Cronache dai Palazzi

L’Unione europea continua a bacchettare l’Italia nonostante i buoni risultati prefigurati dall’Istat nel mercato del lavoro. L’invito di Bruxelles è non “esagerare” con la flessibilità e il richiamo arriva da un difensore dell’austerity, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, da sempre vicino alle posizioni tedesche che con quest’ultimo monito rischia di frenare ogni eventuale richiesta italiana di flessibilità sui conti – ad esempio a proposito di immigrazione – come del resto è stato previsto con il Patto di flessibilità.

Il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem mette in guardia il governo italiano che avrebbe chiesto “varie flessibilità: per le riforme strutturali, per gli investimenti e per le spese per fronteggiare la migrazione. L’unica cosa che posso dire è: non spingiamo”, chiosa Dijsselbloem. Ovviamente il ministero del Tesoro italiano difende i provvedimenti messi a punto dal Belpaese, che avendo messo in campo investimenti e riforme chiederebbe, come previsto, incentivi sottoforma di flessibilità, quindi nel rispetto delle regole. Il 23 novembre l’esecutivo Ue ha comunque giudicato il bilancio italiano “a rischio”, in quanto non rispetterebbe a pieno “i requisiti del patto di Stabilità”, rinviando di conseguenza la sentenza definitiva alla primavera del 2016, dopo aver  di fatto esaminato adeguatamente i conti. Per l’olandese Dijsselbloem la flessibilità deve essere considerata un’“eccezione” e non la regola e, soprattutto, “deve essere applicata in modo serio e non deve danneggiare il patto di Stabilità”.

I rimproveri provenienti dai tecnici Ue non sembrano comunque impensierire più di tanto il governo Renzi pronto a consolarsi con gli ultimi dati sull’occupazione. Anche se si tratta pur sempre di frazioni percentuali l’esecutivo rimarca i miglioramenti addebitati in primo luogo al Jobs Act che “funziona”, puntualizza il premier. Gli occupati sono cresciuti dello 0,2 per cento a novembre 2015 e coloro che non lavorano sarebbero l’11,3 per cento, dato molto vicino all’11,2 del 2012. Secondo l’Istat nel mondo del lavoro ci sarebbero più donne, più lavoratori dipendenti permanenti e meno a tempo determinato. In un anno i nuovi occupati sono 206 mila e i disoccupati sono diminuiti di 479 mila unità.

Per Matteo Renzi “l’Italia riparte dal lavoro”, come scrive in un tweet. Di concerto il ministro del Lavoro Giuliano Poletti si dichiara soddisfatto dei dati che “rappresentano segnali di speranza e fiducia nel 2016. Nonostante un quadro internazionale difficile”. Non è così per Matteo Salvini, leader della Lega, per il quale “questi dati fanno piangere milioni di italiani che un lavoro non lo trovano o lo devono trovare all’estero”. Mentre il forzista Renato Brunetta sottolinea che “a fronte di fortissimi incentivi di decontribuzione, quelli previsti dal Jobs Act, abbiamo numeri limitati di miglioramento del mercato del lavoro”. Per di più quelle attestate corrisponderebbero semplicemente ad un anticipo delle assunzioni che dovrebbero essere perfezionate nel 2016, a fronte degli incentivi previsti dall’ultima legge di Stabilità. Il vero resoconto, quindi, si potrà fare quando l’Istat consegnerà al Paese il rendiconto del movimento dei contratti a tempo indeterminato datati 2016. Peserebbe inoltre sul numero degli occupati anche il rinvio del pensionamento per molti over  50 per effetto delle nuove norme sul ritiro e comunque, alla fin fine, l’Istat denuncia che a soffrire di più nel mondo del lavoro è la classe tra i 25 e i 34 anni, ossia i più giovani.

Altro nodo al pettine è il ddl Cirinnà e gli avanzamenti a proposito di unioni civili che esso comporta. “Per me è fondamentale che le Unioni civili si facciano, perché mi vergogno di stare in un Paese che non ha una legge del genere”. Matteo Renzi non usa mezzi termini puntualizzando comunque che l’esecutivo non condizionerà la partita che, come ha sottolineato il presidente del Consiglio, è “tutta parlamentare”. L’importante è portare in porto il ddl Cirinnà, stepchild adoption compresa. Dopodiché sarà il Parlamento a scegliere tra adozione o “affido rafforzato” per le coppie omosessuali, e il premier-segretario non esclude di poter votare la legge anche con Sel e addirittura con l’appoggio dei grillini, senza comunque “prefigurare nuove alleanze politiche”.

“Io intendo portare a casa il risultato”, ha dichiarato Matteo Renzi escludendo, tra l’altro, un eventuale cedimento della maggioranza. “Non c’è alcun collegamento tra la legge sulle Unioni civili e la tenuta del governo”, ha sottolineato il premier convinto, per di più, che il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano non inscenerà nessuna crisi. Nei giorni scorsi il leader di Ncd ha comunque dichiarato, in più sedi, la propria contrarietà alla stepchild adoption e anche all’affido rafforzato perché “se non è zuppa è pan bagnato”. Sull’Avvenire ha sottolineato la speranza che “l’utero in affitto venga punito con il carcere”, anche se ai microfoni di Radio anch’io ha puntualizzato che “sulle unioni civili c’è bisogno di ragionevolezza”. Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dei senatori di Area popolare Renato Schifani che dice “no a prove muscolari” e invita il premier-segretario a far ridimensionare alcuni esponenti dem, che con le loro esternazioni mirano a “politicizzare” il dibattito sulle Unioni civili. Tra i democratici ci sono però anche tanti altri che inneggiano ad una certa libertà di coscienza”, cercando di evitare profonde e insanabili spaccature nella prossima direzione del partito, prevista per il 16 gennaio.

