Frontiere esterne UE, investimenti per 1 miliardo
E’ di questi giorni la notizia dell’avvio, da parte della Commissione europea, di un programma di investimenti comunitari dedicati alla cooperazione transfrontaliera, per un ammontare totale di 1 miliardo di euro: lo scopo primario sarà quello di incrementare lo sviluppo delle regioni poste ai confini esterni dell’Europa, curandone soprattutto gli aspetti economici e sociali. Attraverso la supervisione dell’EEAS, il Servizio Europeo di Azione Esterna, l’UE coordina da anni una serie di attività per monitorare le condizioni dei paesi limitrofi, favorendo un’importante politica di vicinato che operi a vantaggio del territorio europeo.
Le risorse stanziate provengono dal Fondo europeo di Sviluppo regionale (FESR) e dallo Strumento europeo di Vicinato (ENI), e permetteranno il finanziamento di progetti in ben 27 paesi: ad est saranno gli stati di Armenia, Georgia, Russia, Ucraina e Moldova; Egitto, Tunisia, Israele, Giordania, Palestina, Libano e Giordania nell’area africana e medio-orientale; oltre a Norvegia e Turchia, due dei paesi partner, i fondi ricadranno anche su stati membri quali Bulgaria, Malta, Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Grecia, Francia, Polonia, Romania, Cipro, Portogallo e Italia.
Johannes Hahn, Commissario per la politica europea di vicinato: «La cooperazione transfrontaliera è fondamentale per evitare di creare nuove linee di frattura. Il nuovo finanziamento contribuirà ulteriormente a uno sviluppo regionale più integrato e sostenibile nelle regioni confinanti e a una cooperazione territoriale più armoniosa lungo le frontiere esterne dell’UE». In particolare, la Commissione predilige determinate azioni che puntano allo sviluppo sostenibile lungo le frontiere esterne dell’Europa, tentando di armonizzare il welfare tra i diversi stati per affrontare meglio insieme le sfide in comune. Ogni paese beneficiario ha selezionato quattro tra le priorità scelte dal FESR, tra cui l’ambiente e il cambiamento climatico, l’istruzione e la ricerca, la lotta alla povertà, le risorse energetiche, la gestione delle frontiere.
Un esempio virtuoso già evidenziato dall’UE è quello di “Clean River”, progetto avviato tra Ucraina e Romania con fondi per 3,8 milioni; il compito è di preservare il valore ecologico del bacino del Danubio, tramite una cooperazione transnazionale guidata dallo Strumento ENI di vicinato, focalizzato a prevenire i disastri provocati dall’uomo.
Attivo sin dal 2007, il Fondo europeo di Sviluppo regionale è uno dei cinque fondi strutturali dell’UE e strumento principale della sua politica di azione sul territorio: tali voci di investimento, a gestione indiretta, rappresentano la principale risorsa economica a livello dell’Unione per aiutare gli stati membri nel ripristino e la crescita per una conseguente crescita dell’occupazione, mantenendo la sostenibilità sociale e d’impresa come valore fondante in seno agli obiettivi di Europa 2020.
Nel FESR vige il meccanismo della concentrazione tematica, che punta ad aree prioritarie chiave come 1) innovazione e ricerca 2) agenza digitale 3) sostegno alle piccole e medie imprese 4) economie a basso emissioni di carbonio. Si distingue inoltre tra categorie di regione, in base al livello corrente di solidità economica: le regioni più sviluppate devono concentrare almeno l’80% dei fondi su minimo due priorità; quelle “in transizione” ne concentreranno il 60%, mentre quelle “in ritardo di sviluppo” solo il 50%. Le aree svantaggiate dal punto di vista geografico – perché isolate, montagnose o a scarsa densità demografica – ricevono un trattamento particolare. Le zone più periferiche, infine, godono di specifici aiuti economici da parte del FESR per far fronte agli eventuali svantaggi derivanti dalle condizioni di lontananza.