Post Expo, cosa bolle in pentola?
Milano – I timori, ancor prima che l’Esposizione Universale iniziasse, erano le sorti dell’area espositiva ad evento finito. Lo spettro di un milione di metri quadri abbandonati aleggiava sulle teste di tutta la classe politica lombarda, con il rischio di una pesante ricaduta elettorale. E forse per questo motivo che il presidente della regione Roberto Maroni ha tirato furori dal cilindro il “fast post expo”, ossia la riapertura immediata di parte del “cardo” con la possibilità di rendere subito fruibili quelle strutture, come Palazzo Italia e l’Open Air Theatre già esentate dallo smantellamento.
Ma ad oggi quale sarà i, futuro del sito espositivo? Come già accennato entro la primavera saranno rese agibili le zone lungo il cardo, ossia il braccio corto dei due viali sui quali si estendeva l’esposizione. L’open Theatre sarà utilizzato per spettacoli e reso disponibile alla comunità mentre la Triennale di Milano allestirà nel vecchio Auditorium la ventunesima esposizione universale riconosciuta dal BIE (Bureau of International Expositions). Ma ovviamente la partita più grande si giocherà sul futuro totale dell’area. L’idea di Maroni sicuramente avrà il merito di mantenere viva l’attenzione sul sito espositivo non permettendo che l’abbandono fisico del luogo corrisponda con l’abbandono delle Istituzioni, e sarà importante trovare il giusto coordinamento con tutti gli enti partecipanti per trovare al più presto una soluzione.
Nel frattempo la trafila burocratico-amministrativa è già partita: il primo scoglio da superare è l’entrata del MEF come socio di maggioranza in Arexpo, la società di gestione dei terreni che avrà il compito di coordinare la seconda vita del sito espositivo. Lo studio commissionato per l’impatto economico sull’operazione dovrebbe essere presentato a fine mese quando il CdA delle due società ( Expo spa e Arexpo spa) si riuniranno per le valutazioni del caso. Parallelamente, grazie al DL 185 del 2015 il Governo ha già messo sul piatto i fondi necessari per finanziare quel grande progetto del polo di ricerca che il Presidente Renzi ha tanto voluto, coordinato dall’ Istituto Italiano di Tecnologia. 50 milioni messi subito sul piatto, anche se la decisione presa da Roma non è tanto piaciuta ai vertici regionali che hanno imposto e ottenuto che nella partita vi fossero come primo interlocutore le tre università pubbliche della città coordinate dal rettore della statale Gianluca Vago.
L’obiettivo è quello di coinvolgere il maggior numero di istituzioni e aziende per la creazione di un polo scientifico unico in Italia e realmente competitivo sul panorama internazionale. A manifestare nei mesi scorsi il proprio interesse è stato Gianfelice Rocca che, oltre ad aver presentato un progetto come presidente di Assolombarda, la Confindustria regionale, ha deciso di coinvolgere in eventuali collaborazioni l’Ospedale del gruppo attraverso la nuova Humanitas University.
Insomma sembra che la paura del fallimento su un terreno così strategico stia realmente mettendo in funzione la macchina del Post Expo. Ora sarà necessario aspettare la nuova compagine societaria sperando che, superato lo scoglio amministrativo, la strada possa essere solo in discesa.