Via il reato di clandestinità, anzi no
Pare che il Governo ci abbia ripensato, almeno per adesso. Il reato di clandestinità “andrebbe riformato, così com’è intasa le Procure”, ha detto il capo della polizia, Alessandro Pansa. Doveva essere cancellato, in effetti, col decreto legislativo sulle depenalizzazioni, approvato in via preliminare dall’esecutivo lo scorso novembre. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha spiegato così il rinvio: “Il mio no alla cancellazione del reato di clandestinità riguarda esattamente questo: il momento è molto particolare e non dobbiamo dare agli italiani l’idea di un allentamento della tensione sulla sicurezza mentre chiediamo di accogliere i profughi”.
Il reato di clandestinità fu voluto dal governo Berlusconi, nel 2009, ed è contenuto nell’articolo 10 bis del Testo unico sull’immigrazione. Il reato è inteso come “ingresso e permanenza illegale nel territorio dello Stato”, è una contravvenzione, quindi punibile solo con un’ammenda, dai 5mila ai 10mila euro. La maggior parte dei migranti, però, è nullatenente, quindi le multe in denaro non vengono quasi mai pagate. Inoltre c’è da specificare che per i cittadini stranieri senza permesso di soggiorno è già prevista l’espulsione dal Paese.
La questione è anche giuridica. I magistrati che interrogano i migranti appena sbarcati in Italia per avere informazioni sugli scafisti, devono considerare gli stessi migranti come “imputati” del reato di clandestinità. Un imputato può avvalersi della facoltà di non rispondere, diversamente se fosse sentito come testimone o persona informata sui fatti avrebbe l’obbligo di dire la verità. Tecnicismi procedurali a parte, il decreto legislativo era già stato approvato in via preliminare a novembre, per poi passare in commissione Giustizia di Camera e Senato, e prima di Natale aveva anche subito delle modifiche.
Il premier, Matteo Renzi, ha detto a Repubblica tv che “ci vuole una normativa che mentre abolisce il reato di clandestinità, che non serve a niente, sia molto più veloce nei processi di espulsione e più dura verso chi delinque”. Per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, “se si vuole evitare qualunque forma di strumentalizzazione, l’abolizione del reato di clandestinità può finire dentro un pacchetto dove sia chiaro che il meccanismo delle espulsioni e dei rimpatri non si tocca”, ha spiegato il ministro, aggiungendo che si tratta di “un simulacro di reato”.
Così com’è la legge serve a poco, se non a sovraccaricare di carte e cartacce le Procure. Chi si mette in viaggio su un barcone sfidando il Mediterraneo, di certo non sarà disincentivato a farlo dalla paura di dover pagare una multa che tanto non salderà mai. Il Parlamento, tra l’altro, ha delegato il governo con un decreto legislativo, ma l’esecutivo ha ritenuto di rinviare, non si sa a quando, la risoluzione del problema. Per non alterare la percezione di sicurezza dell’opinione pubblica, è la giustificazione ufficiale. Non sarà mica per un’opportunità meramente politica e per non sconvolgere gli equilibri dei partiti che sostengono Renzi? Così, tanto per dire, nel 2009 quando la legge fu approvata, il ministro della Giustizia era proprio l’attuale dell’Interno, Angelino Alfano.