La notte di Colonia
Nel commentare i tristi fatti della notte di San Silvestro a Colonia e in altre città tedesche, le autorità locali si mantengono, giustamente, prudenti, anche per non scatenare una controndata di odio contro le comunità musulmane e mettere in crisi la politica di apertura della signora Merkel. Ma alcuni elementi sono certi. In quella notte che avrebbe dovuto essere di festa, centinaia di donne, a Colonia, Amburgo, Dusseldorf, sono state assalite da bande di giovinastri che le hanno sessualmente molestate (in alcuni casi, a quanto pare, violate) e derubate. E non si trattava di sciagurati ubriachi bevitori di birra, ma di bande organizzate e, innegabilmente, di origine nordafricana o araba.
Ora, femminicidi e altri attacchi alle donne accadono in tutte le parti del mondo, anche da parte di europei del tutto bianchi, e non siamo certo noi in Italia a poter dare lezioni. Ma c’è una profonda differenza. Da noi si tratta di atti isolati, per quanto numerosi e diffusi, che l’opinione condanna e la legge, quando c’è una denuncia, persegue con durezza. Nel caso di Colonia, invece, non si può non essere d’accordo con chi osserva che si è trattato di una “campagna” organizzata e diretta probabilmente da un “centro” e che quegli attacchi trovano radice in una cultura che considera le donne inferiori, le vuole assoggettare e ridurre a semplice oggetto, e non sopporta di vederle libere e, come dovunque in Occidente, eguali agli uomini. In vari programmi TV ho ascoltato dibattiti accesi tra chi sosteneva questa tesi e chi la negava. A questi dibattiti partecipavano spesso musulmani, uomini e donne, perfettamente integrati. Gente che parla magnificamente italiano, che non farebbe male a una mosca ed è certamente rispettosa delle nostri leggi e dei nostri costumi. Ma anche queste persone, in sostanza, negavano che il maschilismo sia radicato nella religione e nella cultura islamiche.
Eppure, in un programma della RAI è stato proiettata l’intervista con un imam egiziano, un vecchio dalla lunga barba bianca e lo sguardo demente, che sosteneva con assoluta tranquillità che l’Islam è tanto rispettoso delle donne che la Sura n. 34 del Corano che stabilisce strette regole su come un uomo (padre o marito) possa picchiare una donna. Non può picchiarla con il pugno chiuso, se usa un bastone deve avere certe dimensioni, non può colpirla sul viso né sul basso ventre, deve evitare di farle un danno permanente. Ma, detto questo, picchiarla è un diritto, anzi un dovere: la donna deve essere educata e guidata, e spetta al marito farlo, anche picchiandola. Allucinante, no? Di fronte a questo delirio, la reazione degli interlocutori musulmani era imbarazzata: o affermavano di non dare nessun valore a quell’imam, o di disconoscere quelle norme, o che esse non sono in realtà applicate. Inutilmente, il conduttore della trasmissione, ha mostrato i dati ufficiali che indicano chiaramente la posizione di inferiorità legale delle donne, per esempio in Arabia Saudita e (in misura appena minore) in Iran, cioè i due paesi simbolo delle due opposte tendenze sunnita e sciita. Per questa brava gente tutto questo è un pregiudizio da sfatare e, casomai, il fanatismo scoppiato in questi ultimi anni sarebbe il frutto della repressione operata dai regimi arabi autoritari o (poteva mancare) dell’Occidente sfruttatore.
Tutto questo fa pensare che siamo di fronte a un profondo equivoco. Di fronte al fanatismo terrorista o a fatti come quelli di Colonia, il numero dei musulmani che pronunciano una chiara, aperta, condanna è ridotto. In molti altri, anche quelli che non commetterebbero mai atti del genere (e tra questi anche molte donne, che pure ne sono le vittime) prevalgono, da una parte, una negazione dell’evidenza, una voglia di difesa d’ufficio della propria cultura, dall’altra una certa comprensione. Ho parlato di equivoco e mi spiego: la pacifica convivenza tra noi e gli immigrati musulmani si basa, o dovrebbe basarsi, su una principio chiaro, indiscutibile, accettato da tutti senza ombra di riserve. In Italia la Costituzione e le leggi dello Stato prevalgono su qualsiasi norma religiosa, che sia cristiana o musulmana. Chi vive sul nostro suolo deve accettare questa realtà e rispettarla in modo convinto. Se così non è, è inadatto a vivere tra noi e va allontanato con fermezza. Non possiamo ospitare tra noi chi costituisce una minaccia al nostro costume, al nostro modo di vivere, a chi pretende di imporci oscure regole medievali, o almeno di praticarle in casa nostra anche se sono contrarie al diritto. Gli atti terroristici sono solo la punta dell’iceberg; l’attentato alla nostra civiltà viene anche da certi fatti e atteggiamenti, e innanzitutto dalla negazione della parità tra i sessi, della piena libertà di ogni uomo o donna di vivere la propria vita e fare le proprie scelte. Chi ne è portatore, chi persiste a mantenere le donne in stato di inferiorità, non può vivere in un Paese laico e civile, che ha conquistato certi preziosi diritti umani con molto tempo e molta fatica.
So bene che è più facile chieder attenzione e vigilanza che metterle in pratica. Magistratura e Forze dell’Ordine sono già oberate di compiti pesantissimi. Ma è indispensabile che si attrezzino a svolgere anche questa funzione. Altrimenti, la gente comune si getterà sempre più nelle braccia dei movimenti di estrema destra. O, peggio ancora, la gente prenderà in mano il diritto di farsi giustizia e praticare vendette, e assisteremo alla barbarie di assalti diffusi e ingiustificati a chiunque sia diverso da noi per religione, colore della pelle o cultura. Segni in questo senso non mancano. Spetta allo Stato impedirlo con una politica seria, rigorosa, coerente. Si può misurare questa politica sul numero delle espulsioni annuali? Si, anche su di essa. Il Ministro Alfano lo sa bene.
Alcune considerazioni finali. La prima: Renzi dice che non serve chiudere le porte e alzare muri contro la nuova immigrazione, visto che “il nemico è già tra noi”. Vero, ma più aumenta il numero degli immigrati più diventa difficile controllarli. La seconda: va bene invocare una politica “europea” in materia di controllo delle frontiere e di immigrazione in generale. Si possono criticare la Danimarca, la Slovacchia, piccoli paesi che si sentono invasi e si difendono. Ma se l’Europa non si mette d’accordo, ognuno ha non solo il diritto, ma il dovere, di mettere ordine a casa propria.