Smog, vederci chiaro
Troppo spesso politici e giornalisti, blogger e commentatori, parlano di Ambiente con l’unica preoccupazione di marcare il territorio come in un eterno talk show. E’ accaduto ancora: sullo smog, per settimane, fino alle piogge di questi giorni. Che archivieranno il tema, ma non un altro smog, quello informativo, che ne è risultato.
Il metodo, il solito vecchio artificio retorico: si prendono due dati, proprio due, che presi così, separatamente dal resto e dal contesto possono risultare in evidente contrasto o in stupefacente relazione; li si accosta, si scatena l’emozione e a questo punto si butta lì la propria rispettabilissima opinione. Come ha fatto Grillo, accostando l’aumento dei decessi nel 2015 reso noto dall’ISTAT con lo smog e le politiche poco ambientali dei nostri governi: prontamente smentito, nelle conclusioni, dallo stesso Istituto, che in un comunicato ha affermato che le cause dei decessi registrati non sono ancora note.
Facendo accostamenti arditi, Grillo, al quale va riconosciuto di aver portato alla ribalta i rischi di politiche anti-ambientali sciagurate, in questo caso ha fatto un pessimo servizio all’Ambiente e agli Italiani, e un ottimo servizio al Governo che dice di attaccare. Grillo ha dimenticato ad esempio che, come spiega Nicola Porro sulle pagine de Il Giornale, medici divulgatori come Silvio Garattini ricordano che i decessi in più possono essere semplicemente quelli per anni ‘rimandati’ grazie alle cure sanitarie per la terza età. Peccato che poi Porro accosti a sua volta due dati, anche lui proprio due: l’aumento dello smog con quello, censito negli ultimi anni, degli ettari di ‘foreste’, aumento da sempre proposto come rimedio anti inquinamento dagli ambientalisti da lui odiati e che, non avendo evitato l’eccesso di smog, sbugiarderebbe gli ambientalisti stessi. L’accostamento non funziona, perché, in stragrande maggioranza, i milioni di ettari di ‘foreste’ in più risultanti dalle statistiche non sono coperti da boschi di alto fusto: sono invece terreni agricoli abbandonati a causa della crisi, ma in quanto tali classificati come foreste, quelli italiani nell’Inventario Nazionale delle Foreste e del Carbonio. Prati, cespugli e pochi alto fusti insomma, con un limitato potere di assorbimento. Ma di cosa? Tutte le specie vegetali assorbono CO2, ma poche assorbono polveri sottili, e di queste poche, alcune più altre meno. Le ‘foreste’ in più non risolvono perché, come massa verde e potere di assorbimento, quasi non esistono. Ma perché gli ambientalisti non lo spiegano, che molte delle foreste censite son solo sulla carta? Perché, con gli ettari di ‘foreste’ ufficiali in più, gli amministratori ‘ambientalisti’ al governo di comuni e regioni ci fanno un figurone. Mentre per il ministro dell’Ambiente le presunte foreste in più sono un efficace scudo mediatico alle figuracce anti-ambiente, come le autorizzazioni di nuovi pozzi petroliferi, le ‘trivelle’.
Altro binomio semplicistico: veicoli privati e smog. Ambientalisti e giunte prevalentemente di sinistra ci vanno avanti da vent’anni: meno auto in strada, uguale meno polveri inquinanti. Mezzi pubblici? A sentir loro, paiono alimentati con fiori di mughetto. E i riscaldamenti? Meno preoccupanti del caminetto della nonna. Imbarazzante che poi le agenzie certifichino che non funziona: l’Ansa per prima ha dovuto titolare, il 30 dicembre, “Flop targhe alterne” a Roma: perché, nonostante il provvedimento, le polveri sottili non erano diminuite. Già, perché, ad esempio, oggi le auto diesel emettono polveri sottili fino a ventotto volte meno di vent’anni fa, quando il tormentone anti-auto cominciò. Secondo l’ISPRA, Istituto di Ricerca del Ministero dell’Ambiente, nel 1995 i veicoli emettevano per esempio 50 mila tonnellate l’anno della velenosissima ‘polvere sottile’ PM2,5: oggi 20 mila. Il 60 per cento in meno. Nello stesso periodo, però, la PM2,5 emessa dai soli riscaldamenti per uso residenziale è passata da 40 a 60 mila tonnellate. Davvero, allora, il problema si risolve prendendosela col traffico privato? E come stupirsi, se non si risolve? Sbugiardati, insomma, i propagandisti del verbo che la ‘colpa’ dello smog è solo delle auto private. Altro dato: l’ISPRA registra un’impennata, dal 2003 ad oggi, nel consumo di pellet e biomasse per i riscaldamenti residenziali. Bruciare legna è ‘più ecologico’? Macché: produce PM2,5 100, cento volte più della combustione di gasolio e GPL, e 2000 volte più del metano. Oggi, praticamente tutta la frazione PM2,5 emessa dai riscaldamenti residenziali è prodotta dalle biomasse.
Insomma, ad aver inseguito senza prove scientifiche il binomio blocco traffico uguale diminuzione polveri sottili ci hanno perso tutti. Pure l’Ansa: perché, nel divulgare con la sua autorevolezza, nel suo titolo, il messaggio del ‘flop’, non ha considerato l’effetto disfattistico su un pubblico da anni disinformato e ormai convinto che solo fermando le auto si può abbattere lo smog. Eppure il 23 dicembre l’Ansa aveva intervistato Guido Pirovano, ricercatore del Laboratorio Ricerca sul Sistema Energetico – RSE, che aveva spiegato che “il particolato ha un tempo di residenza in atmosfera di circa una settimana, dunque le concentrazioni di polveri che misuriamo oggi sono figlie delle emissioni che si sono succedute nell’arco di 7-10 giorni”. Le targhe alterne, per giunta, erano ‘spot’, due giorni a settimana. Giusto diffondere il concetto di ‘flop’, allora? Subito usato sbrigativamente da tutti. D’altra parte però, chi può affermare che senza blocchi parziali o totali le polveri non sarebbero, addirittura, aumentate? E che, sia pure miopi e demagogici, i blocchi anti-auto siano stati del tutto un ‘flop’?
Meno male che a far chiarezza c’è il ministro dell’Ambiente Galletti, che in pieno ‘allarme smog’ ha convocato un vertice e firmato un protocollo con Comuni e Regioni, dei quali i più urgenti “sono due. Il primo è il miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici”, ha detto. “Penso soprattutto al controllo delle caldaie e al rinnovo degli impianti di riscaldamento obsoleti. Poi, la rottamazione dei mezzi privati più inquinanti”. E poi, il divieto a bruciare biomasse, l’acquisto nazionale centralizzato di nuovi mezzi pubblici, i fondi per l’efficienza energetica degli edifici pubblici e la proroga degli eco bonus per le ristrutturazioni. Ecco, Galletti come sempre predica bene, dati alla mano, e chi come Grillo vuol parlare, meno male, di politiche ambientali, prenda nota: punto per punto, per favore. Continui a sollecitare il Governo sulle ventidue procedure di infrazione che l’Italia ha ancora pendenti per mancato recepimento delle direttive europee in campo ambientale, direttamente o indirettamente incidenti su qualità dell’aria e smog. E pensi a verificare che la nuova lista di buoni propositi di Galletti non faccia la fine delle direttive non recepite e del Green Act, che ha da poco sollecitato: una ‘rivoluzione ambientale’ pure quella, annunciata dal ministro nel giugno 2015 e poi dimenticata.
[NdR – L’autore cura un Blog dedicato ai temi trattati nei suoi articoli]