L’attacco a Istanbul
Negli ultimi giorni, l’ISIS ha attaccato due grandi paesi musulmani, la Turchia e l’Indonesia. A Istanbul sono morti solo turisti tedeschi, in Indonesia (il più grande paese islamico del mondo) sono molti soprattutto altri musulmani. Segno che, nella loro cieca rabbia, i terroristi colpiscono indiscriminatamente chiunque, compresi i loro correligionari. Sempre, s’intende, nel nome (profanato) dI Allah. Perché? Perché si tratta di gente comune, per lo più pacifica, che vive in paesi relativamente democratici e laici e non sotto le oscure regole di un fanatismo medioevale. In paesi aperti al mondo e abituati a ricevere milioni di stranieri. Per questo ne colpiscono i luoghi simbolo. A Istanbul, la piazza Sultanahmet è un grande polo di attrazione, un luogo straodinario in cui la vera e grande civiltà islamica, nel suo massimo splendore, si associa ai ricordi di un passato romano e bizantino illustre. La meravigliosa Santa Sofia, trasformata in Moschea, ne è il vivente testimonio.
Quello che va detto di questi attentati è che, con l’eccezione degli esecutori materiali, che si espongono coscientemente alla morte (e, nel loro delirio, al martirio) essi sono l’opera di vigliacchi. Vigliacchi che mandano altri a uccidere innocenti e a morire anch’essi, non gente che ha il coraggio di affrontare il preteso nemico a viso aperto e sfidarlo in una lotta equa. E l’altra cosa che colpisce di queste efferatezze è la loro finale inutilità. SI può odiare le società laiche e libere, ma queste si compongono di miliardi di persone. Massacrarne qualche centinaio, barbaro in sé, non serve a nulla. L’11 settembre del 2001, morirono a New York oltre 2000 persone, a Parigi sono morti in centinaia. Davvero si può credere che per questo gli Stati Uniti e la Francia siano più deboli, più disposti a cedere ai ricatti? L’effetto, in realtà, è giusto quello opposto.
Con i suoi atti scellerati, l’ISIS ha fatto collezione di nemici potenti e decisi a eliminarlo. Facciamo un po’ i conti: gli Stati Uniuti, la Russia, la Francia, la Gran Bretagna, l’Iran e ora la Turchia di Erdogan. Quest’ultima ha molto da farsi perdonare, per la passata tolleranza, se non complicità, colla jihad sunnita. Ora Erdogan ha dichiarato che la Turchia “schiaccerà i terroristi” e ha subito ordinato nuovi raid aerei sulle posizioni dell’ISIS in Siria e in Irak. Non credo che questo tipo di risposta sia sufficiente. La Turchia ha uno dei più potenti eserciti del mondo (come sa chiunque abbia lavorato alla NATO) e questo esercito è schierato lungo i confini con la Siria. È comprensibile che un ordine di attacco di terra non sia facile da dare. Ci immaginiamo già le reazioni del Governo di Bashar Assad, della Russia, dell’Iran. Ma se Erdogan vuol dimostrare di fare sul serio nel distruggere il mostro che egli stesso ha contribuito a creare, si tratta di una possibilità che non deve essere esclusa a priori. In definitiva, lo stesso Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha dichiarato l’ISIS una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionali e, mentre nulla autorizzerebbe un’occupazione permanente di territorio siriano da parte turca (o di chiunque altro), attacchi terrestri condotti con la dovuta precisione e forza sarebbero probabilmente risolutivi.
A proposito di occupazione: ora questa gente dell’ISIS accusa l’Italia di voler occupare la Libia (e la minaccia per questo di fuoco e fiamme). Delirio puro, grave, perché dimostra che, insieme all’odio fanatico c’è anche una profonda, una completa sconoscenza del mondo occidentale e delle sue realtà. Quanto poco questi fanatici conoscono il “nemico” che si prefiggono di attaccare! Quanto lo sottovalutano per certi aspetti e lo sopravvalutano, demonizzandolo, dall’altro! A noi spetta mostrare che siamo infinitamente diversi da loro. Che siamo capaci di difendere la nostra sicurezza e i nostri interessi senza abbandonarci a una logica neocoloniale completamente superata, anche se forse sotto sotto piacerebbe a qualche nostalgico nostrano. Non saranno certo gli italiani a mettersi sullo stesso piano dei violatori della legge internazionale: un piano di inutile barbarie.