Per il resto è in corso un confronto  tra i capigruppo Pd, Rosato e Zanda, e il ministro Maria Elena Boschi con la speranza di imboccare la strada della mediazione, magari aprendo le porte all’affido rafforzato e ampliando il più possibile le tutele. La mediazione, tra le altre cose, potrebbe essere strumentale anche ad invogliare il Nuovo centrodestra (anche solo una fetta) a votare il testo così come lo vuole Renzi, magari prefigurano un minirimpasto di governo come si preannuncia per il dicastero degli Affari Regionali che potrebbe finire nelle mani della deputata Ncd Dorina Bianchi dall’esperienza politica “bipartisan”. Ovviamente tutto ciò potrebbe verificarsi dopo che Renzi si sia assicurato la riforma costituzionale e la legge sulle Unioni civili. Utilizzando il vocabolario di Alfano  la “slavina”, eventualmente provocata dal ddl Cirinnà, si potrebbe evitare in cambio di un ministero nuovo di zecca per i centristi. Nel frattempo anche la Cei sta preparando la sua controffensiva, ritenendo ovviamente “inammissibile” la stepchild adoption e organizzando un nuovo Family day per fine mese o metà febbraio. Il mondo dei laici comunque sottolinea che l’iniziativa avrà un carattere trasversale e accanto ai cattolici ci saranno anche ortodossi e islamici (sunniti e sciiti), perché si tratterrà di un’occasione per ricordare al mondo della politica “i problemi che assillano la famiglia tradizionale”, come ha sottolineato il Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day. “La nostra strategia è complementare a quella della Cei”, ha aggiunto Gandolfini.

Per quanto riguarda i traguardi raggiunti il governo mette in risalto “il nuovo codice degli appalti”, che per il ministro Graziano Delrio “ha una importanza fondamentale proprio ora che siamo in vista di una ripresa degli investimenti e che abbiamo dato la garanzia, nella legge di Stabilità, di risorse certe a media e a lunga scadenza per le opere pubbliche”. Al bando “le occasioni sprecate” e “il tempo perso in burocrazia, soldi non spesi o mal utilizzati, opere incompiute, fenomeni corruttivi. I soldi pubblici sono di tutti, così come lo sono le opere pubbliche”, ha ammonito Delrio. Occorre quindi ragionare in termini di “beni comuni” con l’obiettivo di “dare certezze alla cittadinanza e migliorare la vita di tutti”. In questa prospettiva il governo rafforza la collaborazione con l’Anac di Raffaele Cantone, concedendo alle amministrazioni pubbliche e ai loro tecnici “un testo semplificato, europeo, che garantisca più trasparenza, controlli e correttezza, più qualità nei progetti e più certezza e rapidità nei tempi di realizzazione”. A proposito di appalti pubblici occorrerà infine evitare “la sovrapposizione di norme” e sarà di vitale importanza “la centralità del progetto” che dovrà essere “definitivo e non preliminare”, oltre ovviamente alla “qualificazione degli operatori”. La trasparenza e la pubblicità delle gare, la digitalizzazione delle procedure sono altri elementi portanti della legge delega in corso di approvazione, che prevede l’adozione delle direttive entro il 18 aprile e l’adozione del codice o entro la stessa data o entro il 31 luglio.

Sul tavolo dell’ultimo Cdm, infine, anche il cosiddetto “taglia-decreti”, ossia un mini-testo di soli tre articoli che mette a punto la cancellazione di una cinquantina di norme contenute nelle leggi messe in campo dagli ultimi tre governi, in particolare dal governo Monti e dal governo Letta. Si tratterebbe soprattutto di atti di tipo amministrativo, come i decreti ministeriali, che non hanno alcun impatto sui conti pubblici ma che rischiano di intralciare il lavoro dei vari ministeri. Con il taglia-decreti sarà ad esempio eliminato il decreto del ministero delle Politiche agricole per la diminuzione dei consumi di gasolio in agricoltura (mai scritto), e la disposizione che prevedeva l’inclusione delle università statali nelle linee guida del Miur per la spending review sugli acquisti di beni e servizi. Eliminato anche il decreto sui biglietti elettronici per i trasporti locali, mentre sono stati ritoccati il permesso di soggiorno per motivi di studio, il Fondo risorse idriche e le bonifiche ambientali. In definitiva gli atti in attesa di essere scritti riferibili ai governi Monti-Letta sono stati ridotti a 241 da 889, tanti quanti erano a febbraio 2014 quando si è insediato il governo Renzi, che comunque ha messo in campo ben altri 613 decreti attuandone solo un quarto.

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