguel Gotor respinge l’invito e contestando “la promozione di iniziative di corrente” da parte del leader sferra un duro attacco a Renzi: “L’organizzazione che dirige non può essere trasformata in un comitato elettorale permanente”. La sfida con la minoranza è quindi sempre aperta e mentre a Firenze va in onda la Leopolda a Roma, al Teatro Vittoria, Roberto Speranza e Gianni Cuperlo dirigono l’anti-Leopolda, ossia la manifestazione che hanno titolato “Con il Pd nel mondo che cambia”. “Il Pd non deve prendere la deriva del partito della nazione”, avverte infine Speranza che, nel contempo, lancia “Orizzonte centrosinistra”. A Napoli debutta invece “Sinistra italiana” e, come annuncia Alfredo d’Attorre, dal Sud partirà “la grande campagna referendaria contro riforma costituzionale, scuola e Jobs act”.

La Kermesse di Firenze punta invece a presentare il 2016 come l’anno della svolta, sia per il referendum sulla riforma costituzionale che si terrà in autunno, sia per le elezioni amministrative. Alla Leopolda non ci sarà comunque posto per le bandiere del Pd e non si parlerà di candidature perché nel partito “pigliatutto”, o della Nazione, ci dovrebbe essere ipoteticamente posto per tutti. Poco “giglio magico” quindi, e dalla Leopolda degli outsider si passa alla Leopolda della “visione”: un progetto per l’Italia che Renzi e i renziani intendono offrire alla Nazione, sino al 2018 sottoforma di governo e oltre quella data come gli eventi detteranno. L’ambizione e l’ottimismo del renzismo di certo si spinge sempre oltre, mettendo in campo un progetto di lungo periodo per cambiare l’Italia, per poi cambiare l’Europa.

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